di mons. Emanuele Merra
Questo palazzo imperiale di stupenda e maestosa architettura, in cui in modo mirabile si riuniscono la bellezza, la grandezza e lo straordinario, che sono i tre pregi di tutte le arti belle, è un ottagono sublimemente circondato nei suoi angoli da otto torri di eguale forma.
La fabbrica d’una solidità meravigliosa si compone di pietre calcari d’un bel tono di colore giallo dorato (1).
Molte balestriere, disposte in egual simmetria nelle torri, servono e per difesa della fortezza e della reggia, e per dar lume alle svelte scale ed agli eleganti camerini.
Il magnifico portale, che fra due torri sporgenti si apre dal lato del sud-est, prospetta in lontananza le azzurre e fosforescenti onde dell’Adriatico.
Esso è lavorato con molta eleganza e con ammirabile profusione di breccia rossa, scavata nelle petriere dell’istesso monte, e che sembra bellissimo marmo (2).
Il suo arco a sesto acuto s’imposta sopra due maestosi leoni, che hanno la criniera cosi finemente tirata da parere naturale. Sono scolpiti nella medesima breccia, e posano alla lor volta sopra gli abachi di due differenti ed eleganti capitelli, che con molta vaghezza coronano le due svelte colonne di simile color mischio, le quali fiancheggiano questa porta, bella per forma ed elegante per linea. L’apertura s’impiccolisce all’entrata ed è voltata ad arco piatto sui capitelli di due pilastri; agli angoli aveva due svelte colonnine. Su di una della superficie sporgenti un poco in fuori della linea della parete, due mezzi pilastri scannellati, con eleganti capitelli, formano l’inquadratura esterna. I capitelli poi per mezzo di mensolette si congiungono con un bellissimo cornicione ornato di vaghi modiglioni, e che corre sopra l’arco dell’apertura, e sopportano due basi piatte, sulle quali si eleva un comignolo acuto, egualmente ornato. Sulla punta di esso ricorre una cornice orizzontale, sostenuta ai lati da piccole colonnette. Questo stupendo portale somiglia alla famosa porta normanna della basilica benedettina di S. Lorenzo in Aversa (3).
Castel del Monte: Esterno -
(foto Malgherini - Attimonelli)
Sopra di questa cornice, ed in mezzo ad una inquadratura a linee rette, si apre la più grande e la più leggiadra delle finestre, che vagamente impreziosiscono questo grandioso palazzo Svevo. Il suo arco a puro sesto acuto si poggia sui capitelli di due svelte colonnine. Originariamente vi stava nel mezzo una colonna, che sostenea la muratura del riempimento, ornato da piccoli archi ogivali, traforati con non ordinaria leggiadria. A questa ampia finestra, come alle altre, si ascende per sei gradini di pietra calcare. Nel vano di essa si veggono lateralmente due nicchie, donde una volta facevasi il maneggio della saracinesca, che ne chiudeva l’ingresso.
Nella quinta stanza del pianterreno vi è un’altra porta assai più piccola per dimensioni a tutto sesto, e priva di ornati: essa mette pure nel Castello.
Negli altri sette lati del piano inferiore, fra le due torri sporgenti, si apre una piccola finestra bislunga ad arco tondo.
Il pianterreno ha otto grandiose sale. La prima che serve di vestibolo tiene in alto, sul muro che guarda il portale, un bellissimo occhio; le altre sale ne hanno due, e ricevono la luce dal cortile. A destra di chi entra avvi una porta inquadrata di breccia rossa. È di belle proporzioni, e mette nelle altre stanze. Ognuna di queste sale è sostenuta da quattro massicce mezze colonne di breccia rossa, con graziosissimi capitelli d’ordine corintio, e con solidissime basi quadrate. Da sopra i capitelli di ciascuna colonna s’innalzano tre svelti e slanciati cordoni di pietra a guisa d’archi sfogati e maestosi; due dei quali sui muri laterali sostengono la volta. e un altro forma la stupenda crociera vagamente decorata nel centro da rosoni a rilievo, con mascheroni ed intreccio d’uccelli e di fiori.
Tre sale di questo pianterreno, cioè la seconda, la quarta e la settima, hanno le loro porte a sesto acuto, le quali mettono nel cortile. Sono esse nell’interno riccamente ornate con due giri di cornici su colonne e con una inquadratura ad angoli retti. Sebbene per grandezza sieno eguali fra loro, sono diverse per disegno e per ornati. La prima dalla parte del cortile è priva di ornamenti, mentre le altre due sono decorate di colonnette, di assai eleganti cornici, di costole, di rilievi e di belle modanature.
Sulla porta della quarta sala, che guarda il cortile, si ammirano i preziosi avanzi d’una statuetta clamidata, di dimensioni terziarie, in alto rilievo. Vuolsi rappresenti Federico II di Svevia. Questa scultura, sebbene barbaramente sfregiata e mutilata, pure col suo dorso e col suo braccio rimasti interi, addita il gusto come nei tempi della dominazione Sveva tra noi, l’arte si risollevava a meraviglia e riprendeva l’antica sua vita. E ciò si vede massimamente in tutto questo Castello, che, superando le apparenze e le tendenze pesanti dei castelli medievali, arieggia la forma classica ed antica. In esso si ammira una meravigliosa fusione dello stile gotico col classico, dell’arte dell’aureo periodo della Rinascenza con l’antica, producendo un effetto architettonico quanto altro mai splendidissimo.
Intorno intorno alle otto sale del pianterreno si vede ancora la traccia d’un gradino di marmo, che dové servire di sedile. Nella terza stanza si osserva la platea d’una grande focagna, posta a ridosso del muro interno, avente le dimensioni di metri 1,30 per metri 2,25.
Le pareti interne di queste stanze e le vòlte erano un dì rivestite di preziosi marmi a divisa di più colori, con lusso ed eleganza orientale; come pure di grandi lastre di marmo intarsiato e di mosaico erano striati i pavimenti (4). Sono della solita breccia rossa gli stipiti e gli architravi fra le sale, nelle quali le porte e le finestre sporgenti sul cortile e sul di fuori del Castello versano siffatta onda di luce da farvi in esse predominare una tal quale austerità misteriosa e solenne.
Queste otto stanze dànno ingresso ad otto camerini praticati nelle otto torri; dei quali cinque sono di finissimi intagli, sormontati da leggiadre cupolette ottagonali, con cornici rabescate e con ben modulati archetti; e gli altri tre hanno dentro scale a chiocciola assai svelte, per ascendere al piano superiore.
Il principio del secondo piano è distinto da una cornice scorrente lungo tutti gli otto lati e le otto torri al di fuori; al di dentro poi del cortile su questa cornice una volta girava, come scrive Troyli, che visitò questo Castello nell’aprile del 1745, una ringhiera di ferro, e serviva per la libera uscita delle stanze (5). Su questa cornice della corte poggiano agli angoli pilastri con basi profilate e capitelli, che sopportano grandi nicchie ad arco acuto.
Questo piano ha pure otto vaste e bellissime stanze del tutto identiche alle sottostanti, con altrettanti camerini. Si distinguono solo per maggior lusso e per maggior profusione di fregi, di rilievi, d’intagli e commessi d’elegante industria, che vagamente le decoravano. Si distinguono pure, perché hanno non mezze colonne di breccia rossa, ma fascetti di tre svelte colonne di marmo greco, cosi bianco, che lo si direbbe alabastro, incoronate leggiadramente da un solo capitello di egual marmo, con varietà di disegno, e posantesi sopra una base marmorea ben intagliata. I capitelli più eleganti per bellezza d’intagli, per girar di fogliami, per dolcezza di forme, e per finezza di esecuzione, sono quelli della settima ed ottava sala. Ciascuna di queste stanze, meno quella di mezzo, sull’entrata principale, che credesi fosse la stanza favorita di re Federico, ha due porte eguali, inquadrate anche di breccia rossa, per le quali si passa nelle sale adiacenti.
La seconda, la quarta e la settima stanza mettono nel cortile le loro grandi finestre principali, lavorate con grandioso magistero e d’una forma del tutto nuova e bella. Sono rivestite di breccia rossa ed ornate di due vaghe colonnette a sostegno d’uno svelto arco eccellentemente intagliato ad ovoli, con nel mezzo un occhio ingraticolato.
Queste stanze, oltre di queste bellissime finestre hanno al di fuori le altre fra le torri, di eguale architettura fra loro. Quella che guarda Andria era divisa nel mezzo da tre eleganti colonnette; le altre, dal lato dove spira l’impetuoso vento del sud e di ovest, ne avevano una sola a sostegno di due archi acuti, e del superiore ornato di traforo a martello.
Dall’architetto Luigi Vanvitelli si volevano adoperare queste colonnine nel boschetto di Caserta, per sempre più abbellire le Reali Delizie di quell’amenissima ed incantevole villa, che si direbbe un terrestre paradiso (6). Esse erano trentuno, cioè quindici bianche e sedici di breccia color mischio, come si rileva da una lettera del 5 aprile 1757, scritta da Castel del Monte dal segretario della Regia Udienza di Trani, Francesco d’Aulilia, al Presidente e governatore delle armi il Conte Cesare Anguinola (7).
Cinque sale, cioè la seconda, la terza, la quinta, la settima e l’ottava hanno i loro camini, che sono sino al pari dell’impiantito, ornati e ben incorniciati di breccia rossa; arrotondati in alto, e coverti all’esterno da opus reticulatum alternativamente con pietre messe diagonalmente. Ognuno ha due armadi bislunghi a muro.
Da tre delle torri, cioè da quelle della prima, della quarta e della sesta stanza, con una scalinatura pure a chiocciola si sale sulla terrazza del Castello, lastricata di quadroni di pietra ben commessi tra loro, e fatta a spina. Un muricciuolo, che una volta continuava la centinatura e s’innestava ai merli, che certo lo avranno sublimemente coronato, faceva sì che una porzione di acqua cadesse nella cisterna del cortile ed in quella di fuori, ed un’altra poi si raccogliesse nei cinque pozzetti pensili, messi in cima a cinque di quelle torri. Le altre tre torri servivano, dice il Troyli, di camere ai falconieri ed ai soldati. Al di sotto poi, sino all’altezza delle cupolette, eranvi tre eleganti casellini pei falconi, che tranquillamente roteando e mettendo brevi ed acuti stridi si aggiravano intorno intorno al gigantesco Castello (8).
Nel mezzo di questo magnifico edificio si apre una corte ottangolare e molto spaziosa. Nella seconda metà del secolo passato vedevasi ancora, nel centro di essa, una vasca ottangolare di marmo bianco, e d’un diametro cosi meraviglioso, da parere incredibile come si fosse potuto trasportare su quell’altura (9). Nell’interno di essa vi stavano incavati dei sedili; pare servisse per uso di bagni (10). Ora questa vasca meravigliosa non è più; il vandalismo la ridusse in frantumi !!! (11).
Una grandissima cisterna di chiare e fresche e dolci acque, scavata nel vivo sasso, avvi in questa corte; come un’altra sta fuori sulla sinistra della porta principale, e comunica con la prima mediante un canale sotterraneo.
* * *
Indarno nel Castello si cercano iscrizioni del tempo degli Hohenstaufen. Nel muro esterno della quinta stanza del piano superiore, nell’interno del cortile, si vede un vano rettangolare incassato, della superficie di metri quadrati 3,32, con cornice smussata in giro; probabilmente dové tenere in origine incastonata una qualche epigrafe, o qualche bassorilievo. Solamente sulle pareti della corte vi sono incise, del tempo dei Carafa, due iscrizioni (12) entrambe enigmatiche, entrambe dello stesso anno, mese e giorno.
In un angolo in alto si veggono le seguenti lettere così disposte:
1566
D.S I. D. C.A D.
B.LO C.O L. P. P.
S.A ML.TA DIE
3 7.bs
Nella parete, in direzione della bocca della cisterna, alla altezza di un uomo, vi è quest’altra epigrafe:
IṀ PACE SVRDO D. B.MO
C.O L. P. DIE 3 7bs. 1566
Finalmente nei recenti ristauri fatti a questo Castello, essendosi praticati degli scavi in varii punti del monte, pare che tre muraglie ottangolari cingessero e difendessero la colossale fortezza e la splendida reggia degli Svevi (13).
Questo insigne edificio pertanto per le sue forme d’una purezza e d’una semplicità veramente classiche; per le sue grandiose proporzioni; per le trentadue colonne che maestosamente adornano il pianterreno, e le novantasei che splendidamente abbelliscono il piano superiore; nonché per le trentuno colonnette, che ornavano le finestre di mirabile magistero; ha formato e formerà sempre l’ammirazione e l’incanto dei suoi innumerevoli visitatori nazionali ed esteri.
* * *
La tradizione popolare vuole, che una via sotterranea guidasse dal palazzo Ducale di Andria al Castello del Monte; come un’altra via segreta, dice il Tortora, che menasse da questo al Castello di S. Angelo in Canosa. Fantasie applicate ad ogni castello. Fin ora nessuna traccia si è rinvenuta in Castel del Monte. Il Castello di S. Angelo fin dal 589 fu distrutto da Autari re dei Longobardi (14); solo rimase in piedi quello dei Santi Quaranta, intorno a cui, già distrutto ancora, se si veggono delle tracce di vie sotterranee, non si sa dove menino, perché ostruite da materiali caduti. Certamente però non meneranno a Castel del Monte, in cui non vi sono sotterranei.
* * *
Il panorama sconfinato delle campagne, dei monti, dei mari e delle città, che dall’alto di questo Castello si gode, è pittoresco, è incantevole, è magico quant’altro mai. L’intiera spiaggia, dal promontorio del Gargano e dal golfo di Manfredonia sino a Bari e Monopoli, si disegna stupendamente. Al mattino sembra avvolta in un vapore d’oro e di porpora, ed al tramonto, in una luce di rose e di viole. Le città di Andria, di Barletta, di Trani, di Bisceglie, di Corato, di Ruvo, di Terlizzi, di Minervino, e di Canosa, si scorgono vagamente biancheggiare di lontano; mentre ad ovest si veggono sorgere le scure montagne di Basilicata, sovra cui gigante emerge il Vulture; ed al sud si m1ra lentamente perdersi la lunga catena delle Murge. Sopra queste aeree ed incantate alture si comprende troppo bene, perché Castel del Monte sia stato chiamato il Belvedere delle Puglie.
* * *
È questo il grandioso Palagio, che l’Imperatore Federico II costruiva presso Santa Maria del Monte, e che, passionato com’era del lusso orientale, avrà senza dubbio fatto addobbare con le preziose stoffe, che riceveva in dono dal Sultano di Damasco (15), e con lo sfoggio della più splendida ed elegante magnificenza, quale in tutto questo sontuosissimo edificio meravigliosamente si scorge.
Pare che il valente architetto di tanta meravigliosa opera d’arte e di tanto sublime monumento, il quale a buon dritto formerebbe l’orgoglio d’ogni civile nazione, sia stato il medesimo Imperatore. Infatti nel palazzo di lui in Foggia è rammentato un certo De Bartolomeo; per quello di Bisceglie un Pietro di Barletta; per le torri di Capua un Nicolò de Cicala; pel palazzo di Napoli il Buono, per la rocca d’Augusta e dell’Orsina in Catania, Riccardo da Lentini (16); pel castello di Trani Filippo Cinardi e Stefano Romoaldo Carabarense (17); solo per questo nido sublime dell’aquila Sveva non è indicato architetto alcuno. Certamente Federico, che n’era capacissimo, avrà disegnato egli stesso questa meraviglia architettonica.
[Tratto da: Emanuele Merra, "Castel del Monte - presso Andria", 3ª edizione, Scuola Tip. Istituto Apicella per Sordomuti, Molfetta, 1964, pp. 26-36.]
NOTE - (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero capitolo)
(1) Schultz, I monumenti del medioevo nell’Italia meridionale, vol. I, pagina 159, ecc.
(2)
«Nelle vicinanze di Andria, di Castel del Monte … trovasi una pietra simile al marmo, ma in effetto
non è che breccia calcarea a più colori col cemento di ocra marziale indurita».
C. Maria Galanti, La Terra di Bari ecc., Rassegna Pugliese, vol. XI, pag. 262.
«Breccia rossa del Castel del Monte. È la più comune. In essa dei pezzi di calcare compatto bianco
sono cementati da una roccia calcareo-argillosa, di un color rosso scuro, che può acquistare moltissima consistenza.
Levigata assume un bellissimo aspetto. Affiora lungo la via che da Andria conduce a Castel del Monte».
Antonio Jatta, Appunti sulla geologia e paleontologia della prov. di Bari, Trani, V. Vecchi, 1887, pag. 47.
«Una cava di fino marmo (breccia rossa) trovata nella stessa montagna gli fornì i materiali,
che secondo la descrizione di Swinburne, soltanto la grande quantità ivi rinvenuta sarebbe bastata a renderlo degno di curiosità».
— A tour through the Southem Provinces of the Kingdom of Naples bv the hon. Richard Keppel Craven. London, Rodwel and Martin, 1821.
(3) D. Salazaro, Studi sui Monumenti dell’Italia meridionale, parte II, pag. 14.
(4) «Negli ultimi restauri si è scoperto nella stanza ottava del piano terra una piccola porzione di pavimento a mosaico, ed altra a piccoli poligoni esagonali di pietra calcarea». Francesco Sarlo, Il Castello del Monte in Puglia, ecc. pag. 13.
(5) Storia del Regno di Napoli, vol. IV. parte I, pag. 128.
(6) «Le colonnette offerte dal celebre Castel del Monte, dal Vanvitelli si stimarono da potersi adoperare per qualche giocosa fonte circondata da porticato gotico in uno dei boschetti del giardino». Minieri—Riccio, Catalogo dei manoscritti, vol. IV, p. 17, Napoli, Del Re, 1869.
(7) L’8 marzo 1757 un forzato di galera, Domenico Laini, denunziava al Presidcnte della Regia Udienza di Trani «che in tempo andava fuggiasco discoverse nel palaggio di Castel del Monte, dodeci miglia distante da Andria, di esservi 2 colonne di verde antico, 6 altre di porfido, e 12 di marmo bianco». Si ordina a Francesco d’Aulilia di verificare il fatto. Il d’Aulilia unitamente al rev. D. Pasquale Valentino da Bitonto, che era ingegnere, si porta sul luogo, e di là fa sapere non essersi trovate le colonne di porfido, né quelle di verde antico; «ma soltanto negli appartamenti superiori di detto Castello esistono alla veduta del pubblico 96 colonne di finissimo marmo bianco, dell’altezza di palmi 11¼ senza la base e li capitelli, ciascuna delle quali tiene di diametro un palmo ed un sesto. Le dette colonne sono legate a tre a tre, formando una figura triangolare di palmi 3½. Nelle finestre sì esterne che interne (del cortile) vi sono altre 31 colonnette: 15 bianche, e 16 di marmo mischio. Nell’appartamento inferiore 32 mezze colonne di marmo mischio, dell’altezza di palmi 11¾ oltre la base ed i capitelli e palmo 1¼ il mezzo diametro. Questo marmo mischio è ritenuto dai periti africano. Mancano le lastre di marmo, che foderavano le pareti». Archivio suppletorio di Trani. Andria, Processi antichi di diversa materia, 1717, 1790.
(8) Storia del Regno di Napoli, vol. IV. parte I, pag. 128 e seg.
(9) Riccardo Colavecchia, Cenno storico su di Andria, nel II vol. dell’Orlandi: Delle città d’Italia ecc. – E. Swinburne, Viaggio nelle due Sicilie negli anni 1777 e 1778.
(10) D’Urso, Storia d’Andria, lib. III, cap. III, pag. 55.
(11) Miss Janet Ross, a proposito di questa vasca, narra la seguente leggenda popolare, che cioè Federico II avendo mandato un suo cortigiano a vedere come fosse riuscita la fabbrica di Castel del Monte, quegli essendosi trattenuto a godersi la vita a Melfi, e mai supponendo che l’Imperatore avesse dovuto venire a visitare il Castello, gl’inventò una storia di completo insuccesso. Federico, per tale notizia grandemente irritato, comandò alle sue guardie di trargli innanzi l’architetto, il quale in ricevere tale avviso, preso da altissima disperazione, sedutosi in detta vasca, si svenò miseramente! Dopo qualche tempo, essendo venuto l’Imperatore in Castel del Monte, ed avendo costatata la falsità della notizia, afferrò il colpevole per i capelli, e trascinatolo sino alla cima di una delle otto torri, lo precipitò giù inesorabilmente! The land of Manfred, London, 1889.
(12) Queste due iscrizioni mi furono gentilmente favorite dalla singolare cortesia del bravo ing. Francesco Sarlo di Trani, che le trascrisse sul luogo con la più grande accuratezza che mai.
(13) «Mediante alcuni cavi, che si praticarono a diversi punti esternamente ed in giro al poligonale Castello si ebbe a constatare, come tre murazioni di cinta per forma ottagonale si avea questa regale dimora. Siffatti muri, cui è rimasta la sola fondazione, presentemente offrono una interruzione nei lati verso nord e ovest ove il colle si eleva con più ripido pendio; sono dessi formati di pietrame calcareo, cementato con ottima malta, e sono tra loro quasi equidistanti allontanandosi il primo dal fabbricato per metri 18,40». Francesco Sarlo, Il Castello del Monte ecc., pag. 12.
(14) «Rex Autharis vix Beneventum egressus cam (Canusium) primum et tamdiu obsedit, donec ipsam vicit, debellavitque, solo æquata insignì S. Angeli arce, a qua subterranea via 9 mill. ad aliam arcem Montis, vulgo (Castello del Monte) dictam adhuc extantem transitus erat». Relatio Eccl. Canusinæ, cap. IV, pag. 73.
(15) «Soldanus Damasci pretiosa mittit exenia imperatori per quosdam nuntios suos in Apuliam venientes», Ric. a S. Germano, an. 1231.
(16) D. Salazaro, Studi sui Monumenti dell’Italia meridionale, parte II, pag. 14.
(17)
«Cesaris imperio divino more tonante
Fit circa Castrum munitio talis et ante
Huic operi formam seriem totumque necesse
Plilippi studium Cinardi protulit esse
Quoque magis fierent studiis hæc fama Tranensis
Prefuit his Stephani Romualdi Carabarensis.
Anno incarnationis Jesu Xristi MCCXLIX. indie. VII.» Beltrani, Cesare Lambertini, vol. I, parte I, Docum., pag. 348.