Percorrendo via Jannuzzi, sulla destra salendo per piazza Imbriani, sorge a metà strada il grande palazzo ottocentesco della nobile famiglia "Francesco Campanile".
Il portone centrale reca nel peduccio della mensola del superiore balcone una voluta con il rilievo di una foglia di acanto sormantata da un piccolo baldacchino; sul fronte della stessa mensola è scolpito un cartiglio con incisi il nome del signore del palazzo e la data di costruzione: "FRANCESCO CAMPANILE / 1854".
Questo accesso principale dà in un ampio locale, attualmente utilizzato da un negozio di abbigliamento; a mezza altessa della parete sinistra, in parte arcuata dalla volta è ricavata una edicola, eretta probabilmente a protezione della casa.
Un affresco ben curato attira immediatamente l'attenzione dell'avventore. Una Madonna in piedi regalmente vestita regge sull'avambraccio sinistro il piccolo Gesù, anch'egli stante e regalmente vestito ed incoronato come la Madre; ambedue porgono ai sottostanti Santi inginocchiati, Domenico e un Vescovo, la corona del rosario. Ai piedi di S. Domenico, dimora un cane con la face in bocca, mentre presso il Vescovo, in abito episcopale col pastorale nella sinistra, è disegnato un equino. Negli angoli alti dell'edicola svolazzano due teste alate d'angeli.
Probabilmente l'affresco fu fatto realizzare nell'Ottocento dal canonico della Cattedrale Don Michele Campanile, che in un appartamento di questo palazzo abitava con la sorella; questo canonico è citato da Michele Agresti a pag. 479 del vol. I della sua storia su “ Il Capitolo Cattedrale di Andria e i suoi tempi”.
Mentre l'identificazione del santo sulla sinistra è immediata, sia per il caratteristico saio domenicano
che per il cane con la torcia accesa in bocca, distintivi questi di San Domenico,
risulta invece meno agevole l'identificazione del Vescovo posto sulla destra.
A questo scopo è utile la breve ricerca svolta da Michele Monterisi
(serio appassionato di storia locale) nel luglio del 2013 "Affresco di Via Jannuzzi, 24 - Madonna con Santi"
(realizzata in formato Power Point).
In tale elaborato egli scrive:
"... L’identificazione del secondo santo, a destra dell’affresco, è risultata un po’ più difficoltosa. È certo che non si tratta di San Riccardo in quanto il nostro protettore viene quasi sempre raffigurato con in mano il testo sacro del Vangelo su cui poggia la città di Andria (la città con i suoi abitanti devono “fondare” la propria esistenza sulle solide basi della Parola di Dio).Elemento iconografico caratteristico del Santo è senza dubbio l’animale dipinto in basso. Non è un asino in quanto questo viene spesso raffigurato con orecchie più lunghe e con il capo chino in segno di umiltà e sottomissione. Non è un cavallo perché la criniera è poco folta e anche perché l’animale è accovacciato, posizione raramente assunta dal cavallo sempre in posa baldanzosa. L’animale, pertanto, risulta essere verosimilmente un mulo che è, poi, l’equino che era più diffuso e più utilizzato dai nostri contadini. Il Santo Vescovo, pertanto, si identifica con San’Eligio Vescovo (nato intorno al 588 - morto nel 660) protettore di cavalli ed altri animali utilizzati in agricoltura.Il Borsella, nella sua “Andria Sacra”, scrita tra il 1845 e il 1856, a pag.54 dell'edizione del 1918, parlando di due quadri presenti all’epoca in Cattedrale, così scrive: «Due altri quadretti sono ben anche lateralmente esposti alla divozione dei fedeli. San Giorgio da Guerriero a cavallo nelle mosse di soccorrere un seminudo mendico, e S. Eligio che con le pontificali insegne in molta venerazione presso i nostri maggiori per la special protezione, che largisce circa il benessere dei Cavalli, Muli, Asini, Bovi ecc. che formano il sostegno dell’agricoltura cui cotanto attendono gli Andriesi.»
Sant’Eligio, quindi, era tenuto in grande considerazione dai nostri avi in quanto ritenuto protettore speciale di quegli animali che più degli altri venivano utilizzati nel lavoro dei campi. ..."
Non è da trascurare il dato storico che il culto a S. Eligio fu introdotto nel Regno di Napoli dagli Angioini di Carlo I d'Angiò, i quali nel 1270 edificarono in Napoli la bella chiesa in gotico francese di Sant'Eligio Maggiore. Ciò implica che tale culto probabilmente sia stato poi diffuso nel ducato di Andria dalla venuta di Beltrando del Balzo ai primi del Trecento.
In Andria il culto di questo santo, almeno fino all'Ottocento, aveva una
certa rilevanza; esisteva infatti,
- oltre al quadro (che,
a detta dell'Agresti, era già scomparso nel 1911)
e al relativo culto un tempo presente nella
terza cappella di sinistra
della Cattedrale, cappella oggi dedicata alla Madonna di Lourdes,
- c'era in San Nicola una cappella (la prima a destra entrando) dedicata a S. Eligio,
come racconta il
Borsella a pag. 135 della sua "Andria Sacra",
con un quadro nel dossale dell'altare raffigurante l'Immacolata tra Sant'Eligio e San Carlo Borromeo
ed anche una confraternita intitolata allo stesso Sant'Eligio almeno dal Cinquecento, come
scrive il
prevosto Giovanni Pastore a fine Settecento
a pagina 43 verso del suo manoscritto sulla Collegiata di San Nicola.
[La foto è stata scattata nel 2015 grazie alla disponibilità del sig. Bianchino Sebastiano, gentile gestore e proprietario del negozio "TILT".]