Nel presbiterio risalta in tutta la sua bellezza un settecentesco altare realizato a Napoli dal marmoraro Marino Palmieri.
Per apprezzare e capire maggiormente l'opera (che nel 1965 sostituì il precedente del 1720 di Ferdinando Di Ferdinando) riportiamo stralci della ricerca effettuata dall'architetto Gabriella Di Gennaro.
Per quest'opera artistica, come per diverse altre, è anche consultabile una pagina di approfondimento nel percorso museale virtuale.
"La Basilica della "Madonna d'Andria" si impone per la ricchezza dei suoi altari marmorei, opera di valenti artisti e commissionati nell'epoca d'oro del barocco napoletano. ...Questo superbo e imponente altare di epoca settecentesca è citato per la prima volta nell’opera di Giacinto Borsella (1770-1850), scritta intorno al 1850. ... L’altare, costato milleottocentoquaranta ducati, viene descritto nel documento [atto notarile del 1773] secondo il disegno presentato dall’artista [Marino Palmieri] con tale meticolosità da riportare i marmi da impiegare nella costruzione e le misure precise dell’altare. ... Questo altare verrà completato nel 1774 e quindi collocato nella chiesa del monastero delle Benedettine.La chiesa e il monastero, nel 1939, furono demoliti per tutelare l’incolumità pubblica. L’altare maggiore fu conservato gelosamente dal Capitolo Cattedrale che, insieme al vescovo Mons. Brustia, nel 1965 ne fece dono al Santuario di S. Maria dei Miracoli.In conclusione quest’opera, pregevole più per le ricche decorazioni scultoree che per i marmi impiegati, riprende nella tipologia il modello degli altari sanmartiniani della seconda metà del ‘700, e più precisamente lo schema più articolato dato da angeli capialtare e putti reggimedaglioni nel paliotto."
"... Sui contornali due figure allegoriche, la Fede e la Speranza, si inseriscono nella già ricca decorazione che caratterizza l’opera. Quella di sinistra, la Fede, regge una Croce ed un Ostensorio, simboli eloquenti delle virtù che rappresentano. A destra, invece, l’àncora simboleggia la Speranza. Le vesti delle figure sono caratterizzate da un ricco panneggio alla Sanmartino e per dirla col Borsella sembrano «aver muto il labbro» ma «parlanti e vive le fattezze» ...""Ma il fulcro di tutta la composizione è la parte centrale superiore alla mensa: si tratta di un grande medaglione centrale, con fondo di fior di pesco chiaro, che riprende i motivi formali di quello del paliotto, bordato da una sequenza di volute appena arricciate che costituiscono una fascia continua. Un fregio superiore chiude la composizione in alto. Quindi, al centro dei gradini, in una cornice comprendente anche il tabernacolo, si innalza, in una gloria di angeli, la terza virtù, la Carità, che sorregge una fiaccola ardente. La porticina in argento del tabernacolo mostra a rilievo l’Ostensorio con quattro teste di Serafini con occhi umili e riverenti rivolti verso di esso."
"Nel paliotto è rappresentata a rilievo l’immagine a mezzo Busto di S. Benedetto, inserita in una cornice a volute ritmata da sottili listelli di marmo giallo di Siena. Lateralmente, quasi ad inquadrare questo originale medaglione con fondo di fiori di pesco chiaro, probabilmente di riuso, si adagiano due putti che reggono rispettivamente gli attributi del Santo: una mitra ed un corvo avente nel becco un pezzetto di pane e sono rivolti verso S. Benedetto che regge il pastorale. Ai fianchi della mensa, sui pilastrini laterali, spicca lo stemma della famiglia De Anellis [foto sopra] ... Coronato e circondato da volute questo scudo presenta nel centro un destrocherio che regge tra il pollice e l’indice un anello ..."
[stralci di testi tratti da Gli altari della Basilica di S.Maria dei Miracoli, di Gabriella Di Gennaro, - in "La Madonna d'Andria", AA.VV., Grafiche Guglielmi, 2008, pagg.272-274, testo ripubblicato con ulteriori approfondimenti ed ampliamenti nel suo studio "Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria ed altri arredi sacri", Schena Editore, 2020, pp. 158-165.]
Nel paliotto presso San Benedetto appaiono nelle braccia dei due angeli due
suoi emblemi principali: La mitra ed il corvo imperiale.
La mitra ed il bastone (retto dal Santo) evidenziano, ovviamente, il suo titolo di abate;
il corvo imperiale, invece ricorda l'uccello che lo frequentava durante il suo eremitaggio nello speco presso Subiaco,
ed al quale ordinò di gettar via in un posto inaccessibile un pane avvelenato a lui offerto da un presbitero invidioso della sua santità;
questo aneddoto - miracolo è raccontato da San Gregorio Magno nei suoi "Dialogorum"
[1].
Per un ulteriore approfondimento sia storico che artistico si consulti l'ottimo citato studio dell'Arch. Gabriella Di Gennaro "Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria ed altri arredi sacri", Schena Editore, 2020; per questo altare e relativo autore Marino Palmieri, le pp. 155-165.
Infine una descrizione di come erano realizzati i commessi marmorei che compongono questo altare settecentesco è possibile leggerla in un testo del Settecento di Jerôme Richard e nella su citata pubblicazione dell'arch. Gabriella Di Gennaro, nelle pp. 33-77.
NOTE
[testo originale latino] | [traduzione] |
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IN LIBER SECUNDUS
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Dal Libro Secondo
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[Il testo latino è tratto da “ Rerum Italicarum Scriptores”, tomus IV, Ludovicus Antonius Muratorius, Mediolani, ex Typographia Societatis Palatinæ in Regia Curia, MDCCXXIII, p. 196-203]