Questo maestoso altare, realizzato nel 1774 in Napoli dal marmoraro Marino Palmieri,
fu eretto maggiore nella chiesa della SS. Trinità annessa al monastero delle Benedettine sito in Largo Duomo;
sul finire degli anni Trenta del Novecento il complesso edificio, divenuto pericolante,
fu demolito e le opere scultoree riutilizzate nelle chiese della Città.
Questo altare dal 1965 divenne
maggiore nella Basilica della Madonna dei Miracoli,
soppiantando l’esistente altare marmoreo monocromo,
opera quest’ultima altrettanto pregevole realizzata nel 1720 da Ferdinando di Ferdinando.
La prima descrizione dell’altare ci perviene a metà Ottocento da Giacinto Borsella, che lo ammirò nella suddetta chiesa della Trinità, detta “delle Monache Benedettine”.
"Sovraneggia l'altare maggiore per isquisitezza di marmo, e per decorazioni. Ed eccole: nel mezzo del paliotto ti si offre S. Benedetto col corvo a lui ministro del pane quotidiano, col pastorale in punta e mitra in piedi.
Nel frontespizio spiccano le virtù teologali in tre statue, coi rispettivi simboli dell'ancora, della Croce e di una face ardente in mano della Carità nel mezzo espressa, le quali in aver muto il labbro sembra che abbian parlanti e vive le fattezze.
Nei corni grandi serafini sostenenti i candelabri, lavori di egregio scalpello che costarono oltre ducati seimila. Fra gradini che sorgono dalla mensa, e la fascia che si estende in testa veggonsi degli scudetti con fogliami, rami di palme messi in croce, non che dei melogranati ben incisi. E la fascia superiore non cede a questa, terminante con una cornice a marmo bianco segnata da lineette nere. Ai fianchi in grandi scudi l'arma di Monsignor Anelli, avendo in testa una corona trapunta da globetti quasi fossero tante gemme che spiccano infisse nel cerchio di marmo bianco della medesima. Che tutta la opulenta ricchezza di questo Vescovo trapassato senza eredi, venne investita per la maggior parte a lustro di questa chiesa, e ad altre opere di pietà in questa patria. L'arma esprimesi da un braccio che tiene in pugno un anello.
I fregi di verde antico, di giallo, di nero, cipollino, i cartocci diversi apposti convenientemente, tutto insomma contribuisce alla bellezza del lavoro. La portellina della custodia porta rilevata in argento la sfera del sacramento con quattro teste di Serafini con occhi umili e reverenti verso la stessa. …
[tratto da Andria Sacra, di G.Borsella, Andria, Tip. Rossignoli, 1918, p.227]
Dobbiamo l’attribuzione dell’opera al marmoraro napoletano Marino Palmieri ad una accurata ricerca nell’archivio di Stato di Trani, effettuata nel 1994 dall’arch. Gabriella Di Gennaro, elaborando la sua tesi di laurea su “Altari marmorei settecenteschi ad Andria”. Dal suo prezioso lavoro, pubblicato in parte nel sotto citato testo si stralciano le seguenti importanti note.
“… Un fortunato mio ritrovamento di un atto notarile del 1773 mi ha permesso di risalire all’anno di costruzione e all’artefice. Questa stipula, sottoscritta dal Monastero delle Benedettine nella persona dell’economo e procuratore D. Domenico Angelo Lacinesta e il marmoraro Marino Palmieri della città di Napoli, viene firmata da ambedue le parti previa visione di un disegno che, come consuetudine, veniva presentato e spiegato dettagliatamente al commitente. …
L’altare, costato milleottocentoquaranta ducati, viene descritto nel documento secondo il disegno presentato dall’artista con tale meticolosità da riportare i marmi da impiegare nella costruzione e le misure precise dell’altare. Dal sopralluogo effettuato ho potuto constatare l’uso dei marmi citati nel documento, nonché la stessa composizione. …
Questo altare verrà completato nel 1774 e quindi collocato nella chiesa del monastero delle Benedettine, insieme a tutti gli altri sacri arredi, agli altri due altari marmorei laterali e ai dipinti, solo successivamente alla realizzazione degli stucchi. …
In conclusione quest’opera, pregevole più per le ricche decorazioni scultoree che per i marmi impiegati, riprende nella tipologia il modello degli altari sanmartiniani della seconda metà del ‘700, e più precisamente lo schema più articolato dato da angeli capialtare e putti reggimedaglioni nel paliotto.”
[stralci di testi tratti da Gli altari della Basilica di S.Maria dei Miracoli, di Gabriella Di Gennaro, - in AA.VV. "La Madonna d'Andria", Andria, Grafiche Guglielmi, 2008, pagg.272-274]
Il caratteristico modello degli altari di Giuseppe Sanmartino, individuato da Gabriella Di Gennaro in questo altare, lo ritroviamo in diversi altari pugliesi; nella nostra Città di Andria si conformano ad esso l’altare maggiore della Chiesa di San Francesco ed il maggiore della Chiesa di San Domenico, sia per la particolare elegante postura degli angeli capi-altare, che per il disegno dell’insieme.
[gli altari maggiori di S.Domenico e della Chiesa di S. Francesco ad Andria - elab. elettr. su foto di "Sabino Di Tommaso" - 1983 e 2012]
Dal suddetto atto notarile sottoscritto dal marmoraro Marino Palmieri e dal Rev. Procuratore del Convento delle Benedettine si riporta di seguito uno stralcio della descrizione dell’opera da realizzare, onde rilevarne le congruenze (e le eventuali discordanze) con l’opera a noi pervenuta.
“Primieramente che il primo, secondo e terzo grado debbano avere il loro sottogrado di giallo di Verona con il loro listello nero, la pradella ancora secondo apparisce deve avere il sotto grado dello stesso giallo, con il listello nero.
Le grade debbano essere centenati giusta il disegno.Il zoccolo intiero dell’altare debba essere di bardiglio fiorito col commesso di broccatello di Spagna col listello nero.
Le base, che girano a torno a torno sopra del zoccolo devono essere ben lisciate, e scorniciate.Il paliotto deve essere tutto un pezzo colli modiglioni, attaccato, ed il ciappone d’intaglio nel mezzo ben rilevato, e scartrecia, ed in mezzo a detto intaglio la statua di S. Benedetto di mezzo rilievo, ed a suoi due fondati due Puttini seduti con bel scherzo, e non in piedi, uno che tiene la mitra, e l’altro il corvo, ed il rilievo del detto paliotto sia sopra di un palmo, e mezzo [m 0,40]. Ed il commesso delli fondi del paliotto, che circonda li Puttini sia di fiori di persico chiaro.Li sguarci dell’altare siano commessi di fogliame d’immischio secondo apparisce nel disegno.Il piedistallo colla sua impresa sia ben rilevata, e scartocciata a proporzione dell’altare. Lo stemma sia un braccio che tiene un anello in aria, tre stelle e sotto tremanti. Il fondo della presente impresa sia commesso dello stesso fior di persico del paliotto.Li fondati colli loro membretti siano commessi di giallo di Siena col loro listello.
Le cartelle a cantone siano ben rilevate, e scartocciate secondo apparisce nel disegno.Le cimase, che girano a torno, debbano essere ben scorniciate con il fregio che gira torno a torno sia di verde antico, e non di Boroleo come mostra il disegno, comprendendo anche il fronte della mensa la quale sarà di otto palmi, e mezzo [m 2,24], e larga palmi due, e mezzo [m 0,66].Il primo gradino con le tavolette attaccate, deve essere ebbugnato, e le due ciappe d’intaglio, che mostra il disegno, siano ben scartocciate con le due palme nelli lati. Il commesso sia di giallo di Siena ben colorito, colli listelli neri, ed il fondo delle ciappe sia commesso di verde antico.Il secondo gradino sia il suo intaglio ben rilevato, e scartocciato, ed il fondo sia commesso di breccia di Sicilia fiorita, e nelle aperture delle ciappe sia commesso il verde antico.Le capi altari siano ben scartrecciati rilevati i loro intagli, e nello scudo d’immezzo abbiano le loro Virtù di mezzo rilievo, e tutto bianco nel fondo, accetto l’ornata, che gira a torno, e le lunelle, che girano a torno alle pelli siano di Boroleo di Francia oscura.La custodia, che comincia da sopra la mensa, come apparisce, debba l’intagli scartocciati, e rilevati, e nella pelle che mostra sopra, la statuetta a mezzo rilievo della Carità, che abbia la pelle di stesso ornato de capi altari.Le tavolette dell’ultimo gradino, abbiano il fregio di Boroleo di Francia oscuro, ed il scorniciato sia a braghettone con le fogliarelle di commesso come apparisce.Tutto il marmo dell’altare sia statuario di ugual tinta, ed il lavoro lustrando, come a specchio.
Le fonti a chiocciole, ed il comunichino siano lavorate, ed ornate come mostrano i loro rispettivi disegni con la papilla in esso aggiunta.
Vi sia ancora il grado dell’arco maggiore come nel disegno maggiore come nel disegno.
L’altezza dell’altare, da terra sino all’ultima tavoletta dell’ultimo grado sia di palmi nove meno un quarto [m 2,31].
La latitudine del zoccolo a zoccolo sia di palmi diecisette [m 4,48] e da fuora a fuora le tavolette dei capi altari palmi venti trè [m 6,06].”
[tratto dal documento dell’Archivio di Stato di Trani, reso noto dalla preziosa ricerca effettuata dall’arch. Gabriella Di Gennaro, riportati nella tesi “Altari marmorei settecenteschi ad Andria” del 1994/95, pubblicato a stampa nel suo studio "Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria ed altri arredi sacri", Schena Editore, 2020, pp. 217-220.]
Si riportano di seguito: la foto dell’altare eretto nella Chiesa della SS. Trinità in largo Duomo
e quella dello stesso smontato e successivamente eretto nella Basilica di S. Maria dei Miracoli;
è evidente che sono andati perduti e sostituiti con altri marmi i tre gradini
e la superiore predella che si salivano per accedere alla mensa eucaristica.
[l'altare maggiore: nella Chiesa della SS. Trinità delle Benedettine, foto Aurelio Malgherini 1935c - nella Basilica della Madonna dei Miracoli, foto "Sabino Di Tommaso", 2010]
Nel confronto delle due gradinate (qui mostrato in foto), appaiono evidenti sia la diversa forma delle due strutture
che la differenza dei marmi impiegati.
Nella prima, originale, i gradini sono sagomati a pianta di esagono irregolare, nella seconda, l’attuale,
i gradini sono a pianta rettangolare;
inoltre i sotto-gradi dell’originale appaiono, come da documento,
con un listellato nero su fondo chiaro, certamente il giallo previsto, mentre gli attuali sono completamente bianchi dello stesso marmo dei ripiani,
tranne la predella che ha il sotto-grado di marmo tipo rosso scuro di
Francia.
Per un ulteriore approfondimento sia storico che artistico si consulti l'ottimo studio dell'Arch. Gabriella Di Gennaro "Altari policromi marmorei del Settecento ad Andria ed altri arredi sacri", Schena Editore, 2020; per questo altare e relativo autore Marino Palmieri, le pp. 155-165.
Una descrizione di come erano realizzati i commessi marmorei che compongono questo altare settecentesco è possibile leggerla in un testo del Settecento di Jerôme Richard e nella su citata pubblicazione dell'arch. Gabriella Di Gennaro, nelle pp. 33-77.
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]