Collocazione: nella volta dell'arco di comunicazione tra l’abside della navata centrale e quella della navata sinistra.
Descrizione: Queste due scene veterotestamentarie del tema della Redenzione, specularmente affrescate e raffiguranti il Peccato originale e la Creazione di Eva, sono tra le più belle ed interessanti della Cripta.
Giungiamo così agli affreschi più noti e per alcuni aspetti più importanti della cripta: quelli che decorano l'intradosso dell'arco tra la navata centrale e quella a sinistra.
Le due scene, che rappresentano la creazione di Eva e il Peccato Originale, vengono a trovarsi di fronte secondo la curva dell'arco. Sono limitate e divise da due frammentarie figure affrescate alla loro base, l’una da una fascia bianca, l'altra da una zona più riccamente decorata a figurazioni geometriche: esagoni e mezzi esagoni di tono scuro su un fondo bianco.
[testo tratto da “SANTA CROCE IN ANDRIA - NOTIZIE STORICHE E IPOTESI DI RESTAURO”, di F. Nicolamarino, A. Lambo e A. Giorgio, Tip. D. Guglielmi, Andria, 1981, pag. 78]
[Creazione di Eva: a sx,
foto del 1938 di A. Ceccato per la Soprintendenza - a dx, foto di Sabino Di Tommaso - 2013]
Descrizione: La Trinità, seduta su un trono riccamente decorato di figure geometriche, porge la mano destra ad Eva, nell'atto di volerla aiutare nel suo nascere dal fianco di Adamo. Sullo sfondo in alto a sinistra in una cornice scura sembra dovessero esserci altre figure evanescenti (angeli?), indecifrabili.
La Trinità è raffigurata con un corpo umano sormontato da
due teste; centrale e dominante la testa del Padre, bianchi i capelli e la fluente barba,
alla sua sinistra il Figlio (che, secondo le scritture, dovrebbe essere “alla destra del Padre”),
giovane, lunghi i capelli sul collo, barba e baffi di egual
scuro colore; a destra lo Spirito Santo, piccolo il capo d'una colomba bianca,
completa e di profilo. Nella mano sinistra regge il globo crucifero, segno
della sovranità del Cristo (rappresentato dalla croce, purtroppo scrostata) sul mondo
[1].
Due nimbi perlinati racchiudono l'insieme delle tre teste:
del Padre e del Figlio, nel nimbo grande; della
Colomba nel piccolo.
Eva presenta i capelli lunghi e chiari, lo sguardo
fisso sul suo Creatore, aggrappata con ambedue le mani a quella che le dà
la Vita; le sue gambe svaniscono nel fianco di Adamo. Diversamente questi
riposa, tranquillo e ignaro di quanto gli accade, scomodamente poggiato con
il braccio sinistro alla pedana del trono del suo Signore.
Ambedue ignudi, la posizione più laterale rende Eva più casta del suo compagno.
Una curiosità: Adamo ed Eva, sia in questo affresco che in quello del
peccato originale sono piuttosto obesi.
Le foto in bianco-nero della Creazione di Eva su riportata e quella ugualmente in BN del peccato originale riprodotta più in basso, scattate da A. Ceccato per la Soprintendenza a i Beni Culturali della Puglia, riproducono le condizioni dell'affresco negli anni Trenta del Novecento, quando, su iniziativa della Società Magna Grecia Bizantina-Medioevale, sotto la super visione dell'ispettore della Soprintendenza di Bari Bruno Molajoli, si eseguirono delle opere nella Cripta onde salvarla da un ulteriore degrado. In merito a questi due affreschi il Molajoli, nella sua relazione del 21 marzo 1934 annota:
Nel sottarco tra la navata centrale e quella di sinistra troviamo le due scene più note e certo più importanti tra le altre di questa cripta: la Creazione di Eva e il Peccato originale. In questa (tav. VI, A) vediamo Adamo ed Eva, ignudi, e tra loro il serpente diabolico che s’avvolge in spire attorno al tronco di un albero. Nella prima scena invece è raffigurata – secondo una inconsueta iconografia poi interdetta – la Trinità in forma di persona umana sul cui collo s’innestano insieme le due teste del Redentore e dell’Eterno e quella del Paracleto (tav. VI, B). La divina immagine, rivestita di manto bianco leggermente ombreggiato e bordato in marrone, siede su un trono cuspidato di color giallo decorato a losanghe; sostiene nella mano sinistra il simbolico globo e protende la destra a suscitare la bionda e ignuda figura di Eva uscente dal fianco di Adamo, che è disteso in terra, addormentato.
In queste due scene – nonostante i danni derivanti all’unità del dipinto da molteplici distacchi e corrosioni dell’intonaco – il colore si mantiene tuttora vivace e gaio, e ci appare nella sua funzione intenzionalmente plastica, disteso con finezza di chiaroscuro e di sfumato. E poiché qui si tratta evidentemente della stessa maniera a cui si devono le scene della Croce e le altre che a quelle abbiamo connesse, qui meglio che altrove ci vengono chiariti i caratteri di una pittura locale che non resiste agli apporti di correnti artistiche derivate dall’Italia centrale e sia pure interpretate e tradotte in linguaggio popolaresco.
[Testo tratto da “La cripta di S. Croce in Andria” di Bruno Molajoli, in “Atti e Memorie della Società Magna Grecia Bizantina - Medioevale”, Vol. I., a cura della Società Magna Grecia, Roma, 1934, pp. 25-35.]
Riportiamo anche, per l'autorevolezza della fonte, la descrizione critica che di questo affresco elaborò Alba Medea nel sotto citato studio:
… insolita e di particolare interesse appare la forma in cui è rappresentata la Trinità in uno degli affreschi esaminati ...
A S. Croce di Andria la Trinità ci appare nell’atto di suscitare Eva dal fianco di Adamo. La Sacra immagine è rappresentata sedente su di un ricco trono, in forma di figura umana sul cui collo si innestano tre teste: al centro quella canuta, guasta in parte, di Dio Padre, a sinistra quella bruna a breve barba di Cristo, a destra infine quella del Paracleto rappresentato dalla Colomba.
Mentre i due capi dell'Eterno e del Cristo sono compresi da un unico ampio nimbo, il Paracleto ha un piccolo nimbo a sè, il capo della Colomba è di profilo mentre gli altri due sono raffigurati di fronte.
Lo schema iconografico di questo affresco si ricollega a quel vasto gruppo di raffigurazioni della Trinità, rappresentata da un unico corpo con più teste, che si andarono sempre più diffondendo dal XII al XVI sec., man mano che l'accostamento delle tre sacre persone si andava facendo maggiore, cosicché nel XIII secolo: «les troi corps n'en font plus qu'un portant trois têtes» (DIDRON, "Iconographie chrétienne, Histoire de Dieu", p. 567") fino alla proibizione di tale immagine emanata da Urbano VIII l'11 agosto 1628 e solennemente ricordata da un breve di Benedetto XIV.
Le tre teste più o meno differenziate e talvolta addirittura saldate fra loro sono però generalmente, a mia conoscenza, tutt'e tre umane; la raffigurazione di Andria appare dunque come un tipo speciale dello schema comune ove sussistendo l'importanza data all'idea di unità con la fusione delle tre persone in un unico corpo, permane però ben chiaro il concetto di differenziazione (Di una rappresentazione assai simile alla nostra è data notizia in DIDRON, op. cit. p. 590 n. I. Si tratta di una Trinità trovata da un vicario cattolico di Amiens, dipinta su vetro e datata dal 1520 e ove come nel nostro caso, la colomba «Se colle sur le côte, à tête ou à la face de droite, absolument comme une oreille».).
Anche nella cripta della Favana a Veglie (provincia di Lecce) ci appare una Trinità che si ricollega all’interpretazione più patetica di questo soggetto, con la introduzione in esso del Cristo Crocifisso, comune a cominciare dal XIII sec. e nei successivi. Dio Padre, ampia figura biancovestita, sorregge, tenendola pei due bracci trasversi, la Croce da cui pende il Cristo e sulla cui sommità è ritta la colomba.
A S. Procopio presso Fasano si ha invece uno strano abbinamento dello schema della Trinità osservato a Veglia e della rappresentazione di origine bizantina della Déesis.
[tratto da " Osservazioni sugli affreschi delle cripte eremitiche di Puglia", di Alba Medea, in “Iapigia, organo della R. deputazione di Storia Patria per le Puglie”, 1937, articoli, Fascicolo 1, pp.16-17].
Riportiamo infine, per completezza, un interessante commento del nostro affresco tratto dal testo sotto citato:
Più interessante, soprattutto per l'inconsueta iconografia ci sembra la scena vicina; su un ricco trono cuspidato e tutto coperto di decorazioni gialle a losanghe, siede una figura umana, sul cui collo si innestano tre teste, al centro quella canuta a barba fluente, guasta in più punti, di Dio Padre, a destra (di chi guarda) quella bruna a breve barba del Cristo, in assai migliori condizioni, a sinistra infine quella del Paracleto rappresentato dalla colomba, di cui in origine dovette forse esser visibile qualcosa più della sola testa, ma che un guasto nella parte bassa riduce ora a quell'unica parte.
Mentre i due capi dell'Eterno e del Cristo sono compresi da un unico ampio nimbo scuro, decorato a punti bianchi, il Paracleto ha un piccolo nimbo dello stesso tipo, per sé. Il capo della colomba è di profilo, mentre gli altri due sono raffigurati frontalmente e appena lievemente volti verso sinistra.
La sacra immagine veste un manto bianco decorato, come le maniche, da un bordo scuro a disegni geometrici e lievemente ombreggiato dello stesso tono, posa i piedi sul predellino o sgabello del trono, sorregge con la sinistra (presumibilmente) il simbolico globo, mentre tende la destra alla bionda Eva che sorge ignuda dal fianco di Adamo addormentato, steso al suolo in una tormentata posa, poiché si sostiene come puntellato su braccio curvo e poggiato al gradino del trono, ed alza l'altro a posarlo sul capo reclino dagli occhi chiusi.
Se per caratteri stilistici la scena non si differenzia granché dalle precedenti e ci riporta per i suoi caratteri di vivacità narrativa popolaresca a quella dell'invenzione della Croce, lo schema iconografico, che vi notiamo, sembra condurci più lontano. Esso si ricollega a quel vasto gruppo di raffigurazioni della Trinità rappresentata da un unico corpo con più teste, che si andarono sempre più diffondendo dal XII al XVI secolo, man mano che l'accostamento delle tre sacre Persone si andava facendo maggiore, fino alla proibizione di tale immagine, imposta da Urbano VIII l'11 agosto 1628, e che Benedetto XlV doveva più tardi, nel 1745, ricordare solennemente. Le tre teste, più o meno differenziate e a volte addirittura saldate fra loro sono generalmente e per lo più tutt'e tre umane; la raffigurazione di Andria appare quindi come un tipo speciale dello schema comune, ove sussistendo l'importanza data all'idea di unità con la fusione delle tre persone in un unico corpo, permane però ben chiaro il concetto di differenziazione.
È interessante notare come, non solo per stile ma anche per carattere iconografico, la scena sia indipendente da influenze bizantine giacché quasi mai i greci ci rappresentano la Trinità come un'unica figura a tre teste.
Di secondaria importanza è lo spostamento della testa del Cristo dalla destra alla sinistra di quella dell'Eterno, ove dovrebbe essere secondo il testo di David, e dovuto ad un errore che si verifica spesso.
Benché l'intonaco sia caduto in più punti, i colori si mantengono d'una chiara luminosità, d'una particolare freschezza e vivacità.
Bene osserva concludendo il Moiajoli «in queste due scene... il colore... ci appare nella sua funzione intenzionalmente plastica, disteso con finezza di chiaroscuro e di sfumato. E poiché qui si tratta evidentemente della stessa maniera a cui si devono le scene della Croce e le altre che a quelle abbiamo connesse, qui meglio che altrove ci vengono chiariti i caratteri di una pittura locale che non resiste agli apporti di correnti artistiche derivate dall'Italia centrale, e sia pure interpretate e tradotte in linguaggio popolaresco». La datazione si può, seguendo il Salmi, portare al XV secolo.
[testo tratto da “SANTA CROCE IN ANDRIA - NOTIZIE STORICHE E IPOTESI DI RESTAURO”, di F. Nicolamarino, A. Lambo e A. Giorgio, Tip. D. Guglielmi, Andria, 1981, cap. III "Descrizione e datazione degli affreschi", pagg. 85-86, 91]
[2]
Le immagini dei dipinti della Trinità qui riprodotte sono state estratte, nell'ordine, dai seguenti siti
(consultati il giorno 11Nov2016; le immagini sono state adattate alle esigenze di questa pagina):
http://www.provincia.novara.it/comuni/armeno.php;
http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Gazetteer/Places/Europe/Italy/Umbria/Perugia/Citta_di_Castello/Canoscio/churches/SS.Cosma_e_Damiano/home.html
http://www.quattrocolonne-news.it/webmagazine/
https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_Santa_Maria_Assunta_(Atri)
http://www.lavalnerina.it/dett_luogo.php?id_item=95
[[Peccato originale: a sx,
foto del 1938 di A. Ceccato per la Soprintendenza - a
dx, foto di Sabino Di Tommaso - 2013]]
L'affresco, adiacente nella parte alta alla Creazione di Eva col quale condivide il cielo e affiancato sull'altra faccia del pilastro da un Sant'Antonio di Padova, segue la forma irregolare della struttura anche nelle linee verticali delle figure, che pertanto appaiono sbilanciate verso l'esterno.
Nel registro inferiore della Creazione di Eva è affrescato un santo abate ed eremita, San Leonardo di Noblat; in quello sotto il Peccato originale è poi dipinto un Cristo risorto.
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]