Al fondo della navata sinistra, sulla parete absidale,
è affrescato un Cristo Pantokràtor (Παντοκράτωρ = Onnipotente, da
παν = tutto e κράτος = forza, potenza)
in trono, tra gli apostoli Pietro e Paolo.
L'affresco domina l'intera parete dell'abside e per la modalità di raffigurazione
tipicamente bizantineggiante può essere considerato tra i più antichi della cripta (Si notino ad esempio i volti eccessivamente bislunghi dei due discepoli).
La foto in alto a sinistra, scattata da A. Ceccato per la Soprintendenza a i Beni Culturali della Puglia,
riproduce le condizioni dell'affresco negli anni Trenta del Novecento, quando, su iniziativa della Società Magna Grecia Bizantina-Medioevale,
sotto la super visione dell'ispettore della Soprintendenza di Bari Bruno Molajoli, si eseguirono delle opere nella Cripta
onde salvarla da un ulteriore degrado. In merito a questo affresco di Cristo fra gli apostoli il Molajoli,
nella sua relazione del 21 marzo 1934 scrive:
"Concludiamo questa ricognizione delle pitture di S. Croce ricordando l’affresco che decora il fondo dell’abside della navata sinistra e in cui è raffigurato Cristo in trono tra S. Paolo e S. Pietro, dietro i quali si affacciano, appena delineate, alcune figurine di confratelli incappucciati (tav. V, A). Questo dipinto, che si presenta rispetto agli altri con caratteri di maggiore antichità e con tipologie più chiaramente vicine a modelli bizantini come soprattutto appar chiaro dalla macrocefala figura di S. Paolo nella quale l’ispirazione agli schemi orientali non può essere posta in dubbio, a nostro sommesso avviso è il solo cui possa convenire quella datazione al sec. XIV che altri con troppa larghezza – come s’è visto – ritennero di poter assegnare ai dipinti precedentemente ricordati, quando addirittura non favoleggiarono di più remota antichità."
[Testo tratto da “La cripta di S. Croce in Andria” di Bruno Molajoli, in “Atti e Memorie della Società Magna Grecia Bizantina - Medioevale”, Vol. I., a cura della Società Magna Grecia, Roma, 1934, pp. 25-35.]
Il Cristo Pantocrator, con χιτών (tunica) rosso-scarlatto
(simbolo della Divinità) e ίμάτιον (manto - toga) blu-verde (simbolo della natura
umana), siede su
un trono, con spalliera tondeggiante e riccamente ornata; ha sguardo severo
e penetrante e con la mano
sinistra trattiene un libro chiuso da sigilli (il Vangelo o l'Apocalisse?); ha la destra alzata
per giudicare più che per benedire. Il viso è barbato, chioma fluente, capo con
nimbo crocifero. È messo in evidenza l'aspetto temibile di Dio, Salvatore e Giudice:
tuttavia l'espressione piuttosto grave dei suoi lineamenti appare soffusa di
dolcezza, quasi a manifestare misericordia e perdono.
Sotto i piedi del Cristo sembra fosse dipinto un suppedaneo;
questo doveva essere composto da elementi che nell'insieme
richiamassero l'ultimo capitolo (il 22) dell'Apocalisse di Giovanni. In effetti si vede ben poco: sotto il piede destro appare (quasi immaginandolo!) un angelo flesso
ed altro in modo totalmente indistinto.
San Pietro, con le chiavi nella sinistra, solleva la destra in segno di
ascolto del Maestro.
San Paolo impugna con la destra una spada e nella sinistra trattiene
anch'egli un
libro chiuso.
Sullo sfondo blu alcune scritte: sulle teste di Pietro e Paolo i loro rispettivi nomi, PETRŨ - PAULŨ; a sinistra del capo nimbato del Cristo "IC" (prima e ultima lettera della parola greca "ΙΗΣΟΥΣ", cioè "Gesù"), a destra (certamente ma quasi illeggibile) "XC" (prima e ultima lettera di ΧΡΙΣΤΟΣ, cioè "Cristo") [si tenga presente che Σ è scritto in forma lunata cirillica, simile ad una C] ; nel nimbo dorato spicca la croce (indice di trionfo sulla morte) nei cui bracci sono visibili tre lettere greche, sembrano "ώΌΗ", forma contratta del nome di Dio "YHWH", "[Io sono] Colui che è" (ripreso dall'Esodo: cap.3, vers. 14); per la scarsa leggibilità potrebbe anche essere “ο ων”, contrazione di “[Εγω ειμι] ο ων”, che significa sempre "[Io sono] Colui che è".
È da notare che anche le dita della mano destra sono ripiegate in modo da formare le lettere "ICXC"; inoltre tre dita sono sollevate a simbolizzare la Trinità, mentre il pollice e l'anulare si toccano per ricordare la doppia natura del Cristo, umana e divina.
Quasi alle spalle dei due discepoli, in posizione estremamente inferiore e di ridotte proporzioni, sono dipinti, in saio bianco con cappuccio, i confratelli di una congrega, allo stesso modo in cui sono affrescati ai piedi della Madonna della misericordia.
Completiamo la descrizione con una citazione di approfondimento:
"Al fondo dell'abside si conserva ancora un affresco gravemente danneggiato, che rappresenta il Cristo fra i SS. Pietro e Paolo.
Siede il Salvatore (la cui figura supera della spalla quella dei Santi) sul trono e, ritto sul ginocchio e chiuso, il solito libro, mentre alza la destra benedicente secondo l'uso greco: Il manto ricade dalla spalla sinistra sulle ginocchia; il volto, troppo guasto per offrirsi ad un attento esame, è allungato e barbato, il nimbo crocifero; S. Pietro alla sua destra porta un manto drappeggiato ed alza la mano destra volgendo la palma verso l'esterno, mentre la sinistra tiene le chiavi; dall'altro lato S. Paolo dal magro viso allungato, estremamente espanso nella parte cranica e ristretto nella parte bassa del volto secondo il tipico schema orientale, tiene la spada nella destra e nell'altra, probabilmente, il libro.
Dietro ai due santi si individuano appena le incappucciate figure di un gruppo di confratelli. E certo, nonostante il tema iconografico occidentale e latino, è questo l'affresco che più di ogni altro, nella cripta di Andria, conserva vivi ricordi di bizantinismo, l'unico che si possa riportare al XIV secolo."
[testo tratto da “SANTA CROCE IN ANDRIA - NOTIZIE STORICHE E IPOTESI DI RESTAURO”, di F. Nicolamarino, A. Lambo e A. Giorgio, Tip. D. Guglielmi, Andria, 1981, cap. III "Descrizione e datazione degli affreschi", pag. 91]
L'affresco del Cristo Pantokràtor è quasi certamente una originale raffigurazione della "traditio legis" (forse unica nel territorio pugliese!): il Cristo che dà a Pietro le chiavi della sua Chiesa, la custodia della sua Legge-Evangelo e a Paolo l'incarico di difenderla dalle eresie e divulgarla.
In merito alla "traditio legis" Lorenzo Cappelletti nel testo citato in calce scrive:
"Il nome di 'traditio legis' che comunemente si dà a questo tipo di rappresentazione,
che comprende essenzialmente il Signore fra i Santi Pietro e Paolo, «proviene
dalla scritta sul rotolo aperto nella mano del Cristo che si trova nel
mosaico di San Giovanni in Fonte a Napoli e che si può distintamente
leggere: DOMINUS LEGEM DAT». ...
Réau [in "Iconographie de l'art chrétien"] pensa che la traditio legis non sia
solo «la trasposizione cristiana della liberalitas Augusti», ma sia
anche il frutto di una contaminazione iconografica col tema della
Trasfigurazione:
«Nei due casi Gesù in piedi sulla montagna occupa il centro della
composizione. È attorniato da due personaggi che si corrispondono
esattamente. Pietro che riceve la nuova legge prende il posto di Mosè che
tiene le tavole del Sinai, mentre san Paolo, che alza la mano per rendere
testimonianza, si sostituisce al profeta Elia»".
[testo tratto da "Gli affreschi della Cripta Anagnina - Iconologia", di Lorenzo Cappelletti, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma, 2002, pagg. 124-125]
In merito alla "Traditio legis" la studiosa Kaori Yamada, nella rassegna di studi umanistici sotto citata, ci fornisce ulteriori approfondimenti:
Questo tipo di scena compare nelle manifestazioni artistiche di Roma solo nella seconda metà del quarto secolo,
sia nell’arte monumentale, come l’absidiola nel mausoleo di Costanza a Roma, che nell’arte minore, come sui vetri dorati.
Gli studi sulla scena di Traditio sono stati tradizionalmente incentrati sulla ricerca del significato teologico della raffigurazione.
L’origine della scena si trova nell’arte imperiale; quando l’imperatore manda un suo funzionario in una provincia, gli consegna il rotolo chiuso,
che il funzionario riceve con le mani coperte da un velo; tale atto sancisce il passaggio del diritto dall’imperatore al funzionario.
Una simile scena si trova, ad esempio, sul famoso missorio di Teodosio, che fedelmente propone l’immagine di una cerimonia di corte.
La rappresentazione sul missorio e la rappresentazione della scena di Traditio con tre persone sono veramente simili
e non c`è nessun dubbio che la scena di Traditio derivi dall’iconografia imperiale. …
Numerosi studiosi ipotizzano che una scena di Traditio fosse raffigurata nell’abside della basilica di S. Pietro sul colle vaticano.
Secondo quest’opinione la scena di Traditio vorrebbe mettere l’accento sulla consegna dei poteri a Pietro. … .
La composizione in cui Cristo è raffigurato in proporzioni maggiori rispetto agli altri personaggi si trova spesso
nella scena di Traditio raffigurata nelle conche absidali delle chiese.
Perciò questa rappresentazione è all’inizio usata nelle absidi delle chiese e dopo è rappresentata sui sarcofagi. …
Il Cristo che appare negli spazi absidali è un Cristo teofanico. Osservando l’evoluzione dell’iconografia di questa scena,
si può affermare che l’origine va ricercata nelle absidi delle chiese, dove adottando un’immagine propria dell’arte imperiale
si sottolinea l’autorità del Cristo. In seguito la scena di Traditio, che originariamente ha un significato ecclesiologico,
è usata anche sui sarcofagi, dove assume un significato salvifico in connessione all’augurio di salvezza dopo la morte.
[tratto da Kaori YAMADA, “Il sarcofago ‘di Stilicone’: note sulle scene con il collegio apostolico e con la Traditio Legis”, in “Kwansei Gakuin University Humanities Review”, Vol. 16, 2011, Nishinomiya, Japan, pp. 15-28]
Se ci si reca sotto l'archivolto a destra di questo abside, si potranno ammirare, sul pilastro a destra il Peccato originale e, sotto, Gesù Risorto; sul semipilastro a sinistra, la Creazione di Eva e, sotto, San Leonardo di Noblat.
Terminiamo con questa nota di Alba Medea sulla ricorrenza di questa rappresentazione nelle cripte rupestri; nel sotto citato studio scrive:
"Tra le rappresentazioni del Cristo si può notare come meno consueta in questa serie di affreschi quella dove il Redentore ci appare fra i Ss. Pietro e Paolo, che troviamo due volte: una nella cripta omonima di Crispiano, l'altra in S. Croce ad Andria.
Un'altra volta infine egli ci appare secondo una rappresentazione anch'essa inconsueta fra i Ss. Andrea e Basilio (nella cripta inferiore di S. Angelo a Mottola)".
[tratto da " Osservazioni sugli affreschi delle cripte eremitiche di Puglia", di Alba Medea, in “Iapigia, organo della R. deputazione di Storia Patria per le Puglie”, 1937, articoli, Fascicolo 1, pag.17].