Collocazione:
sul secondo pilastro a sinistra, sulla parete rivolta verso
l'ingresso, adiacente a un
Sant'Antonio di Padova.
Descrizione:
L'affresco era in precarie condizioni sino all'ultimo restauro.
Da quasi tutti gli studiosi viene letto come Madonna della Misericordia per la particolare simbologia utilizzata:
in basso ai piedi della Santa e sotto il suo manto è infatti
raffigurata una folla di fedeli inginocchiati, un gruppo dei quali
indossa saio bianco con cappuccio; con l'attributo della Misericordia,
è implorata la Vergine ausiliatrice nella Salvezza dell'umanità.
La confraternita raffigurata sotto il manto insieme ai fedeli non può essere quella esistente in Santa Croce
e scomparsa a fine Seicento,
in quanto, a detta di mons. Adinolfi nella
visita pastorale del 19 ottobre 1711, i confratelli indossavano un saio rosso
"in ea aderat Confraternitas rubeis utens saccis";
potrebbe essere quella che operava presso la Chiesa di Porta Santa,
fino al Cinquecento intitolata a "Santa Maria dell'Annunziata"e poi da metà Cinquecento al "Nome di Gesù",
i cui confratelli indossavano un saio bianco.
Per meglio cogliere gli intenti dell'autore e dei committenti di questo affresco approfondiamo l'esame dell'insieme e dei particolari che possano eventualmente ricondursi ad una simbologia iconica.
Innanzitutto appare evidente che il dipinto ha subito nel tempo almeno due affrescature, le quali tuttavia, pur con elevate modifiche di colore e di suppellettili, sembra non intendessero modificare la postura e forse anche l'identità della persona rappresentata.
Ella indossa una tunica con cintura (χιτών καί στρόφιον) e su di essa un manto (l'orientale μαφóριον o l'occidentale pallium) fermato sotto il mento da una fibbia d'oro.
Nella versione con manto e tunica rossi, lo sfondo è un drappo giallo
trattenuto agli angoli e le cui pieghe sono evidenziate da sfumature rosse
(visibile solo a sinistra); i piedi della Vergine sono calzati con eleganza e nel nimbo sul capo,
piuttosto tondeggiante in un velo rosso e grossolanamente disegnato,
è appena visibile una corona dorata.
Spesso nei dipinti della Vergine protettrice il grande velo posteriore (che
in questa prima affrescatura è giallo) è trattenuto superiormente da due
(arch)angeli, a volte identificati come Michele e Gabriele; qui il
deterioramento e la sovrapposizione della successiva dipintura impedisce di
determinare se originariamente fossero rappresentati.
Nell'altra versione, essenzialmente in blu scuro, lo sfondo presenta, almeno nella parte superiore, un decoro marrone tipo arazzo; il mantello fibbiato sul petto e bordato di bianco inanella elegantemente un bel viso ovale dai lineamenti molto delicati e dolci; sul capo spicca una corona d'oro gigliata prettamente regale (simile a quella posta sul capo di Santa Clotilde regina, affrescata a sinistra dell'arco trionfale, e a quella di Sant'Elena nell'Invenzione della Croce). Questa versione appare realizzata da mano molto esperta e di chiara impostazione primo rinascimento.
La folla che è raccolta sotto il manto appartiene alla versione in rosso e, (sembra che) i visi delle persone a destra della santa mostrano serenità e fiducia, mentre quelli alla sua sinistra evidenziano tristezza e pianto.
Riflettendo sull'abbigliamento della Santa qui dipinta, a prima vista sembrerebbe non ascrivibile alla Madonna, ma ad una vera regina; considerando poi che un'altra regina, la su citata Clotilde, è affrescata in questa cripta, si potrebbe ipotizzare che si tratti di Santa Batilde, regina dei Franchi e sposa di Clodoveo II. Ella fondò e aiutò numerosi monasteri, fu prodiga coi poveri, interdisse la schiavitù e liberò a sue spese tantissimi schiavi: potrebbe essere quella folla di confratelli e umile popolo che vediamo qui raffigurata sotto il suo manto in due diversi atteggiamenti.
[Assisi, Chiesa (già Cattedrale) di S.Maria Maggiore: Madonna della Misericordia, di anonimo, c. 1380]
La storia dell'iconografia, tuttavia, e un confronto
con altri dipinti della "Madonna della Misericordia"
ci spingono ad affermare con sufficiente certezza
che, delle due versioni qui affrescate, almeno una è certamente
la Madonna della Misericordia.
Qui a fianco si pone
un confronto con l'affresco
presente in S. Maria Maggiore ad Assisi, l'antica cattedrale dove
S. Francesco si presentò al vescovo Guido per abbracciare la vita di frate mendicante;
tra i due affreschi appaiono sì tante congruenze (perfino la corona dorata sul capo!) da far ipotizzare
che l'affrescatore (o il ri-affrescatore) di Andria abbia tenuto presente il dipinto di Assisi
(e, conseguentemente, lo abbia realizzato certamente non prima di quello,
affrescato nel 1380).
Scrive Tommaso Castaldi nella pubblicazione sotto citata:
“La funzione protettiva assicurata dalla Madre di Dio è identificabile nella sua misericordia: attraverso l’elargizione della carità Maria offre una speranza di salvezza al timore che pervade l’umanità condannata al peccato, in perenne balia delle avversità, delle epidemie e dell’abbattersi della punizione celeste. Il significato di tutela spirituale attribuito alla Vergine dalla dottrina cristiana trova espressione in una delle rappresentazioni artistiche più singolari dell’iconografia mariana: quella della Madonna della Misericordia, l’immagine di Maria che accoglie con gesto caritatevole, sotto l’ampio mantello, gremite schiere di supplici in preghiera. Come una madre protegge amorevolmente la prole, la Mater Dei accoglie in grembo coloro che hanno vissuto nella grazia, per garantire un destino di salvezza alla loro anima: il potere di intercessione attribuito alla Regina del Cielo, sovrana tra le gerarchie celesti, esprime il ruolo della Madonna come mediatrice per la causa spirituale dell’umanità.
... Le ragioni storiche dell’introduzione e dell’ampia diffusione del motivo della Madonna della Misericordia nell’arte sono da ricercarsi nella progressiva affermazione di una peculiare componente sociale, che ha contribuito in modo determinante a innovare le forme di partecipazione alla vita religiosa nella società urbana nel tardo Medioevo: quella costituita dalle confraternite di laici. Nel culto di compagnie laiche, il cui spirito religioso si fonda sul sentimento consociativo di un gruppo nel segno della carità, l’immagine della Madonna della Misericordia che protegge i membri della confraternita sotto il mantello costituisce manifestazione visiva di un preciso richiamo alla fratellanza sociale, da cui il nome di “fraternità”. ”
[tratto da "La Madonna della Misericordia" - "l'iconografia della Madonna della Misericordia e della Madonna delle frecce nell'arte di Bologna e della Romagna nel Tre e Quattrocento", di Tommaso Castaldi, ed. La Mandragora, Imola, 2011, pp. 221-222].
In Italia sono qualche decina i dipinti che, dal Trecento al Cinquecento, raffigurano in senso stretto
la Madonna della Misercordia, e sono quasi tutti collocati tra il centro ed il nord della penisola
[1].
In Andria nella chiesa di Santa Maria in Porta Santa rinveniamo
un'altra Madonna della Misericordia, scolpita nel piedistallo
sinistro dell'altare dedicato alla Madonna della neve: in quella scultura stringendo in braccio
il piccolo Gesù ella accoglie ai suoi piedi alcuni orfanelli.
Torniamo a riflettere sull'affresco presente nella chiesa rupestre di Santa Croce.
Sotto il mantello della Madonna trovano protezione sia la comunità dei fedeli
che alcuni congregati barbuti in bianco saio e cappuccio; inoltre su tutti questi
oranti uno spicca a sinistra per mole e posizione,
quasi a farsi autorevole portavoce del sottostante popolo:
l'abbigliamento fa pensare al priore della confraternita.
Varie possono essere le ipotesi circa la presenza dei membri di una confraternita
(col loro eventuale priore) nell'affresco; una potrebbe essere quella
del loro ruolo di committenti della realizzazione del dipinto, come
a quel tempo si è verificato per altri di identico soggetto,
o semplicemente qui presenti in quanto dediti per scelta vocazionale
all'aiuto dei bisognosi.
Cito ad esempio la Madonna della Misericordia del 1412 di Battista da Vicenza.
Per testamento era disposto che «fosse penta Madona Sancta Maria, che sia grande [...]
habia uno mantelo grande de color azuro averto, et ella staga averta cum i brazi
per redur soto al so mantelo molti pecadori segondo usanza cum la si pente».
Fu realizzata diversamente, ponendo sotto il mantello della Vergine incoronata, invece dei peccatori,
dodici santi (Apostoli?) e quattro flagellanti, identificabili con i membri della confraternita dei Battuti,
committente dell'opera (come risulta dall'iscrizione sulla base).
In Andria nel Duecento già esisteva presso la Porta detta "Santa" un ospizio
per poveri e pellegrini intitolato a
Santa Maria della Misericordia, gestito da una confraternita
intitolata alla SS. Vergine Annunziata;
nel 1568 tale Congrega riformò le regole e prese il nome di Confraternita del Nome SS. di Gesù (come s'è già accennato sopra)
eretta in Santa Maria della Misericordia (in Porta Santa).
Probabilmente indossavano un saio bianco, considerando che,
quando nel Cinquecento La confraternita dei Bianchi sotto il titolo del
Nome di Gesù soppiantò la suddetta,
i suoi confratelli nell'espletamento delle loro funzioni indossavano detto saio bianco
[cfr. "Le Istituzioni di Beneficienza della Città di Andria" di G. Ceci].
Ma anche presso la chiesa rupestre di Santa Croce c'era una confraternita intitolata
col nome della cripta: Lo scrivono diversi vescovi tra il Seicento ed il Settecento,
quando si sciolse.
Mons. Egizio nella sua relazione sullo Stato della Chiesa per la
Visita
ad limina del 18 febbraio 1661 scrive:
"Extra mœnia sex aliæ Ecclesiæ in quibus sunt quatuor Confr[aternita]tes,
s[cilicet] S[anc]tæ Mariæ Novæ, S[anc]tæ Crucis, S[anc]ti Angeli, et S[anc]ti Sebastiani.".
"In eaque erecta est Confraternitas sub titulo S. Crucis" scrive
Mons. Triveri nella sua
relazione di visita del 18 dicembre 1694.
C'è infine da considerare che nella
visita di mons. Adinolfi del 19 ottobre 1711 si afferma
che la confraternita, che vestiva un saio rosso, per la sua grande povertà da diversi anni era sciolta:
"in ea aderat Confraternitas rubeis utens saccis, sed proptèr suam nimiam paupertatem
ad nihilum redant a multis abhinc Annis dissoluta remansit".
È quindi probabile che i confratelli dipinti ai piedi della Madonna nell'affresco della
Chiesa rupestre di Santa Croce siano non tanto quelli residenti presso la cripta quanto piuttosto
gli appartenenti alla suddetta confraternita che andava sotto il titolo di
Santa Maria della Misericordia, residenti presso la chiesa di Porta Santa.
Un altro elemento da considerare è quale motivazione ha spinto i committenti a far realizzare questo affresco, tenendo pure presente che in occidente fu il dottor serafico francescano San Bonaventura (al secolo Giovanni Fidanza) da Bagnoregio a prescrivere nel 1270 alla confraternita dei Raccomandati di Maria Vergine, da lui fondata intorno al 1263, di rappresentare i fratelli sotto le pieghe del manto della Madonna; infatti nel loro stendardo (gonfalone) era raffigurata la Madre di Dio che protegge i suoi fedeli con il suo manto.
Anche in questo caso l'analisi delle circostanze documentate che hanno spinto altre popolazioni a commissionare dipinti analoghi ci aiuta a individuare un possibile movente per la realizzazione della nostra Madonna della Misericordia.
A Siena si dice che il progetto di Piazza del Campo sia stato pensato
di tal forma al fine di proporre lo schema del Mantello aperto della Madonna protettrice.
Si narra infatti che il 4 Settembre 1260 nella battaglia di Montaperti in Val d'Arbia
presso la Città, i Senesi (Ghibellini) ebbero la meglio sui Fiorentini (Guelfi) grazie alla
protezione della Madonna, che ad essi apparve, appunto, col manto aperto.
Per la maggior parte delle altre opere la causa ricorrente è la peste.
Così, ad esempio, per la Madonna nella omonima basilica di Macerata; o
a Genova, per la Madonna dipinta nella Chiesa di Santa Maria dei Servi
che fu appunto realizzata a protezione della peste del 1372.
Possiamo a buon ragione pensare che la Madonna della Misericordia, affrescata
(o ri-affrescata) probabilmente tra la seconda metà del Trecento ed il Quattrocento, nella chiesa rupestre di Santa Croce,
abbia avuto come "input" causa principale l'incursione devastatrice degli "Ungheri" del 1350
e la conseguente peste che decimò la popolazione andriese e di gran parte d'Italia.
Committente poté essere, l'Università della Città, o le congreghe che soccorrevano gli appestati,
o semplicemente i religiosi che officiavano nella Chiesa, forse francescani, gli uni e gli altri spinti in definitiva
dalla necessità di protezione e soccorso celeste; ciò potrebbe anche giustificare
l'avvenuta ri-affrescatura del soggetto.