«… la facies rupestre di Andria, … . Innanzitutto va rilevato come Andria costituisca l’area più cospicua di insediamenti rupestri a Nord di Bari. A prescindere dal toponimo ..., che si è voluto riportare nell’ambito della tipologia geomorfologica della civiltà rupestre: Andria-Antrum, ottenuto con la sostituzione fonetica nd con quella nt, sta di fatto che il territorio annovera significative testimonianze di chiese e di villaggi rupestri.… … …Il primo è il quartiere delle grotte, inserito nell’area marginale del centro storico intorno alla chiesa rupestre di Sant’Andrea; il secondo è l’insediamento poco distante e già citato di Santa Croce ai lagnoni con la cripta omonima. Se poi dal centro storico ci spostiamo nelle vicinanze, ci imbattiamo in un terzo insediamento, quello del Gurgo, con una chiesa dedicata verosimilmente a San Michele Arcangelo; una quarta è la lama di Santa Margherita; una quinta è il Casale di Pantano; l’altro casale, ed è il sesto, che ha un nome molto significativo, Criptae, e l’altro di Santa Maria in Chiancula, seguito dalla serie dei casali: Casale di Andrae e il Casale di S. Candido, il Casale di S. Simone, il Casale di San Martino, il Casalino, il Vicus di Tremodiae, cioè Santa Maria di Trimoggia e il Vicus di Cicalio, cioè di Cicaglia. Andria annovera, quindi, ben quattordici siti rupestri, per cui la storia della facies rupestre andriese va riscritta cominciando prima di tutto da questo underground per poi arrivare nel periodo normanno alla Andria cara alla stirpe normanna come a quella sveva.Da questa rapida elencazione balza in ogni caso con evidenza la facies rupestre del territorio. Se poi volgiamo l’attenzione ai luoghi di culto in grotta, questa immagine diventa ancora più vivida: Santa Sofia, su cui sorse la Madonna dell’Altomare, San Vito, Cristo della Misericordia, Sant’Angelo in Gurgo, Santa Margherita in Lamis ed altre sono menzionate nei pressi della masseria Pisciullo in contrada San Nicola e nella zona di Santa Lucia sotto una casa di Piazza Catuma. Quindi, Andria è una città autenticamente rupestre; … … …»
-Tra il 944 ed il 948 il principe longobardo Landolfo II con un præceptum – comando
restituisce al Monastero di Montecassino, nella persona dell’Abate Maielpoto,
tutti i possedimenti e ogni altro genere di cosa ad esso appartenuto.
Leone Marsicano nel “Chronicon S. Monasterii Casinensis”
riferisce l’esistenza di tale documento “Preceptum”, classificato nel Regest. al n.210.
Testualmente il Cronista racconta:
“Maielpotus abbas vicesimus sextus, sedit annis sex. Hic de Præpositura Monasterii hujus abbas effectus,
recepit a prædicto Principe Landulfo præceptum de omnibus generaliter rebus et possessionibus hujus Monasterii, necnon … …”;
da questo resoconto si evince che in quel periodo le terre di Puglia,
e quindi anche il territorio di Trani nel quale Andre esisteva, venivano restituite nel possesso del Monastero.
Bisogna tener presente che questo richiamo documentario della metà del secolo X,
pur se non dà la certezza assoluta che anche il nostro territorio sia stato restituito nel possesso del Monastero
indicando un insieme non dettagliato, ne dà un’alta attendibilità.
Inattendibile, anzi errato, è invece stimare del 943 i fatti nella Cronaca cassinese narrati nel paragrafo immediatamente precedente,
dove il Cronistra scrive
“Basilius quoque Imperialis Protospatharius cùm esset apud Salernum, adeuntibus illum monachis nostris,
cartulam restitutionis, & confirmationis fecit de omnibus pertinentiis Monasterii huius, per totam Apuliam, quas eo tempore perditas habebamus, …
In Andre vineas, & olivas. In Rivo, qui dicitur de Monacho curtem. …,” e in nota Regest. N. 112.,
essendo esso un chiaro richiamo del “Preceptum” - diploma emesso dal protospatario Basilio nel 1011,
richiamo precisato tra l'altro anche in nota.
“Il racconto che ci fa Leone Marsicano di questo avvenimento, di notevole importanza per quei tempi, da una parte ci riconduce con la memoria nel vivo di quel tragico periodo che fu la trentennale dominazione saracena sulla nostra martoriata regione; dall'altra ci offre una notizia veramente preziosa per le indagini che stiamo conducendo sull'epoca in cui la nostra città, sia pur nelle forme di un centro rurale molto modesto, si affacciò alla storia.... il racconto di Leone Marsicano, letto fra le righe da chi - come me - è vivamente interessato agli studi di storia locale, si presta ad un'interpretazione ricca di suggestioni. La "carta di restituzione e conferma" del 943, infatti, consente di affermare che Andre esisteva ben prima del 915, la data che si ricava dal "breve" del giudice tranese Teodelgrimo.... Tra i possedimenti benedettini in Puglia nominati nel diploma "basiliano" - che vedremo, comunque, ricomparire in altri diplomi bizantini dell'XI secolo - c'è anche una Chiesa di S. Bendetto "in Canusio veteri".
... dal momento che il Monastero di Monte Cassino possedeva in "Canusio veteri" oltre alla Chiesa di S. Benedetto, un mulino e delle "curtes", è leggittimo dedurre che nei pressi di Canosa dovè stabilirsi, se non proprio un cenobio, certo una "grangia" benedettina.”
Ma anche nei pressi di "Minervino" e di "Andre" si dovettero stabilire delle "grange". I Benedettini, infatti, possedevano nel territorio di "Minervino" la grotta presso la quale sorgeva la Chiesa di S. Salvatore e delle terre; in quello di "Andre" vigne ed alberi di ulivi e una "curtis" nella "zona canalizzata" che era denominata "Monaco". [foto a sinistra]... Il Du Cange, in vero, c'informa che nella bassa latinità il termine "curtis" aveva il significato di "villa, habitatio rustica aedificiis, colonis, servis, agris, personis etc. ad rem agrestem necessariis instructam".
Il Racioppi, inoltre, rileva che lo stesso termine "s'estendeva ad indicare tutto il podere, cui la "corte" sovrastava.... Nel caso nostro la "curtis" dovette essere una piccola unità agraria, retta da un "grangiario" o comunque da un monaco. Essa era situata in una zona canalizzata: ce lo comprovano gli studi di Riccardo Ottavio Spagnoletti, nostro concittadino, e le riflessioni critiche su di essi di Cosimo De Giorgi ( riflessioni trascritte, tra i documenti, in calce a tali studi).... ci resta da determinare in quale epoca i possedimenti benedettini si siano andati costituendo nel territorio di "Andre".
Ebbene, una congettura d'una affidabile ragionevolezza storica ci consente di risalire al terzo quarto dell'VIII secolo, quando "il gastaldato di Canosa appare sufficientemente organizzato e funzionante con un'estensione che comprende l'intera Terra di Bari e... si assiste, non solo genericamente, all'insediamento monastico benedettino, il che conferma ancora una volta la penetrazione di codest'Ordine parallela all'avanzata longobarda".
Quindi almeno fino a quella epoca si può far risalire la esistenza del "locus" Andre. Al di là non è lecito avventurarsi, se non ci si vuol imbattere nella "vexata quaestio" della leggenda bauciana, ...”
[testo parziale della carta qui trascritto da "I primi tempi della città di Trani", su citato, pagg. 142-143.]"Anno 843. In nomine dom.ni, quarto anno principato dom.ni nostri Siconolfi mense junios sexta indictione Ideoque ego Lazzaro filius quondam Atriani de Tremodie pro mercede anime datti hioannis filius meus tradedit atque offeruit in ecclesia sancte Marie quam fundatam exe videtur ibique in Tremodie ractionabilis Arrioaldi diaconi rector ecclesie Sancti Pantaleonis in eorum eiusque potestate hofferuit una vinea loco ubi reni eundem quem da johanne filio Anselei de Cicalio ante hos dies erutam habuit et aba ibso exinde firmata cartula scripta per Alderisi notarii et testibus roborata et invicem ea do tibi Arrioaldo diacono ibsa cartula [pro defensione de ibsa vinea ... unde nec mihi nec ad alius homine porcione non reserbabit de ibsa vinea neque requisicione de ibsa cartula ...]. Acto Castro Trane mense et indictione memoratis ..."
"Dei villaggi di Trimoggia, di San Pantaleone di Cicalia avvi una preziosa ed antichissima memoria, scritta in latino barbaro dell’anno 843. In essa si legge come un certo Lazaro, figlio del fu Adriano di Trimoggia, donava per l’anima di suo figlio Datto Giovanni, alla Chiesa di Santa Maria di Trimoggia, nella persona del Diacono Ariovaldo, rettore della Chiesa di San Pantaleone, una vigna, posta nella contrada Arene, e propriamente quella, che giorni prima aveva egli comprato da un tale Giovanni, figlio di Anseleo da Cicalia, e via via. Questa scrittura fu redatta dal Notaio Dauferio, nel Castello di Trani, il mese di giugno del 843, l’anno quarto del principato di Siconolfo."]