navata destra, dipinti

Contenuto

intercolumni della navata destra
[elaborazione elettr. su foto di. Sabino Di Tommaso - 2004]

Le tele affisse nella navata destra

da presso il presbiterio fino all'ingresso

Riprendo in questa esposizione quanto scrive l'architetto Vincenzo Zito, sintetizzando alcune opere eseguite nella Basilica tra il Settecento e l'Ottocento [continuando quanto già citato nella pagina della navata sinistra]:

"Nella cappella di S. Benedetto le pareti laterali portano altre due cornici quadrate, della misura di cm 250 x 250 circa, impreziosite con articolate rientranze alla base inferiore e sporgenze su quella superiore. Anche queste cornici dovevano essere destinate ad ospitare altre tele.
Appena conclusa l’opera del Galante, sulle “ossature” da questi realizzate furono montati i quattro altari in marmo delle navate laterali, attribuiti al napoletano Giuseppe Bastelli. Contemporaneamente nel coro dietro l’altare maggiore furono collocate le tele della Natività di Maria e della Nascita di Gesù, almeno una datata 1755 e firmata da Alessio D’Elia (1718 – dopo il 1770). Nella cona del secondo altare nella navata di destra fu collocata la tela di S. Nicola, che anch’essa sarebbe firmata dal D’Elia e datata 1755. Alla stessa data ed al medesimo artista sono state attribuite le altre tele del Crocifisso, di S. Benedetto, di S. Michele Arcangelo, di S. Mauro che soccorre gli appestati e del Martirio di S. Placido, poste nelle cone degli altari delle cappelle e delle navate laterali. ...
Il grandioso progetto di ammodernamento iconografico dei benedettini fu purtroppo interrotto dalla soppressione dell’Ordine e del monastero, avvenuta nel 1807 per ordine di Gioacchino Murat. ...
Con la venuta degli Agostiniani calzati nel 1838, la Basilica fu finalmente riaperta al culto quotidiano. I nuovi custodi, nel riprendere l’opera di “ammodernamento” iniziata dai benedettini, si occuparono anche di riparare ai guasti seguiti alla soppressione francese ed al lungo periodo di abbandono. ...
L’arredo della chiesa si arricchì anche di una serie di otto quadri del pittore settecentesco Francesco Robortelli, che rappresentano scene della vita di Gesù, donate nel 1843 dalla baronessa di Romagnano (con l’Unità divenuto “Romagnano al Monte”), città in provincia di Salerno. Queste tele, che al tempo del Merra adornavano gli spazi vuoti sulle pareti delle navate laterali della chiesa superiore, oggi sono esposte nella ex sala capitolare. Purtroppo l’opera di arredo della chiesa fu nuovamente interrotta nel 1866 perché con l’Unità d’Italia si giunse ad una seconda soppressione degli ordini religiosi e il Santuario fu definitivamente privato del monastero. ...
Soltanto con l’approssimarsi del 1907, cinquantenario dell’incoronazione della Vergine a patrona di Andria, e grazie all’impegno del P. Lo Jodice, fu possibile finalmente portare a compimento il progetto iconografico avviato nel 1753. Per tal fine importante è stata l’opera di Tito Troja.
"

 [estratto da “Il santuario della Madonna d’Andria, tra ’700 e ’800” in “Le tele di Tito Troja nel Santuario della Madonna dei Miracoli d’Andria” di Annalisa Lomuscio, Nicola Montepulciano, Luigi Renna, Vincenzo Zito, estratto dalla "Rivista Diocesana Andriese" Anno LV - n. 3 - Settembre/Dicembre 2012, pagg. 160-162]

Sacra Famiglia, di Carlo Curci

Santa Chiara della Croce, di T. Troja

Beato Clemente e Adostino Novello, di T. Troja

San Nicola di Mira, di Alessio D'Elia

San Michele Arcangelo, di Alessio D'Elia

Beata Maria Giuseppa di S. Agnese, di T. Troja
[elaborazione elettr. su foto di. Michele Monterisi - 2010]

Tele della Sacra Famiglia

presso l'abside

La tela della Sacra Famiglia si trova nel vano della navata destra adiacente l'abside antistante la sacrestia; è firmata e datata "Carlo Curci 1898".
La tela è una estrosa interpretazione della Sacra Famiglia: su un accenno sfumato del Golgota e davanti ad una eterea croce Maria nella sua accettata sofferenza di madre, Ella crocifissa nel cuore, media tra l'umanità dimessa e in penombra espressa da Giuseppe e la emergente divinità di Gesù che, compiuta la redenzione, sale al Padre.
IL Curci (1846-dopo il 1916), pittore che ha prediletto riprodurre soprattutto paesaggi e marine, rare volte si è cimentato in opere di soggetto diverso, effondendo quasi sempre in queste ultime velate note di simbolismo.

Tela di S. Chiara della Croce di Montefeltro

Sulla parete del 6° intercolumnio della navata destra, in una cornice di stucco sagomata in basso diversamente dal quadro, è affissa una tela raffigurante Santa Chiara della Croce di Montefeltro, firmata e datata "Tito Troja 1902".

Per la descrizione della tela riporto quanto scrive Annalisa Lomuscio nel testo sotto citato "Tito Troja, un pittore al 'servizio' della fede":

"La tela, firmata e datata 1902, si trova nella navata destra, all’altezza del presbiterio, in prossimità della prima rampa della scalinata che conduce al soccorpo. Sembrerebbe essere stata malamente adattata alla cornice curvilinea in stucco, simile a quella che ospita gli altri dipinti (fatta eccezione per quello della cappella di San Benedetto); in alternativa, la tela potrebbe essere stata preparata in base a misure errate, forse a causa della difficoltà di rilevare una cornice molto articolata e posta a quella altezza sulla parete. La scena presenta, a destra, in primo piano la Santa, in vesti monacali, il velo appena mosso da un alito di vento, inginocchiata al cospetto di Gesù. Le sue braccia sono protese in avanti, i palmi delle mani rivolti verso l’alto, in atteggiamento di preghiera e di offerta; lo sguardo è estaticamente rapito dalla visione del Cristo, mentre dal cuore al centro del petto, partono raggi di luce, ognuno dei quali si indirizza verso uno dei simboli della Passione, sorretti da una schiera di Angeli. Nostro Signore, appare dalla sinistra, in tunica e mantello bianchi, ritto davanti alla Santa, su una grande nube sospesa da terra, e protende la mano destra verso di lei; il suo volto si staglia di profilo su un’aureola dorata. Alle spalle del Cristo e di Santa Chiara, sono raffigurati due Angeli. Quello biondo dietro la Santa, rivolto allo spettatore, è vestito di bianco con una cintura rossa che gli cinge la vita; sospeso anch’egli su una nuvola, ha le ali spiegate e da quasi la sensazione di voler avvolgere Chiara in un abbraccio, mentre nella destra regge un mazzetto di gigli bianchi. Quello ritratto di tre quarti, alle spalle di Gesù, bruno e vestito di rosa, ha sguardo e braccia sollevati verso l’alto. La composizione è equilibrata, giocata sulla sapiente alternanza di colori chiari e scuri e le figure sono ben distribuite nello spazio, senza dare la sensazione di affollamento; l’immagine del Cristo è, senz’altro, quella più riuscita sia per il colore e il panneggio del mantello sia per il volto, bello e solenne."

 [estratto da “Tito Troja: un pittore al “servizio” della fede” in “Le tele di Tito Troja nel Santuario della Madonna dei Miracoli d’Andria” di Annalisa Lomuscio, Nicola Montepulciano, Luigi Renna, Vincenzo Zito, estratto dalla "Rivista Diocesana Andriese" Anno LVI - n. 1 - Gennaio/Aprile 2013, pag. 169-170]

Nicola Montepulciano riprende la descrizione da un'altra angolazione, fornendoci anche alcune notizie storiche:

"Nelle sue pubblicazioni il P. Lo Jodice descrive le tele in ordine di arrivo al Santuario. La prima tela ad essere descritta è La Madonna della Consolazione o della Cintura con S. Agostino e S. Monica. ...
La seconda tela rappresenta Santa Chiara della Croce di Montefalco. Nata nel 1268, ebbe forte inclinazione per la preghiera e profonda devozione per la Passione di Nostro Signore. Entrò in monastero nel 1275 e nel 1291 ne divenne badessa. Era ammirata perché con la parola e l’esempio teneva sempre vivo un gran desiderio di perfezione. Ebbe da Dio singolari grazie mistiche, come visioni d’estasi ed anche il dono della scienza infusa grazie alla quale offrì dotte soluzioni alle più ardue questioni proposte da teologi, filosofi e letterati. Morì nel 1308. Una tradizione leggendaria riferisce che nel cuore di Chiara furono trovati i simboli della Passione (crocifisso, flagello, colonna, corona di spine, chiodi, lancia e canna con spugna) e nella cistifellea tre globi di uguale dimensione, peso e colore, disposti in forma di triangolo e pesati si vide che uno pesava quanto due, in qualsiasi combinazione, a significare il mistero della SS. Trinità. Nella nostra tela sono raffigurati i simboli descritti, sorretti ognuno da un angelo. E’ rappresentato anche un angelo che regge una bilancia, che, pur avendo su un piatto due globi e uno solo sull’altro, non si sbilancia. Questo dipinto dice P. Lo Jodice, arrivò nel marzo 1902 e fu pagata 500 lire. Complessivamente il Santuario per queste due tele spese una somma considerevole. Ora la tela si trova all’altezza dei primi sette gradini della scalinata destra che porta alla cripta. Misura m 1,55 x 2,15 circa ed è conformata escludendo la parte del lobo inferiore interno.
"

 [estratto da “ Tito Troja, pittore “Agostiniano” in Andria” in “Le tele di Tito Troja nel Santuario della Madonna dei Miracoli d’Andria” di Annalisa Lomuscio, Nicola Montepulciano, Luigi Renna, Vincenzo Zito, estratto dalla "Rivista Diocesana Andriese" Anno LV - n. 3 - Settembre/Dicembre 2012, pag. 167-168]

Il Beato Clemente presenta il Beato Agostino Novello
a Papa Nicolò IV e alla Corte Pontificia

Sulla parete del 5° intercolumnio è affissa una tela raffigurante Il Beato Clemente che presenta il Beato Agostino Novello a Papa Nicolò IV e alla Corte Pontificia; è firmata con luogo e data "Tito Troja Roma 1904".

Da Annalisa Lomuscio rileviamo la descrizione della tela:

"Il dipinto, firmato e datato 1904, è inserito in una cornice curvilinea in stucco, sulla parete fra il quarto e il quinto pilastro della navata destra. A differenza dei due precedentemente descritti, si tratta di una scena di interni. Siamo alla corte papale, l’atmosfera è solenne e raccolta; fra una schiera di porporati, il Pontefice, assiso in trono, riceve la visita dei due Beati. La sala è tappezzata di rosso cupo alle pareti, mentre il pavimento e i tre scalini che portano al trono sono rivestiti di un tappeto verde scuro. Il Papa indossa talare e cotta bianca in pizzo, mantelletta e camauro in velluto rosso bordato di ermellino bianco, stola in seta finemente ricamata; dall’orlo della veste si intravedono le punte delle scarpe, anch’esse rosse. Le braccia sono protese in un gesto di benevola accoglienza verso il Beato Agostino Novello, che, ritto dinnanzi a lui, con la gamba destra flessa e il piede poggiato sul primo gradino, porta la mano destra al petto mentre la sinistra è portata in avanti, con il palmo verso l’alto. Alle sue spalle si erge l’imponente figura di un Cardinale, in mozzetta e mantelletta, indossate sopra talare e cotta in pizzo, con il capo leggermente chino in avanti, in atteggiamento reverenziale e raccolto, il braccio sinistro lungo il corpo e la mano destra che stringe un libro. Altri due Cardinali sono rappresentati di tre quarti alla destra del Papa. Al centro della scena, alla sinistra del trono pontificio, è ritratto il Beato Clemente, pressappoco nello stesso atteggiamento del confratello. Alla sua destra ed alle sue spalle altri membri del collegio cardinalizio. In questo dipinto è notevole il realismo dei volti dei Cardinali, tanto da farmi azzardare l’ipotesi che il Troja si sia ispirato ai tratti di membri della corte papale di Leone XIII, a lui ben noti."

 [estratto da “Tito Troja: un pittore al “servizio” della fede” in “Le tele di Tito Troja nel Santuario della Madonna dei Miracoli d’Andria” di Annalisa Lomuscio, Nicola Montepulciano, Luigi Renna, Vincenzo Zito, estratto dalla "Rivista Diocesana Andriese" Anno LVI - n. 1 - Gennaio/Aprile 2013, pag. 169]

Trascriviamo dallo studio di Nicola Montepulciano le notizie storiche:

"La terza tela ha per soggetto il Beato Clemente che presenta a Papa Nicolò IV e alla Corte Pontificia il Beato Agostino Novello. Il Beato Agostino Novello nacque verso il 1240, gli fu dato il nome di Matteo, non si conosce il preciso luogo di nascita. In seguito, comunque, fu chiamato Matteo da Termini. Intraprese gli studi umanistici e si perfezionò a Bologna laureandosi in Diritto civile ed ecclesiastico. Ebbe come compagno di studi Manfredi, figlio naturale di Federico II. Questi, divenuto re di Sicilia a soli 22 anni, proseguendo lo stile governativo del padre volle portare la corte e i sudditi a periodi di grande serenità. Per questo chiamò gli uomini più colti del suo tempo, fra questi l’ex compagno di studi Matteo. Nella battaglia di Benevento del 26 febbraio 1266, dove Manfredi morì, Matteo fu gravemente ferito e, ritenuto morto, fu abbandonato sul campo. Tutto questo gli procurò tanta delusione per il crollo dei suoi ideali per cui decise di cambiare vita. Divenne frate Agostiniano col nome di Agostino a cui successivamente fu aggiunto l’appellativo “Novello” per la sua vasta cultura e l’acutezza dell’ingegno religioso al punto da essere identificato come un “novello” S. Agostino. Dopo alcuni mesi si trasferì da Palermo a Siena. Nel 1288 la comunità religiosa di Siena si vide intentare contro una causa, che rischiava di fargli perdere la proprietà del convento stesso. Fu qui che rifulse tutta la competenza di Agostino Novello, che scrisse una valida memoria difensiva, letta la quale il giudice emanò sentenza favorevole alla comunità religiosa. Il giudice stesso volle conoscere l’autore di sì valida memoria e scoprì che Agostino era stato un suo compagno di studi a Bologna. Il Priore Generale dell’Ordine Agostiniano Clemente da Osimo, saputo tutto questo, lo volle con sé a Roma e lo presentò a Papa Nicolò IV che lo nominò, tra l’altro, suo confessore. Nel 1298 fu eletto Priore Generale, ma poco dopo si dimise perché volle ritirarsi nell’eremo di San Leonardo dove morì il 19 maggio 1309. A proposito di questa tela e di quella dei Martiri Agostiniani del Giappone, il priore Lo Jodice testualmente riferisce: “Questo quadro, come quello degli Undici Martiri Agostiniani del Giappone, è un ricordo del mio Giubileo Sacerdotale”, cioè un regalo al Santuario per il suo 50° anniversario di Sacerdozio, che cadeva nel 1904, essendo stato ordinato il 1° aprile 1854 e per questo le due tele recano la data del 1904. La tela è collocata sul confessionale della navata destra."

 [estratto da “ Tito Troja, pittore “Agostiniano” in Andria” in “Le tele di Tito Troja nel Santuario della Madonna dei Miracoli d’Andria” di Annalisa Lomuscio, Nicola Montepulciano, Luigi Renna, Vincenzo Zito, estratto dalla "Rivista Diocesana Andriese" Anno LV - n. 3 - Settembre/Dicembre 2012, pag. 168-169]

Tela di San Nicola di Mira

Sulla parete del 4° intercolumnio, nella dossale dell'altare in marmi policromi di Giuseppe Bastelli è incastonata una tela raffigurante San Nicola di Myra; è un dipinto firmato e datato dal pittore Alessio D'Elia (1718 - dopo il 1770, data della sua ultima opera) sull'alzata in ombra del secondo gradino "A D'Elia P 1755".
La Prof. Domenica Pasculli Ferrara nel Dizionario Biografico degli Italiani (Volume 36), nella pagina pubblicata online da Treccani su "D'Elia, Alessio", così scrive:

"Ascendenze dal De Mura [Francesco], ma soprattutto un certo marattismo [Carlo Maratti, 1625-1713] rivela il dipinto della Sacra Famiglia dell'Annunziata di Capua, firmato e datato 1754. ... ... Della stessa materia cromatica e analogo compositivamente è il S. Nicola di S. Maria dei Miracoli ad Andria, firmato e datato 1755 (D'Elia, 1964, p. 88). Tale soggetto è una felice sintesi dei miracoli del santo più noti e più diffusi iconograficamente in Terra di Bari. Delle numerose opere di questa chiesa, tradizionalmente assegnate al D'Elia, sono da ascriversi sicuramente a lui, oltre a quelle firmate e datate 1755 - la Natività di Gesù, Natività di Maria, Incontro fra la regina di Saba e Salomone -, anche S. Michele arcangelo, il Martirio di s. Placido e S. Mauro e gli appestati."

Il D'Elia ha raffigurato nella tela tre dei miracoli più importanti che la tradizione attribuisce a San Nicola (ca.250 - ca. 326).
Il Santo, con la mitra mentre un puttino gli regge il pastorale, si eleva in cielo, sottraendo per i capelli un giovane marinaio barese (con coppa nella destra e piatto nella sinistra) dalla prigionia e schiavitù dei Turchi;
in basso a sinistra tre splendide fanciulle sono in atteggiamento di gratitudine verso il Santo che, con tre palle (sacchetti di monete) d'oro, qui portate dall'angelo alla sua sinistra, impedisce al loro padre di destinarle alla prostituzione;
infine in basso a destra tre bambini, già uccisi e messi sotto sale in un tinozza dall'oste di una locanda donde il Santo passava, vengono da lui miracolosamente resuscitati.

Nel 3° intercolumnio c'è il cappellone dedicato a S. Benedetto
a cui è riservato uno studio separato.

Tela di San Michele Arcangelo

Nel dossale dell'altare marmoreo del 2° intercolumnio è incastonata una tela raffigurante S. Michele Arcangelo, che, come abbiamo ricordato descrivendo la tela di S. Nicola, è anch'essa attribuita dalla critica ad Alessio D'Elia.

L'Arcangelo, in sembianze molto giovanili, indossa la classica armatura dei "principes" dell'esercito romano: un elmo piumato sull'apex e paragnatidi, un clipeo - scudo tondo con incisa la scritta "Quis ut Deus?", una lunga lancia con la quale atterra Lucifero, una corazza di cuoio con placca metallica in vita e delle corte gambiere.
Sopra di lui alcuni putti tra nuvole simboleggiano la serenità del paradiso, mentre, in un'atmosfera sempre più cupa e rossastra man mano che si scende presso Lucifero e gli altri ribelli, domina in basso il fuoco dell'Inferno, nel quale questi ultimi vengono emarginati.

Beata Giuseppa Maria di Santa Agnese

Sulla parete del 1° intercolumnio c'è la tela raffigurante La Beata Giuseppa Maria di Sant’Agnese; è firmata e data in basso a destra"Tito Troja 1908".

Così descrive questa tela Annalisa Lomuscio nello studio sotto citato:

"La scena è costruita su tre piani. Nel primo, sulla sinistra, è raffigurata la Beata spagnola dell’ordine agostiniano, in abiti monacali, il volto estaticamente rapito dalla visione del Cristo, fra rovi e sassi nell’atto di accogliere, con le braccia aperte e i palmi rivolti verso l’alto, quasi in atteggiamento di preghiera, la croce che il Cristo, ritto al centro del dipinto, dalla destra, le porge. Sullo sfondo una processione di fedeli o, forse meglio, di anime che si dirigono verso la Luce. La scena in primo piano appare ben delineata nelle forme e nei colori; prevalgono le tinte scure dell’abito della Beata, del terreno e degli arbusti e tutto è reso con grande realismo. La figura di Gesù è invece avvolta in una luce chiarissima proveniente dalla destra in alto del dipinto; essa mette in evidenza la grande croce che divide diagonalmente la scena dandole profondità – in realtà la croce è, a mio avviso, l’elemento dissonante del dipinto, apparendo sproporzionata nelle dimensioni rispetto alle figure, in particolare a quella del Cristo che la sostiene. In questa parte della scena i colori sono chiari: verde per il prato, rosso per la veste di Gesù, giallo ocra per la croce. Alle spalle del Cristo, la scena racchiusa in un’aura dorata, presenta, avvolte da nubi, figure umane appena accennate (anime purgate?), definite più dalla luce che dal disegno; tutte abbracciano una croce e si dirigono in una lunga fila ordinata verso un passaggio luminoso collocato in lontananza: la porta del Paradiso (la scritta IANUA COELI che corona la porta è appena leggibile).
La Beata Giuseppa era stata canonizzata nel 1888, appena vent’anni prima della realizzazione del dipinto, proprio da papa Leone XIII, il committente di tante opere del Troja. Di lei si racconta che pregava in particolare per le anime del Purgatorio, che era in continua contemplazione della Passione di Gesù e che durante le processioni penitenziali, procedeva a piedi scalzi, portando sulle spalle una croce, sul capo una corona di spine ed una corda al collo. Il Troja ha ben tradotto, nello spazio pittorico, questi aspetti dell’esperienza religiosa della Beata, confermando la buona vena narrativa che la critica gli attribuisce.
"

 [estratto da “Tito Troja: un pittore al “servizio” della fede” in “Le tele di Tito Troja nel Santuario della Madonna dei Miracoli d’Andria” di Annalisa Lomuscio, Nicola Montepulciano, Luigi Renna, Vincenzo Zito, estratto dalla "Rivista Diocesana Andriese" Anno LVI - n. 1 - Gennaio/Aprile 2013, pagg. 166-167]

Notizie storiche dettagliate ci rinvengono dallo studio di Nicola Montepulciano:

"Per quanto riguarda le altre due tele del Troja si sono rinvenute notizie sul n. 13 del periodico La Vergine dei Miracoli pubblicato tra maggio e ottobre 1907, quando le celebrazioni del 50° anniversario della Incoronazione della Immagine della Madonna erano concluse. Scrive il P. Lo Jodice: “Due cornici in stucco aspettano ciascuno una tela. Ambedue saranno lavoro di un distinto pittore della scuola romana, saranno collocate appena pronte”. Siamo nel mese di ottobre 1907, quasi a fine anno, e le tele dovevano ancora arrivare. Non cita l’autore, ma dalla firma che si può leggere in fondo alle tele sappiamo essere di Tito Troja e, dalla lettura della data, dipinte nel 1908. Sono dedicate a due beati Agostiniani spagnoli. Una rappresenta l’allora beato, oggi Santo, Alfonso de Orozco (1500-1591) in ginocchio dinanzi alla SS. Vergine. ...
L’altra tela arrivata nel 1908 è quella dedicata alla Beata Giuseppa Maria di Santa Agnese (1625-1696). Nacque da povera famiglia e rimasta orfana di padre in tenera età fu accolta da suo zio; crebbe devota alla Madonna e dedita alla recita del Santo Rosario. A 18 anni entrò in monastero, lasciato il nome di battesimo Giuseppa Teresa, volle chiamarsi suor Maria Giuseppa di Santa Agnese. Comunemente, però, era chiamata Madre Agnese, in spagnolo “Ines”. Era umilissima. Nel tempo libero fabbricava corone del Rosario. La sua comunità aveva l’abitudine di fare tre processioni di penitenza l’anno: il mercoledì santo, il 2 novembre e durante il carnevale. Ebbene, la Beata procedeva sempre per ultima e a piedi scalzi, portando sulle spalle una croce. Morì il 21 gen. 1696. Nella tela è rappresentata nell’atto di ricevere da Gesù la croce e scalza fra piante spinose. Anche questa tela presenta le stesse misure dell’intera specchiatura. La tela della B. Maria Giuseppa di S. Agnese è la prima della navata destra appena si entra, quella del B. Alfonso de Orozco è la prima della navata sinistra. Quindi, sono una di fronte all’altra.
Come si è detto innanzi, questa tela ricorda alquanto la descrizione di un quadro del Nostro fatta dal Bruzzone: “Dipinse un gran quadro che doveva raffigurare la via dei cieli: un lungo viale perdentesi nell’azzurro infinito e una stella brillante dolcemente; quadro di una delicatezza e di un tono eccellente”. Alcune caratteristiche di questo “gran quadro” sono riscontrabili nella tela di S. Agnese. In un arco azzurro posto in alto vi è una porta o una stella dalla quale promana una luce bianco celeste. Questa disegna un lungo viale sul quale transitano molte anime con una croce verso la porta o la stella. Sull’arco, circondato da un delicato color giallo-oro, v’è una scritta a stento visibile a occhio nudo, JANUA COELI, Porta del Cielo. Perciò il lungo viale disegnato dalla luce bianco-celeste rappresenta la via dei cieli.
... ... ... Per quanto riguarda la tela della B. Maria Giuseppa di S. Agnese, il Priore Lo Jodice ci fa comprendere che è del 1908; infatti, la data, invero un po’ sbiadita, la si può rilevare con una ravvicinata attenta osservazione in basso a destra della tela, accanto alla firma dell’autore. Lo stesso Priore, poi, ci dice anche che l’opera è dedicata alla Beata Maria Giuseppa, in spagnolo S. Ines. Però la targa posta a fianco della tela dopo un restauro porta il titolo di Apparizione di Cristo Portacroce a S. Chiara della Croce e indica la data del 1903. Alla luce di quanto riferito da p. Lo Jodice e dall’esplorazione diretta della tela ne consegue che titolo e anno indicati nella targa sono errati, per cui la stessa andrebbe sostituita.
"

 [estratto da “ Tito Troja, pittore “Agostiniano” in Andria” in “Le tele di Tito Troja nel Santuario della Madonna dei Miracoli d’Andria” di Annalisa Lomuscio, Nicola Montepulciano, Luigi Renna, Vincenzo Zito, estratto dalla "Rivista Diocesana Andriese" Anno LV - n. 3 - Settembre/Dicembre 2012, pag. 170-172]