fonti storiche, cenni

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Il Palazzo Ducale

Fonti storico-descrittive letterarie ed iconiche - cenni

La Cattedrale, il Palazzo Ducale e l'antistante recinto della Corte La Cattedrale e il Palazzo Ducale attuali con la maschera del 400
[Nel particolare della tavola "Cristo benedice Andria" del "400, il “Vallei veteris” del nostro palazzo ducale-castris potrebbe essere la corte nel recinto merlato raffigurato davanti al lato sud della Cattedrale
a destra: la "maschera" del Quattrocento su Cattedrale e Palazzo Ducale di una ripresa del 2021 - elab. elettr. su foto dipinto: Sabino Di Tommaso, 2011]

La prima immagine disponibile del Palazzo Ducale in Andria ci perviene da una tavola dipinta ad encausto nel terzo quarto del Quattrocento, tavola facente parte del grandioso Reliquiario un tempo esposto alla venerazione dei fedeli nel cappellone di S. Riccardo della Cattedrale di Andria. Rappresenta la Città distesa ai piedi del Cristo Benedicente:  a destra, presso la maestosa Cattedrale, è ben visibile non contiguo, l'austero Palazzo Ducale, a mo' di alta e grande fortezza sormontata da un torrino, dominante insieme al sacro edificio sul borgo cinto di turrite mura (foto sopra a sinistra).

Lo spazio-corte antistante il lato sud della Cattedrale ed ovest del Palazzo Ducale appare recintato da una difesa merlata; tale corte con difesa nel medioevo era chiamato col termine del tardo latino Valleum, Balleum, e con altre simili trasformazioni fonetiche e morfologiche del termine (Ballium, bagghium... fino a nnandǝ a u vàgghǝ del dialetto locale).

Antonio Di Gioia, nel lavoro sotto citato riporta lo stralcio di un documento del 1° febbraio 1454 (visto nel “Fondo G. Ceci” della Biblioteca Comunale di Andria, cartella 2, f. 7.2 - da Sommaria della Pandetta Nuova: vol.422, n.2489, fogli 10 e seguenti); esso nell’incipit descrive elementi inerenti la struttura del Palazzo Ducale che giustificherebbero l’interpretazione della costruzione merlata raffigurata nel dipinto del Quattrocento come recinto di protezione antistante il Palazzo. Scrive il Di Gioia:

«Il documento riguarda una controversia, insorta tra il vescovo di Andria e di Montepeloso, fratre Antonello ed il clero andriese da una parte e D. Francisci de Baucio duca di Andria ed alcuni nobili rappresentanti dell’Università di Andria, dall’altra parte, relativa all'esenzione dal pagamento di alcune gabelle, rivendicata dal clero.
Il 1° febbraio 1454, regnante D. Alfonso di Aragona, Francesco Caputo di Andria, giudice ai contratti del Regno di Sicilia, per regia nomina, Antonio Macabeus di Andria, notaio per regia nomina del Regno di Sicilia, D. Pietro Perrensis, dottore in legge sacra e per grazia della sede apostolica vescovo di Ruvo, esecutore e commissario incaricato dalla Santa Sede, insieme si recarono di persona
ad Palatium Illustris Ducis Andrie situm et positum intus dictam Civitatem Andrie in loco Vallei castris veteris iuxta maiorem Andriensem Ecclesiam, via pubblica mediante, et alios confines, ubi ingressi in Camera magna dicti Palatii invenimus dictum Dominum ...” ...»

[tratto da "ANDRIA IL CASTELLO E LE MURA", di Antonio Di Gioia, Mario Adda editore, Bari, 2011, pp. 92-93].

Una precisazione relativamente importante.
Da un’accurata analisi del citato testo latino (ipotizzando che sia stato ben trascritto dall’istrumento) risulterebbe che ad essere “veteris” [in latino, genitivo di “vetus” = vetusto] non era il “castris” [dativo/ablativo di “castra” = castello], ma il “Vallei” [genitivo del tardo-latino “Valleum” = corte con difesa]; il latino inoltre usa interporre, come in questo caso, tra il nome “Vallei” ed il relativo attributo “veteris” il complemento di riferimento “castris”.
Questa parte del testo quindi non va tradotto “nel luogo denominato Vaglio del castello vecchio”, ma “nel luogo detto dell’antica corte con protezione al castello”;
il documento in definitiva evidenzia che le tre autorità, il giudice, il notaio e il vescovo si recano al Palazzo dell'Illustre Duca di Andria eretto ed ubicato [situm et positum] in detta Citta di Andria nel luogo detto della vetusta corte con protezione di accesso al castello presso la Chiesa maggiore [Cattedrale] di Andria, facendo intendere che ad essere vetusto [forse anche nel significato di usurato (e quindi non più protettivo, tanto da essere poi eliminato, come appare nella veduta di Cassiano de Silva di fine Seicento)] non è il castello ma il suo accesso protetto.

Inoltre il testo afferma che i suddetti notabili si recarono al Palazzo Ducale “via pubblica mediante, et alios confines”, il quale inciso, pur essendo una formula di rito, farebbe intendere che la suddettaVallei castra veteris”, vetusta corte del castello, non immettesse solo nel Palazzo Ducale ma desse sull’ingresso laterale della Cattedrale (alios confines) appena richiamata, ingresso a quel tempo probabilmente riservato al Duca quando partecipava dal tronetto alle cerimonie sacre più solenni (tenendo anche presente che il nuovo ampio presbiterio [del 1494] non era stato ancora realizzato e quindi certamente non esisteva dal Palazzo una “finestra” di accesso sul baldacchino del tronetto ducale).


Pietà com M. Maddalena, particolare di S. Riccardo con il modello di Andria
[particolare di S. Riccardo con il modello di Andria nella tavola della "Pietà con M. Maddalena", inizio "500 - foto della Pinacoteca di Bari]

reperto scultoreo presso Castel Del Monte, stemma dei Del Balzo
[stemma dei Del Balzo
trovato presso Castel Del Monte
foto di Sabino Di Tommaso 2004]

Un'altra immagine del Palazzo Ducale quattrocentesco quasi contemporanea alla precedente è rilevabile da un particolare della tempera su tavola della " Pietà con Maria Maddalena", un tempo affissa nella chiesa di Santa Maria Vetere di Andria e dal 1928 esposta nella sala III della Pinacoteca Provinciale di Bari (foto a destra).
In questo dipinto, da alcuni detto d'inizio Cinquecento (ma, per il campanile della Cattedrale ancora fermo al primo registro, è per me classificabile non oltre il terzo quarto del Quattrocento), realizzato, scrivono (nella scheda della sovrintendenza in Pinacoteca), da Costantino da Monopoli (morto nel 1513) o da un seguace di Baldassarre Carrari (1486-1516), la Città di Andria posata sul braccio sinistro di San Riccardo presenta sia la stessa prospettiva, sia molte analogie strutturali, con quella dipinta sulla tavola del Cristo benedicente. Il Palazzo Ducale, raffigurato a destra della Cattedrale (con essa posto immediatamente sotto la mano destra del Santo), è, come nell'altro dipinto, riprodotto a forma di alta e possente torre, nettamente staccato dalla Cattedrale.

Inoltre, all'epoca dei Del Balzo (il Tre-Quattrocento) alcuni studiosi assegnano il primo piano di quella parte del Palazzo detta "cerniera", in quanto affianca, con uno stesso muro comune, la rimanente struttura tardo rinascimentale con il presbiterio della Cattedrale.
Allo stesso periodo  attribuiscono anche il portale est del cortile, che attraverso un vestibolo si raccorda con l'ingresso di via Vaglio, e l'arco a tutto sesto (reso purtroppo basso e tozzo per l'innalzamento del piano del cortile, duvuto ad esigenze fognarie) che introduce, attraverso la scala Nord, agli ambienti più antichi contigui alla Cattedrale, tra i quali la pregevole sala del tronetto (le tre foto subito sotto).

Gli ambienti della "cerniera" si trovano ad un livello differente dagli altri, forse perché, costruiti successivamente, erano "vincolati" all'accesso creato sul baldacchino del tronetto baronale eretto in Cattedrale. L'architetto Grazia Maria Roberto, nella sua tesi di laurea pubblicata nel 2001, al riguardo scrive:

... Sicuramente quella parte di Fabbrica, contigua alla Cattedrale [foto sotto a sinistra] e così architettonicamente differente dall'intero Palazzo Ducale, è la dimostrazione di quanto è stato ipotizzato: fu lasciata tale [dai Carafa] perché garantiva il collegamento del Palazzo alla Cattedrale, infatti uno degli ambienti corrispondenti a questa sezione di prospetto è la ‘stanza del Tronetto’, lo stesso Tronetto che il Capitolo della Cattedrale aveva donato alla contessa Beatrice D'Angiò in cambio della Sacra Spina.
Il motivo per cui, diversamente dalle altre parti preesistenti, questa sezione non venne inglobata nella nuova Fabbrica e quindi non subì alterazioni stilistiche, potrebbe essere quello di non avere stesse quote di piani: infatti questa zona è servita da un corpo-scala facente parte sicuramente della vecchia struttura, in quanto presenta caratteristiche tipiche dello stile Medioevale [foto sotto al centro], solo successivamente adattata a servire i piani della nuova Fabbrica. Condizione questa che i nuovi committenti, ossia i Carafa, hanno mantenuto pur di assicurare il collegamento della propria Residenza con la Cattedrale.

[tratto da "Palazzo Ducale di Andria", di Grazia Maria Roberto, edito nel 2001 a cura della Regione Puglia C.R.S.E.C. BA/3, pp. 17-18].

L’arch. Vincenzo Zito, nello studio sotto citato, da un suo accurato esame del dipinto e della pianta del Palazzo del 1847, nonché dai relativi apprezzamenti architettonici e strutturali, trae le seguenti differenti conclusioni.

“Esaminando con attenzione la tavola del Redentore si è visto che il palazzo dei Del Balzo non è “attaccato” alla Cattedrale, come comunemente si crede e si afferma, ma da questa ne è leggermente distaccato. Questa constatazione è confermata dall’esame della pianta del piano terra del palazzo di cui alla perizia del 1847.

Piano terreno del Palazzo Ducale in una perizia del 1847
[Piano terreno del Palazzo Ducale in una perizia del 1847 - pianta riportata dalla Roberto nel testo citato, tav.13]

Pianta piano terra del 1847, part. adiacente la Cattedrale
[Fig.7 - Pianta piano terra del 1847, part. adiacente la Cattedrale]

Impronta orientativa della Cattedrale e della Torre del Balzo su cartografia del 2003
[Fig.3 - Impronta orientativa della Cattedrale e della Torre del Balzo su cartografia del 2003]

Dall’esame di questi documenti si vede bene come il corpo di fabbrica attaccato alla Cattedrale, che comunemente è ritenuto la parte residua del palazzo dei Del Balzo [in nota: Da ultimi Roberto 2001, p.19 e Di Gioia 2011, p.96.], in realtà occupa uno spazio che in passato doveva essere un’intercapedine tra la Cattedrale e il Palazzo Ducale.
Gli spessori murari più massicci, adeguati alla dimensione del Palazzo Ducale, seguono un percorso diverso e distano pochi metri dal confine con la Cattedrale. Questa particolarità è stata rilevata anche da Roberto (2001, p.22) che però non approfondisce la questione. Ne consegue che il corpo di fabbrica che salda il Palazzo Ducale alla Cattedrale, a lungo impropriamente creduto resto del palazzetto dei Del Balzo, dev’essere stato costruito in tempi successivi, probabilmente dopo la costruzione del palazzo dei Carafa, al fine di chiudere la stretta intercapedine che si era formata nel 1494, dopo la costruzione del presbiterio.
Il fatto che la facciata di questa parte sia arretrata dalla facciata principale del palazzo si spiega come un abile espediente, messo in atto dall’architetto costruttore, per non alterare la simmetria del palazzo. Parimenti lo sfalsamento dei piani rispetto al palazzo si spiega perché a questa parte aggiunta si accede attraverso i pianerottoli intermedi della scala.
... ... ...

Si è visto che le uniche notizie di una certa affidabilità risalgono alla fine del XV ed alla metà del XIX secolo. Si tratta, cioè, della tavola del Redentore e della pianta allegata alla perizia del 1847.
Sulla base di questi due documenti è possibile azzardare una prima ipotesi ricostruttiva delle dimensioni che il palazzo ha avuto agli inizi del rinascimento. A quella data il corpo principale del palazzo, a forma di torre, occupava lo spigolo nord-ovest dell’attuale sito ed era distaccato dalla Cattedrale. Le dimensioni in pianta non erano molto diverse dalla larghezza del transetto della Cattedrale.
Di questo palazzo ne sopravviverebbero parzialmente, a livello del piano terra, solo i due lati prospicenti la Cattedrale e la piazza, identificati in fig. 7) di p. 17 [riprodotta qui a sinistra], rispettivamente con le lettere a) e b). Il lato b), in particolare, corrisponde a quel segmento di facciata che è l’unico ad essere intonacato di tutta la facciata del palazzo su piazza La Corte. L’impronta complessiva della torre è stata orientativamente indicata in fig. 3) di p.13 [riprodotta qui a destra].

[tratto da "Il castello normanno-svevo di Andria", di Vincenzo Zito, edizione dell'autore, 2012, pp. 13, 17, 35-37, 55].

Resti precedenti la costruzione tardo rinascimentale
[antiche vestigia: la cosiddetta "cerniera" presso la Cattedrale, l'ingresso all'antica scala Nord, il portale est del cortile - elab. elettr. su foto di Sabino Di Tommaso]


Nei sotterranei, come anche in alcuni ambienti del piano terra e del nobile, si possono individuare particolari strutture murarie (foto subito sotto) che invitano a riconoscere la preesistenza di un poderoso fabbricato, sul quale l'edificio è sorto inglobandone alcune strutture portanti. Nell’esempio fotografato, in molti punti, fino a circa due metri d’altezza i muri sono realizzati in pietra locale per poi proseguire in tufo calcarenile.

A tal proposito Grazia Maria Roberto, a pag. 17 del testo citato afferma:

Quel che stupisce nell’analizzare questi grafici di rilievo non è tanto la distribuzione degli ambienti, ma la loro forma, ed inoltre lo spessore della muratura esterna e soprattutto di quella interna. Ci sono infatti parti di muratura dello spessore di 2 metri che si ritrovano anche al piano nobile, zone in cui la muratura segue l'andamento stradale diventando più spessa ed altre zone in cui diventa tale in modo ingiustificato creando dei veri e propri terrapieni o caratterizzando vere e proprie parti di struttura. Tale spessore e tale composizione di muratura, però, non trovano giustificazione in un'epoca (seconda metà del cinquecento, periodo di edificazione del Palazzo Carafa) nella quale lo stato difensivo non richiedeva alcuna forma di fortificazione ed i palazzi presentavano una muratura che al primo piano poteva raggiungere al massimo gli ottanta centimetri.
Queste osservazioni, fondate su dati più reali quali il rilievo e l'analisi della muratura anche in alcuni punti raggiungibili dei sotterranei, rafforzano l'ipotesi argomento di questo capitolo, cioè quella della preesistenza di una Fabbrica nel luogo in cui sorge il Palazzo Ducale dei Carafa e che probabilmente, a conferma della descrizione quasi immaginaria di Ernesto Affatato, è stata per alcune sue parti inclusa nella stessa Fabbrica giustificando così la presenza di queste particolari strutture murarie.

Palazzo Ducale: fondazioni del lato Nord (Catuma)
[particolari delle fondazioni presenti nei sotterranei del lato Nord (Catuma) - elab. elettr. su foto di Sabino Di Tommaso - 19/05/2004]


A metà Cinquecento (1552) il Palazzo Ducale, già appartenuto e abitato dai Del Balzo fino al 1487, e poi per più di mezzo secolo residenza di duchi spagnoli, diviene proprietà della nobile famiglia Carafa, nella persona del Conte di Ruvo Fabrizio.
Venendo i Carafa ad abitare in Andria decisero di ristrutturare ed ingrandire il Palazzo Ducale, così da renderlo una splendida residenza in stile Tardo Rinascimentale.

Come potesse essere su Largo La Corte il prospetto del Palazzo Ducale residenza dei Carafa è possibile immaginarlo osservando le incisioni della città inserite in due testi del tempo (particolari sotto riportati): in quello essenzialmente odeporico di Gio: Battista Pacichelli pubblicato nel 1703 “Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci Provincie...”, e in quello turistico-commerciale di Cesare Orlandi del 1772 “Delle Città d’Italia e sue isole adjacenti compendiose notizie sacre, e profane”.

Palazzo Ducale: fondazioni del lato Nord (Catuma)
[Il Palazzo Ducale nel Sei-settecento, visto nelle incisioni di Francesco Cassiano de Silva e di Carlo Murena (tratte dai due testi citati nella pagina)]

particolare di Andria in un affresco del chiostro di S. Maria Vetere
[particolare di Andria in un affresco del chiostro di S. Maria Vetere, dipinto a fine Settecento
foto di Sabino Di Tommaso, 11/2017]

Nel particolare dell'affresco (riprodotto a lato) realizzato a fine Settecento nel chiostro di S. Maria Vetere, oltre le antistanti case e a destra della Cattedrale, emergono i piani superiori del Palazzo Ducale, molto più alto dell’edificio sacro e con un prospetto corrispondente all’attuale.

Largo La Corte è stata fino all’Ottocento la piazza più importante di Andria: essa era il fulcro della vita della Città. Come appare nelle su riportate incisioni ambedue gli artisti hanno scritto (1) quali strutture sorgessero intorno alla piazza: il centro del potere civile, il Palazzo Ducale, affiancato dal Vescovato e Seminario con l’annessa Cattedrale, emblema del potere religioso, e, nei pressi, il “sedile”, simbolo del governo amministrativo. Ma tale raffigurazione è possibile leggerla anche nella tavola quattrocentesca riprodotta ad inizio pagina; pure lì emergono dette costruzioni: La Cattedrale, il Palazzo Ducale e il recinto della sua Corte esterna, il quale ultimo, in quella prospettiva da Sud, potrebbe individuarsi nella costruzione merlata antistante la Cattedrale.

Nella incisione di Cassiano de Silva (quella di sinistra) tra il Palazzo e la Cattedrale si nota il passaggio coperto che metteva in comunicazione largo La Corte con Largo Catuma, passaggio allora esistente sotto la parte di “aggancio” alla Cattedrale, che è correttamente incisa rientrata e con il livello delle finestre più basso rispetto alle altre. Nell’insieme, il prospetto del Palazzo su questa piazza illustrato nelle due incisioni, tenendo presenti gli schematismi e le semplificazioni proprie di tali riproduzioni in quel tempo, è sostanzialmente identico all’attuale.

Nel Seicento Gian Battista Pacichelli è stato più volte in Andria e di essa ne parla in tre suoi scritti, in una lettera del 17 febbraio 1682 inserita nelle sue “Memorie de’ viaggi per l’Europa Cristiana”, in un’altra lettera del 25 Ottobre 1686, inserita nelle “Memorie novelle de' viaggi per l’Europa Cristiana", e nel su citato "Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci Provincie...”.
A pagina 54 della lettera del 1686 indirizzata all’abate Francesco Battistini, raccontando del suo soggiorno in Andria, a proposito del suo arrivo al Palazzo Ducale scrive:

La sera di martedì ... si rinvenne col P. Ab. Costanzo (2) nel palazzo Ducale; ... Il Segretario nondimeno, che mi havea conosciuto à Parma ... mi fè veder quel palazzo, ch’è grande, in isola, di pietre Proprie del paese ampia sala, e trè comodi quarti in piano, in un de’ quali alloggiato havea il sig. Marchese de los Velez Vice Rè nel ritorno da Bari, Scuderia di cinquanta bizzarri Cavalli di quelle razze, comodità sopra, un giardino contiguo alle stanze, di dove un corridore coverto porta nel Vescovado, custode del Corpo del primo Vescovo S. Riccardo spedito da S. Pietro Aposto[lo], posseduto con esempio da Monsignor Alessando d’Egitio, in età di 95. anni.

Il Pacichelli ci fa presente un dato architettonico importante: “un giardino contiguo alle stanze, di dove un corridore coverto porta nel Vescovado”.
Al tempo della suo soggiorno, nel 1686, dal giardino contiguo al Palazzo (dalla corte antistante il medesimo, forse ancora recintata) attraverso un corridoio coperto si perveniva nell’Episcopio; detto corridoio doveva essere quello di confine tra Cattedrale e Palazzo Ducale la cui copertura probabilmente era stata realizzata dai Carafa nella ricostruzione e poi mantenuto efficiente fino a metà Settecento (vedi pianta sottostante).

Ricostruzione del Palazzo Ducale nei secc.XVI-XVII, su disegno di G.M.Roberto
[Ricostruzione del Palazzo Ducale nei secc.XVI-XVII - elab. elettronica sulla base del disegno della Roberto nel testo citato, p.28]

Il magistrato andriese Riccardo Colavecchia (del quale si avvale l'Orlandi per descrivere la Città di Andria nella citata sua opera “ Delle Città d’Italia e sue isole adjacenti compendiose notizie sacre, e profane”) nella sua accurata analisi e relazione sulla storia, la vita civile ed economica, le "Fabbriche" di rilievo e i "fatti degni di special ricordanza", alla "Fabbrica" del Palazzo Ducale dedica solo un breve elogiativo pensiero.

Rispetto alle Fabbriche, la maggior parte delle Case fino al primo appartamento nella facciata esteriore sono costrutte di sassi vivi, ben lavorati, e bianchi; ed il secondo, e terzo di bianco tufo, che si taglia, a cava dalle Miniere frequenti, ed abbondanti di tal materiale, il quale è di natura cedevole, ed atto aprendere qualunque forma; ma esposto all’aere, o freddo, o caldo, s’indurisce al paragon delle pietre. Sono anche notabili le profondissime, e spaziose Cantine, che rendono questa Città tutta vuota al di sotto. ...
La Fabbrica pure del Palazzo Ducale costrutto in forma d’una piccola Reg[g]ia, dimostra la magnificenza, e il buon gusto.


Una veduta del Palazzo Ducale, della Cattedrale e degli altri eleganti edifici che successivamente, a metà Ottocento, ornavano questo centro della vita civile e religiosa di Andria è stata mirabilmente dipinta nel 1851 da Achille Vianelli.

"The Main Square" (la piazza più importante) di Andria - dipinto di Achille Vianelli del 1851, Metropolitan Museum of Art, New York
["The Main Square" (la piazza principale) di Andria - dipinto di Achille Vianelli del 1851, Metropolitan Museum of Art, New York]

Nel bellissimo dipinto riprodotto sopra, esposto al Metropolitan Museum of Art di New York [consultazione 2016] e raffigurante "The Main Square" ("Vianelli Piazza di Andria 11 giug. 1851"), cioè Piazza La Corte, si possono infatti agevolmente osservare sia alcuni particolari architettonici del Palazzo Ducale, del Duomo e dell'allora antistante Monastero delle Benedettine, che diversi elementi della vita quotidiana condotta in questo slargo quando l'artista Achille Vianelli lo dipinse (utilizzando penna e inchiostro bruno, pennello e acquerello marrone, e ripassando i tratti principali con la grafite).

Sul lato sinistro dell'acquerello, di fronte al palazzo ducale, un edificio mostra sulla facciata un grande emblema: abolito praticamente dai primi dell'Ottocento l'antico "sedile o seggio" (ambiente riservato all'adunanza dei nobili), era probabilmente la sede in cui si svolgevano alcune funzioni amministrative della Città.

Scriveva Riccardo D'Urso nel 1841:

"Il magnifico edifizio di questo palazzo Ducale, vuole la tradizione che sia stato sulle prime una rocca, un castello. Certo è chè fu sempre la signorile Magione de’ varii Dominanti di questa Città sin dai prischi tempi. La famiglia del Balso lo dilatò assai; e poi la Carrafa lo ridusse a quella forma che vediamo. Esso poggia nel sito migliore della Città, spettacolato da tre larghi, in faccia ai quali di antica pompa grandeggia. Presenta un doppio magnifico ingresso ne’ due opposti portoni sporgenti l’uno nel largo della Corte, e l’altro in quello del Vaglio. Di questo palazzo un sol lato non venne rifatto dalla Casa Carrafa, ed è quello che guarda la porta del Castello dirimpetto al Coro del sacro Duomo. Questo lato offre alcune indicazioni e non so se di mano Normanna, o piuttosto Gotica.
[In nota a largo La Corte, il D'Urso aggiunge:] Questo largo porta la indicazione della Corte dacché anticamente nella fine di ogni anno qui si radunavano i magistrati, ed amministratori urbani, e davano conto ai subentrati, ed al popolo del loro governo, e della loro gestione nell’esercizio del passato anno. Essendo riserbati gli ufficii amministrativi ai soli due ceti nobile, e civile (classificandosi il popolo Andriese in triplice ordine patrizio, o sia nobile, civile e plebeo), si praticava con stretta osservanza per un anno la elezione del Sindaco col corpo amministrativo dal ceto dei nobili, e per l’altro anno dal ceto de’ civili; e così sempre alternativamente: e siccome le piazze erano distinte, cosi distinti ancora erano i luoghi de’ loro congressi. Il sedile de’ nobili era in questo largo della Corte; sebbene ora trovasi convertito in privata abitazione, ed io anche ricordo le sue reliquie. Il sedile poi de’ civili era accanto alla porta della Barra, a destra dell’uscita. Li esiste ancora la impresa della Città, che venne poi ne’ tempi posteriori affiancata da quella della Ducale famiglia del Balso; come il tutto è osservabile. Questo largo dunque detto della Corte, venne così chiamato, dacché quivi si esercitavano le funzioni di Corte, cioè del governo Amministrativo, e Giudiziario."

[da "Storia della Città di Andria" di R. D'Urso, Tip. Varana, Napoli, 1842, libro III, cap.V, pp. 59-60.]

Undici anni dopo la su ammirata acquerellata del Vianelli, l'8 aprile 1862, per le difficoltà economiche la famiglia Carafa dovette cedere l'intero stabile ai due fratelli Onofrio e Pasquale Spagnoletti.

Prospetto del palazzo ducale in largo La Corte - disegno di Antonio La Torre 1921 (al Seminario)
[Prospetto del Palazzo Ducale in largo La Corte - disegno di Antonio La Torre 1921 (esposto in Seminario)]

Racconta Grazia Maria Roberto nelle pagine 41 e 42 del suo citato lavoro:

"Dal giorno in cui la famiglia Spagnoletti si aggiudicò l'intero Palazzo, diventandone proprietaria, fino alla prima metà del XX secolo, l'edificio divenne oggetto di modifiche che, vista la loro consistenza, stravolsero l'architettura originaria con uno stile Neo Rinascimentale tale da ingannare gli occhi più esperti.
Le modifiche più consistenti furono effettuate nei primi vent'anni a partire dalla data di aggiudicazione dell'intero Palazzo. Esse si resero necessarie per poter dividere il Palazzo in due parti di uguale superficie da attribuire rispettivamente ai due fratelli Spagnoletti, Onofrio e Pasquale. Questa divisione fu studiata in modo tale che entrambi i proprietari avessero l'affaccio su Piazza La Corte e su Via Vaglio e che ad ognuno spettasse una metà del cortile. All'interno di questo, per procedere alla sua divisione, si realizzò un imponente muro, cii altezza pari alla quota di calpestio del piano nobile e che, partendo dal lato a sinistra dell'androne, arrivava alla sinistra dell'ingresso alla Cappella. ...
La divisione del cortile richiese modifiche importanti: infatti Don Pasquale Spagnoletti, al quale spettava la parte di Palazzo alla sinistra del portale, guardando il prospetto su Piazza La Corte, non poteva, entrando dall'ingresso di Piazza La Corte, accedere ai propri appartamenti. Si ritenne quindi indispensabile garantire un secondo ingresso all'edificio che corrispondesse all'entrata padronale della parte di Palazzo che è stata sopra indicata.
L'intervento interessò la zona dello stallone e del supportico e quindi il prospetto verso la Piazza Catuma. È da supporre che la scelta fosse condizionata da un fattore estetico, in quanto il nuovo portale poteva essere ammirato già dalla Piazza, e da un fattore funzionale, poiché dal punto di vista distributivo quella era la parte di edificio che più si prestava a tale modifica. II risultato consistette in un portale d'ingresso simile a quello già esistente su Via Vaglio, quindi a colonne scanalate poggiate su alte basi, con capitelli che ripropongono il tema floreale e, a coronamento, un balcone del piano nobile con balaustra. ...
Lo sventramento di questa parte di piano terra non poteva escludere il piano nobile, privandolo conseguentemente di un altro elemento di prestigio, ossia il giardino pensile ed il retrostante terrazzo delle cucine."

Palazzo Ducale a fine Ottocento: su largo La Corte in un dipinto, su largo Catuma in una foto
[Palazzo Ducale a fine Ottocento. Prospetti: - su largo La Corte in un dipinto a fresco "trompe-l'œil"; - su largo Catuma (la parte interamente costruita da Pasquale Spagnoletti) in una foto d'epoca di pubblico dominio]

NOTE

(1) Nell'incisione originale di Francesco Cassiano de Silva gli edifici hanno a fianco un riferimento letterale o numerico, che richiama la relativa parola scritta nella sottostante nota; nella parziale riproduzione posta in questa pagina, per semplicità di lettura, le parole scritte nella nota dell'incisione sono state trascritte fedelmente nell'immagine, presso i relativi edifici.

(2) I documenti ufficiali riportano però come abate dal 30 dicembre del 1685 al 28 aprile 1687 P. Vincenzo da Napoli, né immediatamente prima o dopo si trova alcun abate Costanzo; tanto si rileva da "Contributo alla cronotassi abbaziale del mosastero di S. Maria dei Miracoli di Andria", di Faustino Avagliano in "La Madonna d'Andria" di AA. VV., Grafiche Guglielmi, Andria, 2008, pag. 218.


[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]