La fondazione della città

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Andria

Escursione nella città dall’anno Mille al Milleseicento


La fondazione della città

Ing. Riccardo Ruotolo


Credo che non sia possibile individuare il tempo della fondazione della città di Andria, o meglio, del villaggio Andre; penso che non ci sia un tempo che possa essere assunto come nascita del primo nucleo della città di Andria.

Per dare lustro a moltissime città dell’Adriatico, da Adria nell’alto Adriatico ad Andria e fino a Brindisi, gli storiografi locali hanno sempre trovato il modo di affermare e giustificare che la loro città fosse stata fondata da Diomede. Anche gli storici andriesi dell’Ottocento hanno sostenuto questa tesi, interpretando a loro modo passi di antichi storici come Strabone, costruendo erronei ragionamenti su quanto riportato nella Tabula di Peutinger, asserendo anche che Andria non era altro che l’antica Netium, e tante altre ipotesi non suffragate da alcun documento storico.

Il Canonico professore Michele Agresti (1), nella sua opera “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi dalle origini sino all’anno 1911 – Vol. I” edito dalla Tipografia Rossignoli di Andria nel 1911, così si esprime parlando dell’antichità di Andria:
Tanto certe fragilior traditio erit, quanto contendetur esse vetustior (Certamente il racconto sarà tanto più debole quanto tenderà ad essere più antico).
Riguardo poi le notizie riportate da tanti storici locali sulla fondazione di Andria, afferma: La discrepanza degli autori, circa l’origine della nostra città e della istituzione della sede vescovile, è tale, da far venire la febbre terzana……. Alcuni fan nascere Andria ai tempi di Diomede, e non mancano di quelli che vanno sino ai tempi neolitici!....Altri, invece, la fanno nascere dopo il mille dell’era volgare, e ne attribuiscono la sua origine a Pietro Normanno….. Taluni le danno un’importanza di primissimo ordine, tali altri la confinano in un piccolo casale, soggetto a Trani….. Che dire poi della istituzione della Sede Episcopale e del suo primo vescovo? Alcuni asseriscono essere stati il Principe degli Apostoli e suo fratello Andrea i primi a portare la fede di Cristo in Andria; altri ciò negano, per la semplicissima ragione, che Andria, a quell’epoca, non esisteva …. Né meno contraddittori si mostrano poi gli storici nell’assegnare l’epoca del primo Vescovo di Andria (S. Riccardo) facendolo rimontare al secolo V, sotto Papa Gelasio I, altri al secolo XIII, sotto Papa Adriano V…. Insomma buio su tutta la linea, contradizioni ad ogni passo.

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Le ricerche archeologiche di tipo superficiale, estese a tutto il territorio andriese, che nel secolo scorso sono state fatte da studiosi dell’Università agli Studi di Bari (come il prof. Donato Coppola (2)) e da laureande (3), i reperti trovati sia superficialmente (in gran quantità) sia a seguito di scavi (anche se quest’ultimi di poca entità), ci dicono che molti erano i piccoli insediamenti antichi sparsi sul nostro territorio; per citarne alcuni: Monte dei Tremiti, Monte Faraone, Monte Santa Barbara, Monte Cocuzzo, Torre della Guardia, Contrada Sgarantiello, e tanti altri ancora. Erano insediamenti umani del primo millennio a.C., qualcuno anche di età neolitica, però, ancora non ci è dato conoscere né la loro estensione né l’epoca più precisa della loro formazione.

All’inizio, gli abitanti della maggior parte di questi insediamenti vivevano in capanne ed anche in grotte che, in terreni costituiti da calcareniti, facilmente si formavano, modellate dall’acqua e ingrandite dall’uomo; poi, lo sviluppo dell’agricoltura e la presenza dell’acqua fecero raggruppare gli insediamenti umani e si vennero a formare vari Villaggi, Borghi, Vichi e Casali di cui abbiamo notizie documentali a partire dall’anno 843.

Sull’antichità delle abitazioni umane nel nostro territorio oggi possiamo affermare solo questo. Mi auguro che si possa giungere ad effettuare, con la competenza delle Soprintendenze, una seria ed estesa campagna di raccolta di reperti ed anche di scavi se necessario, finalizzata a conclusioni il più possibile aderenti a quelle che erano le estensioni degli insediamenti umani nel nostro territorio a partire dall’epoca del Neolitico.

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Per un approfondimento sulla storia di Andria, penso che bisogna iniziare le ricerche dalla prima storia abbastanza completa della città scritta, anzi manoscritta, nell’ultimo decennio del Settecento dal Prevosto Pastore (4) dal titolo “Memoria dell’Origine, Erezione e Stato della Colleggiata Parocchial Chiesa di San Nicola della città d’Andria”.

Narra il Pastore: Circa l’anno 1042 di nostra salute, cadde in sorte a Pietro (5) uno dei primi conquistatori, la contea di Trani, con tutti quelli Casali, Terre e Villaggi, che la formavano. Si estendeva ella nel suo circuito circa miglia cinquanta, ed in tale ampiezza si vedevano eretti quattro cospicui Villaggi, abitati da numerose Genti, si ché ognun di essi formava in se un popolo notabile… Il quarto cospicuo Villaggio, che componeva la Contea di Trani, lontano da questa puranche miglia sette, sito nel continente a mezzogiorno, egli era quello, che si appellava Andria, eretto sopra un basso, ma ameniss.o Colle, sull’erto del quale si ergeva una ben forte, altiss.a Torre, fabbricata da Longobardi alla gotica,... accanto della qual Torre si ergeva un Tempio proporzionato al numero degli abitanti di esso Villaggio, che andava dedicato all’Apostolo S. Andrea.

Continua il Pastore: All’intorno di questi villaggi è da sapersi che si vedevano esserci moltissimi Casali, Borghi, e Vichi di picciole estensioni, e che abitati venivano da Genti di numero proporzionato alle loro grandezze, contenendo in se quello di cento, tre, quattro, e cinquecento persone, li quali erano di pertinenza a’ principali Villaggi, siccome questi di pertinenza a Trani; e ognun de’ quali distinto andava col nome di qualche Santo, da cui vantava la protezione, e tenevano il proprio tempio per adorarlo, e per l’esercizio della Religione; talché nell’ampiezza del territorio appartenente al Villaggio di Andria se ne contavano cinquanta e più: siccome oggi giorno ancora ne appaiono li di loro avanzi ed i nomi.

Mi sono chiesto: queste notizie riportate dal Pastore riguardanti l’esistenza nel territorio andriese di Villaggi, Borghi, Vichi e Casali, hanno avuto un riscontro nella ricerca storica e archeologica fatta a tutt’oggi?
La risposta è affermativa.

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Nell’ambito delle iniziative culturali promosse in occasione della IX settimana dei Beni Culturali e Ambientali, la Sezione dell’Archivio di Stato di Trani, l’Archivio Diocesano e la Biblioteca Comunale, sempre della città di Trani, dal 10 al 22 dicembre 1993 organizzarono presso il palazzo della cultura della loro città una mostra di Pergamene e libri antichi coll’intento di sottoporre all’attenzione di tutti il pregevole patrimonio documentario e bibliografico che la città di Trani e l’Archivio di Stato di Napoli conservano. Sono, infatti, di notevole interesse storico, oltre che paleografico e diplomatico, le preziose pergamene conservate nell’Archivio Diocesano di Trani, in parte già pubblicate, altre inedite ed esposte al pubblico per la prima volta; la loro importanza storica è data soprattutto dal fatto di costituire la fonte diretta e sicuramente attendibile delle vicende storiche di Trani e delle località vicine gravitanti nell’orbita della Diocesi tranese.

Visitando la mostra ho approfondito quanto riportato dagli storici locali dell’Ottocento, e quasi toccato con mano e con gli occhi le carte che riportavano le notizie riguardanti il territorio andriese: la pergamena dell’anno 843 pubblicata da Prologo (6) e quelle pubblicate da Francisco Trinchera (1810-1874) (7) in Napoli nell’anno 1865 nell’opera “Syllabus graecarum membranarum”.

Nella pergamena dell’anno 843 è riportato il nome della località “Tremodie” (Trimoggia, dove è costruito il Santuario del SS. Salvatore, nei pressi del Gurgo), e in essa si parla di un certo Lazzaro, figlio di Adriano, che fa un lascito di terreno alla Chiesa di Santa Maria nel villaggio di Tremodie.

In una pergamena dell’anno 915 d.C., pubblicata dallo studioso tranese Beltrani (8) e conservata nell’Archivio del Duomo di Trani, si cita un documento dell’anno 881, in cui è riportato il nome di un abitante del loco Andre: è la prima volta che viene scritto e documentato l’esistenza di un loco, nel significato di villaggio, che porta il nome Andria.

In un’altra pergamena, riportata nella “Chronica Monasterii Casinensis” – Libro I – Autore Leone e pubblicata in “Monumenta Germaniae Historica”, si legge: ... in Andre vineas et olivas; in rivo qui dicitur De monacho, curtem ...; ed ancora, in una pergamena dell’anno 1000 pubblicata nel “Syllabus graecarum membranarun” di Francesco Trinchera si legge: et in civitate tranensis, et in villam que est de civitate ipsa que cognomitur andre. vinee deserte et olivetalie biginti septem. et in ipso rivo qui vocatur de ipso monacho territorie.

Tutto ciò, senza ombra di dubbio, attesta l’esistenza del villaggio Andre, il cui nome oggi è Andria, fin dal decimo secolo e documenta anche l’esistenza, già nel IX secolo di altri villaggi nei dintorni.

Queste notizie sul villaggio Andre che poi diventa città, sono ormai storia, ne hanno parlato tutti gli storici locali che hanno approfondito la ricerca, concordando con quanto riferito inizialmente dal Prevosto Pastore. Certo non tutto quello che riporta il Pastore è da prendere per acclarato e documentato, basta ricordare che egli ritiene che San Riccardo (9), primo grande Vescovo di Andria, è giunto nella nostra città nel V secolo, quando invece è stato documentato che il Santo venne in Andria soltanto nella seconda metà del secolo dodicesimo.

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Pertanto, nell’XI secolo, all’epoca del normanno Pietro I, esisteva il villaggio chiamato Andre ed era collegato, come dipendenza amministrativa, alla città di Trani. Inoltre, esistevano nel territorio di Andria molti Villaggi, Casali, Vichi e Borghi, ciascuno con la Chiesetta del Santo protettore e ciò è confermato sia dai reperti archeologici (frammenti ceramici rinvenuti in superficie in loco) che in moltissime località si trovano, sia dalle relazioni delle “Visite ad limina(10) dei Vescovi, conservate negli archivi del Vaticano.
Basta ricordare che molte contrade del territorio andriese conservano ancora il toponimo del Santo cui era dedicata la propria Chiesetta, come: S. Mauro, S. Lizio, Santa Terella, Santa Barbara, Santa Croce, Santissima Annunziata, San Candido, San Ciriaco, San Leonardo, Santa Lucia, Sant’Agostino, Santa Maria in Chiancola, San Martino, San Marzano, San Nicola, San Nicola la Giardia, San Pietro, San Potito, SS. Salvatore o Madonna di Trimoggia, San Simeone, San Tommaso, San Valentino, San Vittore.
C’erano anche i villaggi Cicaglia (sulla sponda sinistra della Lama della Valle di Santa Margherita), Monte dei Tremiti, Monte Cocuzzo, Pozzo Sorgente, Sgarantiello (a Sud-Ovest della Chiesetta di Santa Lucia), Quadrone, Monte Faraone, Torre della Guardia, Tavernola, Bagnolo (dietro Castel del Monte), Borduito, Casadangelo, Lama di Carro ed altri in cui si sono trovati in superficie reperti di ceramica domestica, anche se solo in frammenti, attestanti la presenza dell’uomo in epoche che vanno dall’alto Medioevo fino all’età romana e, in alcuni casi, fino all’epoca neolitica (R. Ruotolo “Andria escursione nel territorio”. Grafiche Guglielmi, Andria 2011).

Oltre alle indicazioni rilevabili dalle pergamene conservate negli Archivi e databili dall’anno 843 all’anno 1000, per la presenza di Vichi, Casali, Borghi e Villaggi nel territorio andriese, si può far riferimento anche all’autorevole fonte delle “Visite ad limina” che i Vescovi della Diocesi di Andria hanno compilato, e continuano a redigere, attestanti lo stato in cui le Chiese della Diocesi si trovano, lettere che sono tutte trasmesse al Vaticano che le conserva nei suoi archivi.

Dalla Visita ad limina” del 29 gennaio 1700 di Mons. Andrea Ariano, Vescovo di Andria (dal 14 gennaio 1697 al 17 agosto 1706) apprendiamo che:
La città di Andria, posta a settentrione dei confini pugliesi, distante quattro miglia dal mar Adriatico, si circonda di mura per un miglio. È sede episcopale tuttavia senza diocesi; confina con la diocesi di Trani, alla quale è suffraganea … . La Chiesa Cattedrale, intitolata all’Assunzione della Beata Maria Vergine, si trova nella zona leggermente alta della città verso il mare; le è adiacente l’angusta abitazione del palazzo episcopale.
In essa si conservano moltissime importanti reliquie, soprattutto il corpo di S. Riccardo, primo vescovo della Città, ma anche, tra le altre importanti, una parte della Croce ed una spina della corona di Cristo Signore. Al Capitolo della Cattedrale, che è l’unica chiesa parrocchiale, spetta la cura dei fedeli di tutta la città, la quale contiene circa seimila cinquecento anime, cioè circa 100 ecclesiastici secolari, 160 ecclesiastici regolari, gli altri laici, dei quali quasi 4500 idonei alla Comunione.
C’è l’insigne Collegiata Chiesa intitolata a S. Nicola, la quale coadiuva con la Cattedrale nella cura delle anime …
Un’altra Collegiata esiste fuori le mura, intitolata alla SS. Annunciazione ed anche recettizia …
Le Chiese e le cappelle entro e fuori le mura sono 45, inclusi nove Monasteri, dei quali:
il 1° è dell’ordine dei Predicatori, entro le mura; il 2° degli Osservanti di S. Francesco, fuori;
il 3° dei Minori Conventuali di S. Francesco, dentro; il 4° degli Agostiniani, dentro;
il 5° dell’ordine di S. Benedetto della Congregazione Cassinese, fuori;
il 6° dei Cappuccini, fuori;
il 7° di S. Giovanni di Dio, nell’Ospedale;
l’ 8° dei Carmelitani, che attualmente si edifica ed in esso intanto c’è un solo Sacerdote con un professo;
il 9° è il Monastero delle Monache con la Regola della Congregazione Cassinese di S. Benedetto, che vivono non in perfetta comunità, ma similmente, ponendo in comune quanto possiedono …
La cura delle anime attualmente è da esercitasi in modo vago e confuso dal Capitolo (della Cattedrale) …

Molte ed interessanti sono le notizie che questa “Visita ad limina” ci fornisce circa il numero delle Chiese entro e fuori la mura.

Anche Mons. Giuseppe Ruotolo (11), Vescovo di Ugento e Santa Maria di Leuca, nella sua opera “Il volto antico di Andria Fidelis” a pagina 80, nel capitolo “I Casali di Andria”, parla diffusamente dei Villaggi, Vichi, Borghi e Casali sparsi nel territorio di Andria, ciascuno con la sua Chiesetta del Santo protettore.

Che sul sito dove ora è la città di Andria ci fossero vari casali, soprattutto nelle zone a Sud e Sud Ovest, che sono più esposte al sole e sono anche più vicine all’acqua dell’antico flumen Aveldium (12), zone i cui terreni sono ricchi di grotte, ormai, come innanzi abbiamo documentato, è una verità storica accettata da tutti.

L’Architetto Ettore Bernich (13) e lo storico e archeologo Arturo Hasseloff (14), che ispezionarono e rilevarono la Cripta della Chiesa Cattedrale nel 1904, hanno affermato che la stessa è stata realizzata non prima del VII sec. (per la presenza di un capitello corinzio di epoca bizantina) e non più tardi del X secolo e che la Cattedrale, edificata sulla Cripta, nella sua primitiva estensione, fu realizzata prima del 1069 quando morì la principessa Emma, figlia di Goffredo Conte di Taranto (figlio di Pietro I e fratello di Pietro II detto Pietrino), perché nella vicinanza di un pilastro, tolto l’intonaco, nel 1779 fu scoperto il tumulo della Principessa, come afferma il Bernich nella sua relazione.

Pertanto, possiamo concludere che il villaggio chiamato Andre esisteva prima dell’anno Mille e molti erano i casali, borghi, vichi e piccoli villaggi che esistevano nei suoi dintorni e, soprattutto, sparsi sul vasto territorio di appartenenza.


NOTE    _

(1) Agresti Michele
Agresti Michele (1852-1916) fu Canonico del Capitolo Cattedrale, professore di lettere, musicista e storico. La su opera storica più significativa e corposa è “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi - dalla origine sino all’anno 1911”, pubblicata negli anni 1911-1912 dalla Tipografia Francesco Rossignoli di Andria. L’opera è in due volumi e contiene anche delle appendici, intitolate: “Il Duomo di Andria e le altre Chiese figliali della Cattedrale”, “La Sacra Spina che si venera in detto Duomo e i suoi prodigi” e “Gli uomini più illustri appartenenti al Capitolo Cattedrale”.

(2) Coppola Donato
Nato ad Ostuni, Donato Coppola si è sempre occupato, in qualità di ricercatore universitario, di Paletnologia e campagne di scavo in diversi luoghi dell’Italia Meridionale e della Grecia. È stato ricercatore universitario della II Università di Roma dove ha tenuto lezioni per l’insegnamento di Paletnologia presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Vergata.
Ha partecipato e coordinato, in rappresentanza della Soprintendenza alle Antichità della Puglia, gli scavi condotti in varie zone archeologiche della Puglia, collaborando anche alle ricerche dirette dal Prof. Biancofiore dell’Università di Bari.
Nel territorio di Andria ha studiato diversi insediamenti neolitici, riportati in “Atti della XXV Riunione Scientifica I.I.P.P.“, Monopoli, pp.179-192.

(3) Laureande
Le laureande Anna Pini e Giuseppina Pappalepore, ricercatrici della facoltà di lettere con indirizzo archeo-logico dell’Università di Bari, nelle loro Tesi di Laurea dal titolo “Forma Italiae – Andria” dell’anno accademico 1972-1973, hanno trattato degli insediamenti neolitici e pre-romani nel territorio di Andria individua- ti a seguito di ricerche superficiali sui terreni.

(4) Prevosto don Giovanni Pastore
Il titolo di Prevosto «prepositus», oggi non più in uso da noi, era dato a chi in una Chiesa aveva le funzioni di Parroco. In Andria, nella Cattedrale di S. Maria Assunta c’era l’Arciprete in funzione di parroco, in San Nicola, che era la seconda Chiesa per importanza della città, vi era il Prevosto. Inoltre, in Cattedrale vi era il Capitolo che non è altro che una riunione di sacerdoti «presbiteri» che assistono il Vescovo, e anche nella Chiesa di San Nicola vi era una unione di sacerdoti che, per distinguerla da quella della cattedrale, si chiamava Collegiata.
Il Prevosto Giovanni Pastore era canonico della Collegiata di San Nicola. Nacque il 21 gennaio 1715 e morì nel 1806 all’età di 91 anni mesi 2 e giorni 21, come scritto a margine del suo manoscritto “ Memoria dell’Origine, Erezione e Stato della Colleggiata Parocchial Chiesa di San Nicola della città d’Andria” redatto nell’ultimo decennio del Settecento, opera che Sabino di Tommaso, con un pregevole lavoro di traslitterazione, ha pubblicato sul suo sito Andriarte. Il Pastore scrisse anche una storia della città di Andria dal titolo “Storia manoscritta o descrizione della città di Andria”, il cui manoscritto, mai pubblicato, oggi è di difficile reperimento.

(5) Pietro 1° il normanno
Sotto la guida di Guglielmo Braccio di Ferro e degli altri figli di Tancredi di Altavilla, tutti provenienti dalla Normandia, nell’anno 1042 a Melfi fu stabilito che la Puglia, una volta sottratta ai bizantini, doveva diventare normanna e fu suddivisa in dodici Contee: quella di Trani toccò a Pietro, consanguineo della grande famiglia normanna degli Altavilla. Però, bisognava liberarla dai longobardi e bizantini, e per farlo, visto che Trani era una città fortificata, ci furono assedi e battaglie. Nel frattempo Pietro, per costituire una forza d’urto munita di molti uomini, decise di fortificare i principali villaggi tutt’intorno alla città di Trani: Barletta, Bisceglie, Corato e Andria. Questa strategia fu vincente e Trani fu sottratta ai Bizantini.
Nella tradizione popolare a Pietro I il normanno, per la sua imponente statura, fu affibbiato il soprannome di Pietrone mentre per suo figlio, chiamato anch’egli Pietro, fu coniato il soprannome di Pietrino.
Durante il periodo in cui governò la sua Contea, favorì la stesura di quello che si considera il più antico codice marittimo del Mediterraneo di tutto il Medioevo, gli “Ordinamenta et Consuetudo maris edita per consules civitatis Trani”, conosciuto come “Gli Statuti marittimi di Trani”.

(6) Prologo
Arcangelo di Gioacchino Prologo fu un uomo erudito, critico e storico della città di Trani, ed è ricordato soprattutto per aver pubblicato “Le carte che si conservano nell’Archivio del Capitolo metropolitano della città di Trani (dal IX secolo fino all’anno 1266)”, con i tipi di Valdemaro Vecchi. La più antica pergamena è dell’845 ed è questa il primo documento del IX secolo che parla di un villaggio nel territorio andriese.

(7) Trinchera Francisco
Francisco Trinchera (Ostuni 1810 – Napoli 1874) fu sacerdote, patriota, intellettuale, liberale e riformatore. Aderì alla carboneria e si formò soprattutto a Napoli dove pubblicò la maggior parte delle sue opere e dove, per la vita non proprio cristiana del clero, “abbandonò la veste sacerdotale” . Per le sue idee rivoluzionarie fu più volte arrestato ma, successivamente, grazie alla sua amicizia con Carlo Troya, ebbe incarichi di rilievo nell’ambito degli archivi di stato. Fu sovrintendente e direttore degli Archivi napoletani e collaborò con i Ministeri nell’ambito della gestione e riordino degli archivi di stato. Tra le sue molteplici opere, in Terra di Bari viene ricordato soprattutto per aver reso accessibili a tutti le pergamene del Duomo di Trani, che del nostro territorio contengono tanta storia, con la pubblicazione del “Syllabus graecarum membranarum …….” che contiene anche le pergamene degli anni 1000, 1011 e 1032 che parlano di Andria. Il Trinchera ha anche pubblicato in Napoli nel 1866 l’opera intitolata “Codice aragonese o sia lettere regie, ordinamenti ed altri governativi de’ sovrani aragonesi in Napoli”.

(8) Beltrani
Giovanni Battista Beltrani (1848-1932) fu un attento storiografo tranese e ispettore ai monumenti della Provincia di Bari. Le sue opere, i saggi, i suoi manoscritti, sono conservati sia nella biblioteca comunale “Giovanni Bovio” di Trani sia nella biblioteca “Santa Teresa dei Maschi – De Gemmis” di Bari dove si trova- no in ben 72 faldoni dei suoi scritti. Suoi studi significativi sono le trascrizioni di pergamene e atti conservati nell’archivio della Cattedrale di Trani e relative alla storia della sua città.

(9) San Riccardo
Sulla venuta in Andria di S. Riccardo gli ultimi studi, a partire da quello del Vescovo Mons. Giuseppe Ruotolo nella sua opera “Il volto antico di Andria Fidelis” pagg. 74 e seguenti, hanno accertato e documentato che il Santo è stato in Andria nella seconda metà del secolo XII. A tal proposito si possono consultare anche le opere di studiosi quali Pasquale Barbangelo “Andria nel Medioevo – Da locus romano/longobardo a contea normanna”, pagg. 111-124, edito dalla Tipografia Guglielmi di Andria nell’anno 1985; il discorso del Vescovo di Andria Mons. Giuseppe Lanave tenuto nella Chiesa Cattedrale di Andria il 15 settembre 1985 e pubblicato nello stesso anno nel volumetto “Alla scoperta del volto di S. Riccardo”; Pietro Petrarolo nella sua opera “Andria dalle origini ai nostri tempi”, pag. 31; Vincenzo Schiavone “La Cattedrale di Andria e S. Riccardo nel loro tempo” pagg. 83-103, saggio contenuto nell’opera “San Riccardo protettore di Andria”. Una esauriente trattazione documentata sul Vescovo Riccardo è sviluppata da Antonio Di Gioia nella sua opera “Andria il castello e le mura”, Adda Editore, Bari 2011, pag. 88.

(10) Visite ad limina
Il “limes” romano segna il confine, il limite di una proprietà, di un campo o di un periodo, e la parola italiana “limine” sta ad indicare anche una soglia, che è pur sempre un limite, un confine. Nel campo ecclesiastico la “Visita ad limina” o “Visita ai sacri limini” o “Visita ad limina apostolorum” sta ad indicare l’incontro periodico che tutti i Vescovi devono fare in Vaticano sia per illustrare con una relazione lo stato in cui si trovano le Chiese delle loro Diocesi, i Conventi, gli organismi laici di beneficenza e tutto ciò che la Diocesi possiede come patrimonio, sia per esporre gli eventuali problemi di cui la Diocesi soffre e dei rimedi adottati o da adottare per risolverli. Con “limina apostolorum” si indicano le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, esistenti nelle rispettive Basiliche, che i Vescovi in pellegrinaggio dovevano onorare quando si recavano in Vaticano per illustrare la loro relazione periodica al Papa.
Questa pratica fu stabilita nel Concilio di Roma dell’anno 745.; successivamente, a poco a poco, andò in disuso e non più osservata. La pratica riprese vigore nel 1585 con Papa Sisto V che ripristinò l’obbligo di tali visite e venne successivamente riconfermata dal Papa Benedetto XIV nel 1740 con cadenza triennale. Dal 1909 la periodicità è stata portata a cinque anni.

(11) Ruotolo Mons. Giuseppe
Mons. Giuseppe Ruotolo, nato in Andria il 15 novembre 1898, fu ordinato Sacerdote nel 1922. Laureato in Diritto presso l’Apollinare in Roma ed anche in Teologia e Filosofia, fu vicerettore e professore nel Seminario Regionale di Molfetta. Prevosto della Chiesa di San Nicola in Andria, fu nominato Vescovo di Ugento nel 1937, a soli 39 anni e, a quell’epoca, era il più giovane Vescovo d’Italia. Ha retto la sua Diocesi fino al 1968 e lo stesso anno è entrato come novizio a far parte dei frati trappisti nell’Abbazia delle Tre Fontane in Roma dove, nel 1970, morì serenamente. Ha dedicato la sua vita alla Diocesi ed agli studi di storia e filosofia. Durante il suo episcopato fece cambiare il nome della Diocesi, non più di Ugento, ma di Ugento e Santa Maria di Leuca nel cui Santuario fu sepolto per sua volontà testamentaria.
Molte sono state le sue opere, tra le quali “Sant’Agostino e il problema del Male” del 1929; “La conversione di Sant’Agostino” del 1930, “La Filosofia della Storia e la «Città di Dio»” del 1933; “Il valore scientifico della Storia” del 1933; “Ricordo di Andria Sacra” del 1933; la “Diocesi di Ugento – Sinodi dal 1942 1 1952” edito da Cantagalli di Siena; “Ugento – Leuca – Alessano. Cenni storici e attualità” e “Leuca” editi da Cantagalli di Siena; “Il Monachesimo dalle origini a S. Bernardo” pubblicato dalla tipografia dell’Abbazia di Casamari nel 1969; “l’abbazia delle tre fontane” pubblicata postuma nel 1972. Il suo lavoro storico che gli andriesi hanno molto appezzato è stato “Il volto antico di Andria «Fidelis»” pubblicato in Chieri nel 1945 dallo Stabilimento lino-tipografico di G. Martano e, in edizione anastatica, ripubblicato nel 1990 dalla famiglia Ruotolo in occasione del ventennale della sua morte, dalle Grafiche Guglielmi di Andria.

(12) Flumen Aveldium
Il “flumem Aveldium” è un corso d’acqua riportato nella cosiddetta “Tabula di Peutinger”, (documento cartografico copia dell’originale del quarto secolo d.C.), che scorreva nel nostro territorio, con origine dalle Murge del Nord-barese e foce ubicata tra le città di Bardulos (Barletta) e Turenum (Trani). Oggi il letto dell’antico fiume è sede dell’attuale “Gran Canale Ciappetta Camaggio”. La Tabula giunta fino a noi è una copia medievale ed è conservata nella Biblioteca Nazionale di Vienna. Questi argomenti sono trattati nella mia pubblicazione del 2011: “Andria, escursione nel territorio”, edito da Grafiche Guglielmi di Andria.

(13) Bernich Ettore
Ettore Bernich (Roma 1850 – 1914) è un architetto italiano di origine svizzera che ha lavorato a Roma e a Napoli come sovrintendente. Specialista nel campo del restauro delle chiese medievali, di cui conserviamo numerose ricostruzioni grafiche e rilievi di monumenti religiosi.
In occasione della venuta in Puglia dell’Imperatore di Germania Guglielmo II, fu incaricato di affiancare l’archeologo e storico tedesco Arturo Haseloff nella ricognizione da effettuare nella Cripta della Cattedrale di Andria alla ricerca delle tombe delle Imperatrici Jolanda di Gerusalemme ed Isabella d’Inghilterra, mogli di Federico II di Svevia. La relazione e i disegni che il Bernich effettuò sul posto, furono pubblicati sulla rivista “Napoli Nobilissima” del 1904 di cui era collaboratore. Il Bernich non si espresse circa l’appartenenza, delle ossa ritrovate, alle due mogli di Federico II.

(14) Haseloff Arturo
Artur Haseloff (Berlino 1872-1955) è stato un famoso archeologo e storico dell’arte medievale a cui, in occasione della visita che l’Imperatore Guglielmo doveva effettuare in Puglia, visitando i luoghi legati a Federico II di Svevia, fu dato incarico dal Governo tedesco di ispezionare la Cripta della Cattedrale di Andria, insieme all’architetto italiano Bernich, per ricercare e mettere in luce le tombe delle due Imperatrici mogli di Federico II che erano state sepolte in Andria e che la tradizione popolare voleva sepolte nella Cripta del Duomo. Dopo che la Cripta fu liberata quasi completamente da rottami di vario genere e dai cumuli di ossa umane, dato che per molto tempo era stata usata come ossario, l’Haseloff e il Bernich potettero scendere per ricercare le tombe per cui erano venuti. L’Haseloff, nella sua relazione pubblicata nella rivista “Rassegna Pugliese di scienze, lettere ed arti” n. 7-8 del 1905, afferma che la Cripta gli parve una “misera costruzione” e nessuna decisione fu assunta riguardante le due Imperatrici sveve.