"La porta detta “della Barra” si apriva al termine della via e nei pressi della piazza omonima, in corrispondenza dell’incrocio con le scalette che portano su via Palestro, quindi molto vicino al centro dell’alveo della lama che lambisce la città, dalla quale aveva inizio la strada per Minervino e l’entroterra murgiano. Si potrebbe ipotizzare che questa porta sia stata aperta in sostituzione di Porta Santa, quando quella fu chiusa per edificarvi la chiesa, dal momento che entrambe sono rivolte verso la via Traiana e l’entroterra ... Porta la Barra è l'unica della quale conserviamo la documentazione più antica. Essa infatti è stata raffigurata nella veduta inserita ai piedi della nota Tavola del Redentore, realizzata probabilmente durante la signoria di Francesco II Del Balzo nella seconda metà del XV secolo ... In questa veduta la porta è inserita in una torre merlata con piombatoio in asse, il tipo più diffuso di porta medievale, senza le antemura citate dal Pastore, ... Successivamente la porta è stata raffigurata nelle due piante settecentesche in nostro possesso ... . Nella pianta del Murena, in particolare, la porta è inserita in una torre merlata."
[testo tratto da "L'antica Porta del Castello di Andria" di V. Zito, 2a ed. dell'Autore, 2014, pagg.26-29]
La porta, con la caratteristica caditoia di stle angioino, simile a quella costruita sull'ingresso al Castello dei Badiali a San Nicola delle Tremiti (foto a lato), sorgeva tra l'attuale via Palestro e vicolo Porta la Barra; queste due stradine infatti nel crocicchio s'inerpicano con una serie di gradoni più o meno ripidi (come può osservarsi nelle foto riportate sotto), mentre il livello stradale prima e dopo di esse rimane pressoché inalterato con lieve pendenza verso l'antistante piazza.
Il Borsella, nel suo "Andria Sacra", parlando di Federico II nel capitolo sul Duomo, a proposito di questa porta scrive:
"Non omettiamo che nell’entrata dell’antica porta di questa Città detta della Barra sonovi ben rilevate due imprese, l’una ad onore della casa dei Balzi esprimente la stella raggiante, e l’altra, che mostra lo stemma del Comune, cioè il leone coronato, che si rampica ad una quercia, vi si vede l’epoca del 1544. Notiamo pure, che abolito il Feudalismo, venne tolta una lapide, che accordava al Barone il dritto d’esigere un dazio sui cereali chiamato giumella [misura corrispondente a quanto può essere contenuto nel cavo delle mani unite], ed anche pei liquidi."
[tratto dal libro di Giacinto Borsella, "Andria Sacra", edito a cura di Raffaele Sgarra, Tip. Francesco Rosignoli, 1818, pag. 108]
Vincenzo Zito, nell'ottimo studio su citato, richiama il Borsella e poi fornisce alcuni particolari documentati delle vicende storiche della Porta, fino alla sua demolizione.
“Verso la metà dell’800 sulla facciata della porta erano ancora visibili due stemmi, uno con l’arma dei Del Balzo e l’altro, datato 1544, con quello dell’Università ... . Quest’ultimo probabilmente è quello che attualmente si trova collocato sull’ingresso della sala consiliare nella sede comunale il quale reca lo stemma di Andria con l’epigrafe “ANDRIA FIDELIS” seguita, per l’appunto, dalla data 1544 ... . Forse la presenza di questi stemmi stava ad indicare interventi di riparazione o di ricostruzione effettuati sulla porta. Fino all’abolizione della feudalità era presente anche un’epigrafe che segnalava il diritto del feudatario di esigere un dazio sui cereali, chiamato giumella, ed uno sui liquidi ... .
Secondo alcuni appunti del Ceci, la porta sarebbe stata ricostruita verso il 1787 ... , notizia verosimile in quanto, ... in quel periodo quasi tutte le porte di Andria furono “rinnovate”.
La porta infine è raffigurata anche in un dipinto attribuibile a G.B. Calò presente nella chiesa di S. Agostino, nel medaglione polilobato posto alla sommità della cona del primo altare a sinistra, che raffigura S. Riccardo e S. Leonardo ... . È dipinta in forme settecentesche e, se non si tratta di una invenzione fantasiosa del pittore, forse potrebbe rappresentare il risultato della ricostruzione del 1787 ... , ipotesi verosimile dal momento che il dipinto si potrebbe far risalire al 1789, data delle altre tele del pittore Calò ...
Nel 1811 il comune possedeva a destra della porta un locale denominato "Camera del Vecchio Sedile", il quale era dato in censo a tale Pasuqle Cicco di Vincenzo sin dal 1800 [44]. Tra il suddetto locale e sotto(?) la porta vi era il suolo di un'altra camera, diruta, data in censo da "moltissimi anni" a tale Filippo Sapone fu Francesco che l'avrebbe riedificata ben due volte. ... [La porta] fu demolita nel 1823, assieme a due stanze «che si trovano al di sopra fabbricate» di proprietà dei canonici d. Nicola Cicco e d. Antonio Leonetti, perché ritenuta inutile e di ostacolo al collegamento della città con l'entroterra.”NOTA ( n. 44 della citazione)[44] Il "sedile" era il luogo delle riunioni delle assemblee cittadine (oggi Consiglio comunale). In Andria c’era un altro “sedile” tra piazza Vaglio e largo La Corte, rimasto incompleto. Forse questo secondo sarebbe dovuto servire per le riunioni del ceto dei civili.
[testo tratto da "L'antica Porta del Castello di Andria" di V. Zito, 2a ed. dell'Autore, 2014, pagg.26-29]
Probabile stemma un tempo affisso su Porta la Barra
Il D'Urso, in merito ai "sedili" un tempo esistenti, uno nei pressi di Largo La Corte, l'altro presso Porta la Barra, aveva annotato:
"Il sedile de’ nobili era in questo largo della Corte; sebbene ora trovasi convertito in privata abitazione, ed io anche ricordo le sue reliquie. Il sedile poi de’ civili era accanto alla porta della Barra, a destra dell’uscita. Li esiste ancora la impresa della Città, che venne poi ne’ tempi posteriori affiancata da quella della Ducale famiglia del Balso; come il tutto è osservabile."
[la citazione è tratta da "Storia della Città di Andria" di R. D'Urso, Tip. Varana, Napoli, 1842, libro III, cap.V, nota a pag.60]
La foto a lato riproduce lo stemma attualmente affisso sull'ingresso alla
sala consiliare del Comune di Andria. Nel cartiglio sottostante lo stemma vi si legge: "ANDRIA FID[E]LIS / 1544".
Esso è, probabilmente, come ipotizza Vincenzo Zito nel suo studio, quello un tempo esistente su Porta la Barra:
tanto infatti fanno suppore, con un alto grado di attendibilità, quanto scrivono il Borsella e il D'Urso nei su citati brani dei loro testi.
Di questo stemma affisso nella sala consiliare se ne parla anche nelle pagine 25 e 77 della ricerca di Riccardo Ruotolo "Lo
stemma di Andria" del 2012.
L'ing. Riccardo Ruotolo, nel citato studio del 2023 “Andria - Escursione nella città dall’anno Mille al Milleseicento”, nel capitolo su “Porta la Barra”, cita i vari documenti dell'Archivio Comunale di Andria da lui consultati in merito alle motivazioni che portarono alla demolizione della Porta e alle relative procedure poste in atto. Su tale argomento scrive:
La Porta detta della Barra rimase in piedi fino all’anno 1823. L’anno prima, precisamente il 31 agosto del 1822, fu redatta dai periti Michele Recchia e Nicola Moscatelli, nominati dal Sindaco Consalvo Ceci, la stima dei costi per la demolizione della Porta. Dalla perizia di stima si apprende che addossate alla Porta vi erano stanze appartenenti a D. Nicola Cicco e a Giuseppe Romanelli per cui bisognava tener conto del risarcimento da rifondere a loro. Tutta la somma occorrente fu stimata in ragione di ducati 164,10 comprensiva dell’indennizzo ai proprietari delle stanze da abbattere.
... ...La prima Deliberazione decurionale è del primo settembre 1822 e in essa si legge: Oggi che si conta il primo del mese di Settembre, ed anno mille ottocentoventidue nel Comune di Andria= … . Ad oggetto di demolirsi la così detta Porta della Barra, per essere inutile, e rovina al Comune … . Il Decurionato considerando che la Porta, per la sua vetustà è quasi caduta, e mal costruita, e fra l’altro sotto di essa vi sono due vuoti, ove in tempo di notte facilmente possono nascondersi de’ mal intenzionati, e così turbare il traffico de’ Cittadini. A queste considerazioni il Decurionato ne aggiunge delle altre ed afferma: Considerando che su di essa porta vi è un’altra spalliera di fabbriche (sono le stanze di D. Nicola Cicco e Giuseppe Romanelli), la quale rende oscura la strada della Piazza, chè molto stretta, che toglie la ventilazione. Quindi, come si è prima detto, la strada che dalla Chiesa di Sant’Agostino conduceva alla Porta era molto stretta anche in prossimità della Porta, pertanto la visuale della piazza era impedita e così la circolazione dell’aria. Poi si aggiunge: Considerando che fuori della medesima, si è formato un borgo tanto esteso, che francamente può dirsi un sesto della città (il riferimento è al Borgo Cirillo a partire dalla Chiesa dell’Annunziata), ed in conseguenza conviene togliere detta Porta, che mette una certa separazione tra l’antica Città, e’l nuovo Borgo … .
Considerando che intorno all’antica città tanto le muraglie, che i siti delle fossate furono censiti ai nostri Cittadini, ove vi hanno edificato una continuazione di case, lasciando da tratto in tratto delle strade in comunicazione coll’antico fabbricato, e quindi la suddetta Porta lungi di essere necessaria, e giovevole, arreca piuttosto nocumento.
Considerando ancora che tutte le case sulla strada della Piazza con togliersi detta Porta, verrebbero ad acquistare, e buona veduta, ed aria ventilata.
Considerando infine che tutti i cittadini anelano il momento di vedere smantellato questo pezzo di fabbrica inutile, e nocivo al pubblico, si aggiunge, che già si sta formando la nuova basolata alla strada della Piazza, così il Decurionato ha fermamente risoluto, che si tolga da divisata Porta per il bene pubblico.Queste le motivazioni assunte dal Decurionato per stabilire la demolizione. ... ... ...
il 16 marzo 1823, si chiuse definitivamente la procedura e si dette inizio alla demolizione di Porta la Barra.
Scalinata di accesso a Via Palestro
e Vicolo Porta La Barra,
confluenti nell'omonima via.