[Il borgo di Andria a fine Seicento nella veduta di Cassiano De Silva - elab elettr. del colore Sabino Di Tommaso]
Nell'immagine son ben visibili le mura della città e alcune sue porte: Porta del Castello con un contrafforte sulle mura di nord-est, Porta Sant'Andrea tra le mura verso ovest, Porta La Barra a sud. Tra queste ultime due porte nel '700 fu costruita Porta Nuova, mentre forse già del XIII secolo era stata abbattuta gran parte di Porta Santa per edificarvi l'omonima chiesa dedicata alla Vergine Maria.
Prima del secolo undicesimo Andria non aveva mura e, nei documenti finora trovati, era considerata un locus - villaggio dipendente dalla civitas - città di Trani. Furono i Normanni a dotarla di mura ed elevarla al rango di città incrementandone prestigio e potere sul territorio circostante.
Per uno studio approfondito sulle mura e sulle porte si leggano le seguenti ottime ricerche:
Osserva anche le PORTE ›› in immagini del XV secolo)
A fine Seicento, un ventina d'anni prima che Cassiano de Silva disegnasse la sua veduta
della nostra Città (nella foto sopra), il poeta andriese Ferdinando Fellecchia
ne descriveva una altrettanto bella e precisa nel suo poema
su "La vita del gloriosissimo S. Riccardo primo vescovo, e padrone d’Andria".
Ecco le prime stanze del VI canto in cui il Fellecchia descrive poeticamente Andria,
non disdegnando di credere anche alle sue fantasiose origini diomedee.
[estratto da “La vita del gloriosissimo S. Riccardo primo vescovo, e padrone d'Andria“
di Ferdinando Fellecchia, per Salvatore Castaldo reg. stampatore, Napoli, 1685, Canto VI, pagg. 91, 107
(trascritto dalla copia digitalizzata del volume della Biblioteca Comunale di Andria, consultato in Internet culturale il 27/11/2014)]
Il locus Rudas del periodo romano, l'Andre nell'alto medioevo e, successivamente la Città di Andria, questo agglomerato residenziale nelle varie epoche era allacciato agli altri centri abitati da una serie di tracciati viari che si erano scarsamente evoluti nel corso dei secoli.
Ancora a metà Ottocento la viabilità nel Regno di Napoli era altamente precaria.
Una tanto efficace quanto sintetica descrizione del suo stato la esplicita lo storico Ernesto Galli della Loggia nel sotto citato testo.
A metà Ottocento ... non certo migliore era la condizione della viabilità,
la cui esecuzione e manutenzione era affidata perlopiù ai poteri locali.
In Sicilia
le strade carrozzabili erano quasi del tutto assenti. Egualmente per
quanto riguarda molte località del Mezzogiorno continentale: ad
esempio, la maggior parte dei comuni della Basilicata
(la più grande provincia continentale del Regno) e molte località calabresi erano
completamente isolate, raggiungibili solo attraverso sentieri o tracciati “naturali”.
La strada da Bari a Napoli era percorribile da chiunque
ma solo a proprio rischio e pericolo, infestata com’era in permanenza
dalla presenza di bande brigantesche specie al passaggio del Vallo di
Bovino, tra i monti della Daunia, dove sulle spallette del ponte sul
Cervara facevano bella mostra di sé, a scopo ammonitorio (benché
di effetto assai scarso), quattro o cinque gabbie di ferro contenenti le
teste mozzate di alcuni briganti.
[tratto da Ernesto Galli della Loggia, “Risorgimento e Mezzogiorno: la difficile unità”, in “Vita e Pensiero”, bimestrale di cultura e dibattito dell'Università Cattolica, anno CVI, n° 5, Sett-Ott. 2023, pp. 100-101]