Per la grande Cappella di San Riccardo l'esposizione sia dei dati storici che delle analisi affettuate dagli studiosi,
considerata la vastità dell'argomento, è qui frammentata nelle seguenti pagine:
- Il Cappellone di San Riccardo,
- l'Altare di San Riccardo, (in questa pagina)
- I bassorilievi del Quattro-Cinquecento,
- L'armadio delle reliquie,
- Le quattrocentesche tavole dell'Intercessione.
Il primo altare presso cui riposavano i resti di San Riccardo, e forse a lui dedicato, era ubicato nell'attuale
Chiesa inferiore, comunemente detta Cripta.
Lo racconta Francesco II del Balzo nella sua "Historia Inventionis et Translationis Corporis Sancti Richardi",
trascritta dall'Ughelli nella sua
"Italia Sacra";
nella colonna 928, edizione del 1721,
nonché dalla Societe des Bollandistes negli "Acta Sanctorum 06 Iunii",
Tomus II, Antverpiæ, 1698, pp. 245-251 (con qualche integrazione e correzione
presa dal manoscritto andriese) versione questa che qui si riporta.
Il Del Balzo nel 1438 trovò l'altare, i resti del corpo di San Riccardo e i relativi riferimenti iconici e testuali,
scendendo dal presbiterio della Cattedrale nella Chiesa inferiore attraverso lo stretto foro
esistente nel pavimento di un pregevole altarino absidale (Non penso che
detto foro fosse quello che ancor oggi si vede nella
volta del vestibolo della chiesa inferiore [qui a sinistra
fotografato] in quanto non sottostante all'altarino absidale superiore;
doveva essere invece uno molto simile nei pressi dell'altare con l'affresco
e l'arcosolio [foto a destra], zona che corrisponderebbe).
Ebbene, il Duca in detta Historia così documenta il ritrovamento:
[trascrizione del testo originale in latino] | [traduzione] |
---|---|
[nel febbraio del 1350 per l’invasione degli Ungari il sarcofago di San Riccardo viene nascosto]
… in regno isto bellum ortum est inter regem Ungariæ, & Reginam Jonnam … sacrista prudens, timens in ista vastatione urbis, ne illud arriperent, clam translavit; & illud subtus altare, quod erat in Ecclesia, instar adyti intus in antro dedicatum, ubi prius positum fuerat [f], collocavit: & propter hoc à quibusdam direptum esse creditur: …
[nell’aprile del 1348 si cerca il sarcofago]
… Ara major in medio tribunæ posita erat: post tergum ipsius iuxta parietem, altare sub parva pulcraque forma manebat: basis ejus miro lapide tabulata; per tres gradus ad illam gradiebantur. Foramen basis, instar porticulæ persistebat, quantum cervix hominum cum habilitate ingerere se videretur. Post illam quoque porticulam (sicut pavimentum fuisset) lapidea lastra continebatur, in qua Crux in ipso lapide aperte manebat; ita, quod mirum in modum ipsius beatissimi corporis, summa cum suavitate, fragrantia reciperetur. Satis congruè, ut honorari posset, eminebat altare: nec non iuxta illud picturam, cum sua effigie, atque nomine Græco, manu tinctam conspexi, quasi per vetustatem consumptam. Picturæ quoque multæ aliæ Pontificum adhærebant, Beatorum & Sanctorum; & prope ianuam ipsius Ecclesiæ simul alia, quæ Clero hinc & hinc imminebant; adfueratque titulus, qui ipsius civitatis Præsulem indicabat. Vas insuper ibidem positum erat, & superscriptio stylo ferreo legebatur: Ioannes Episcopus, Cathedram qui tunc regebat, omnibus adfuit. …
Tertia vero & vigesima die mensis Aprilis, anno incarnationis Domini millesimo quadringentesimo trigesimo octavo … prope Meridiem …
Ex latere ipsius basis Tassus lapidem traxit: cumque intueremur, aperte capsulam, tectam palliolo sericeo rubeo, cum summitate acuta, perspeximus.
… Presbiter ille [Joannes], jussu Episcopi [Joannes Dondeus] illam volens extrahere;
tabula, quæ erat ex parte trahentis, ad manus ejus devenit: erat quippe longitudo capsulæ unius cubiti;
latitudo ejus & altitudo medii, loco in quo pars plus majoritatis habebat. …
Post vero dies octo, facta prius processione, cum magna reverentia, ubi prius steterat, ibi positum fuit:
caput autem eius atque cor in vestibulo detenta sunt, & postmodum argento clausa persistunt.
Cor quidem in vase vitreo manet, & parum liquoris videtur scaturire, maxime redolentis:
sed de eo colligi non præbetur facultas. …
Attamen ara major, quæ jam dicta est, pro eo, quod in medio tribunæ non satis commode ad devotionem sistebat;
in eminentiorem locum versus Orientem, ubi prius erat altare illud minus, translata est:
sub quâ usque in odiernum diem [15/09/1451] præfatum jam corpus manet devotius honoratum.
[f] Hinc colligitur capsam palam spectabilem prostitisse hoc tempore, quæ ab anno circiter 1300 (ut infra patebit) fuerat sub altari. |
[nel febbraio del 1350 per l’invasione degli Ungari il sarcofago di San Riccardo viene nascosto]
… in questo regno scoppiò la guerra tra il re d'Ungheria e la regina Giovanna … Il prudente sacrista, temendo che in quel saccheggio della città si impadronissero del sarcofago, lo trasferì di nascosto e da sotto l’altare che era nella chiesa [cattedrale] lo scese nel vestibolo, quasi una spelonca, della chiesa inferiore, dove prima era stato collocato [f]; perciò tutti lo credettero saccheggiato. …
[nell’aprile del 1348 si cerca il sarcofago]
L’altare maggiore [della Cattedrale] era eretto in mezzo al presbiterio: dietro di esso, presso la parete stava un altare più piccolo ed elegante; la sua base era di pregiata pietra e vi si saliva per tre gradini. Esisteva un’apertura nella base come una porticina, tale da lasciar entrare a stento le spalle di un uomo abile. Al di là della porticina (in funzione di pavimento) si vedeva una lastra di pietra, nella quale era intagliata una croce, così che da lì mirabilmente si avvertiva l’odore molto soave del suo corpo beatissimo. Opportunamente perciò, perché potesse essere venerato, vi sorgeva un altare, nei pressi del quale inoltre io scorsi dipinta a mano una pittura della sua immagine col nome in greco, quasi deteriorata per l’antichità. Accanto c’erano anche molte altre immagini di pontefici, di Beati e di Santi; e assieme presso la porta della stessa Chiesa [inferiore] c’era un’altra immagine dove [essi] emergevano con il clero intorno: ivi poi stava l’iscrizione, che lo indicava Presule della stessa Città. Inoltre nel medesimo posto era collocato un vaso, sul quale si leggeva una iscrizione fatta con uno stilo di ferro: Giovanni vescovo, che in quel tempo reggeva la Cattedra, fu presente a tutto. …
Il ventitré aprile del 1438 … verso mezzogiorno … Da un lato della base [del piccolo altare]
il Tasso estrasse la lastra di pietra. Guardandovi, chiaramente scorgemmo una cassetta acuminata e coperta da un panno di seta rossa. …
Il presbitero [Giovanni], incaricato dal vescovo [Giovanni Dondei], nel tentativo di estrarre la cassetta,
gli venne nelle mani la tavola a lui più vicina. La cassa era lunga un cubito [≈45 cm],
e mezzo cubito larga ed alta: poco più ampio era il luogo entro cui stava. …
Dopo otto giorni, fatta prima una processione, con gran venerazione (il corpo) fu riposto ove era stato trovato;
il capo ed il cuore però si trattennero nel vestibolo, e poi furono chiusi e posti in teche di argento.
Il cuore ora sta in un vaso di cristallo e da esso fu visto stillare un po’ di liquido odorosissimo,
che però non fu permesso raccogliere. …
Tuttavia l’altare maggiore suddetto, poiché non si prestava agevolmente alla devozione nel mezzo del presbiterio,
fu spostato verso oriente in fondo all’abside, ove prima stava l’altare minore;
oggi [15/09/1451] sotto tale altare giace il sacro corpo, venerato con più devozione.
[f] Da ciò si deduce che in quel periodo era chiaramente visibile una cassa, che si trovava sotto l'altare fin dal 1300 circa (come si vedrà in seguito) [cioè dai tempi del vescovo Giovanni, che morì nel 1318]. |
Il primo altare presso il quale la salma di San Riccardo fu riposta (il primo del quale finora abbiamo conoscenza!)
è quello di cui parla il Del Balzo nel testo citato e da lui individuato nel 1438:
è l’altare della Chiesa inferiore, nel cui
vestibolo la preziosa reliquia era stata trasferita di nascosto nel 1350 per l’invasione degli Ungari.
Tuttavia, stando all'iscrizione ivi letta dal Duca, quell’altare della Chiesa inferiore era lo stesso
presso il quale la salma del Santo si trovava
fin dai tempi del vescovo Giovanni, dato come presule andriese tra il 1307 ed il 1318.
Inoltre quell’iscrizione "Ioannes Episcopus, Cathedram qui tunc regebat, omnibus adfuit"
fa intendere che anche le affrescature osservate e allora presenti
potrebbero essere state realizzate per volontà di detto vescovo Giovanni,
in quanto riguardanti il Vescovo Riccardo ch'egli stava celebrando.
Quindi, stando al racconto di Francesco II del Balzo, il primo altare
che nei pressi ha ospitato i resti di San Riccardo, e di cui si ha conoscenza storica,
era nella Chiesa inferiore e tale collocamento risaliva a non più tardi degli inizi del Trecento
(≈1310), insieme forse ai relativi affreschi parietali.
[schemi ipotetici di Sabino Di Tommaso dellaPianta della Cattedrale con sottostante Chiesa inferiore nel 1438
- La sezione è una elaborazione su disegno dall'arch. D. Capitaneo pubblicato su
it.wikipedia.org]
Francesco II del Balzo alla fine della sua Historia afferma che nel 1451 (quando egli scrive) il sarcofago con le ossa di San Riccardo (esclusi cuore e capo separatamente conservati) era collocato sotto l’altare maggiore della Cattedrale, altare da lui allora spostato in fondo all’abside presbiteriale.
Nell'ultimo quarto del Quattrocento (tra il 1477 ed il 1495) un nuovo altare marmoreo in una grande Cappella appositamente edificata a sinistra del presbiterio fu eretto dal vescovo Angelo Florio; infatti nell'epitaffio scritto sulla sua tomba, tra le varie opere da lui realizzate, si leggeva:
[che può essere tradotto:
""Elevò anche un'importante cappella in onore del divo Riccardo
dove giacciono composti il corpo e le sante ossa.
Ivi inoltre eresse in candido marmo un monumento sepolcrale
sotto il quale Egli riposto giace.".]
[tratto da “Andrienses Episcopi”, in "Italia Sacra", Tomo VII, Venetiis, 1721, col 931]
L'altare innalzato da mons. Florio potrebbe essere quello attualmente assemblato sulla parete di fondo della sacrestia capitolare.
Ecco qui sopra le immagini (forse) del "niveo monumento" descritto dai precedenti versi dell'epitaffio. Sul coperchio della lipsanoteca a sarcofago si legge la seguente iscrizione:
HIC ERAT CORPUS SACRUM
SANCTI RICHARDI
Di questo sarcofago abbiamo una dotta descrizione di Clara Gelao:
“Nella sagrestia capitolare della cattedrale è con tutta probabilità riconoscibile una importante testimonianza degli arredi della cappella quattrocentesca eretta dal de Florio nell’altarolo in marmo, con semplice mensa poggiante su pilastrini recanti nella faccia anteriore semicolonne con capitelli scolpiti … . Sotto l’altare si conserva a tutt’oggi l’urna funeraria in pietra che, nel primo assetto della cappella, dové ospitare il corpo di San Riccardo: ispirata ai sarcofagi classici, l’urna ha la forma di una cassa, impostata su uno zoccolo decorato nella parte anteriore da piccole volute contrapposte e fronte decorata da un motivo orizzontale a rombi e da festoni che pendono da un bastoncello. Il massiccio coperchio, a semibotte col culmine piatto, è profilato da un’ampia fascia decorata da un motivo a baccellature, in parte riempite.”
[testo tratto da “ANDRIA RINASCIMENTALE - episodi di arte figurativa”, di Clara Gelao, Grafiche Guglielmi, Andria, novembre 2018, pp. 135-136.]
Dietro l'attuale altare in marmi policromi sono incollate tre lapidi, che nei secoli scorsi erano affisse presso l'altare di San Riccardo; esse testimoniano alcuni tra gli eventi più rilevanti.
[la lapide di sinistra ricorda la bolla di Gregorio XIII del 1576 posta al centro, quella di destra le ristrutturazioni del 1636 - foto Sabino Di Tommaso, 2017]
Si trascrive di seguito il testo della lapide centrale, che riporta la Bolla di Gregorio XIII
del 4 aprile 1576. In essa, sinteticamente, si proclama:
Si concede l'indulgenza plenaria per la liberazione di un'anima
del purgatorio ogni volta che un sacerdote, sia secolare che regolare,
celebri la santa messa sull'altare di San Riccardo eretto nella Cattedrale di Andria;
per tale celebrazione il predetto sacerdote acquisirà gli stessi benefici e indulgenze che acquisirebbe
se celebrasse nella chiesa di San Gregorio in Roma.
Data a Roma presso San Pietro il 4 aprile 1576, quarto del nostro pontificato - Cesare Glorerio (Segretario).
La lapide a destra commemora, invece, la ristrutturazione del Cappellone con stucchi
avvenuta nel 1636 durante l’episcopato di mons. Felice Franceschini ed il trasferimento
delle ossa di S. Riccardo sotto l’altare.
Vi si legge:
[che può essere così tradotta:
"SOTTO QUESTO ALTARE PRIVILEGIATO ERETTO CON LE OFFERTE DEI FEDELI,
ED ORNATO DELLE SACRE RELIQUIE, IL 9 APRILE 1636 IL CORPO DI S. RICCARDO, PRIMO VESCOVO DI ANDRIA,
SOLENNEMENTE TRASFERITO È STATO ONOREVOLMENTE RIPOSTO
DALL’ILL.MO E REV.MO VESCOVO DON. FR. FELICE FRANCESCHINI MINORE CONVENTUALE DA CASSIA,
REGNANTE L’ILL.MO ED ECC.MO DUCA D. ANTONIO CARAFA"
Infatti nel 1577 mons. Luca Fieschi aveva spostato il sarcofago del Santo trasferendolo da
sotto l'altare sul baldacchino; nel 1636 mons. Franceschini,
realizzando un nuovo sarcofago marmoreo, riposizionò quest'ultimo sotto
detto altare e pose quello antico sulla parete destra della Cappella.
Come già riferito nella pagina che descrive la Cappella,
nella
relazione sullo stato della Chiesa per la visita ad limina annota:
Restaurata … fuit Capella Divi Riccardi primi d[ictæ] Cathedralis E[pisco]pi et Civitatis patroni suumq[ue] venerandũ Corpus sollemni ritu summaq[ue] concurrentis Populi devotione à tumulo, in quo reconditũ venerabat[ur], translatum subtus altare d[ictæ] restauratæ Capellæ collocatũ maiorem in dies recipit concursum, et venerationem. |
Fu restaurata la Cappella del Divo Riccardo, primo vescovo di questa Cattedrale e patrono della Città e il suo venerando corpo, con un solenne rito e grandissima devozione del Popolo accorso, tolto dal sepolcro nel quale nascosto era venerato, collocato sotto l’altare di tale Cappella restaurata, riceve di giorno in giorno maggiore affluenza e venerazione. |
Nell’aprile del 1711 mons. Adinolfi realizza un nuovo altare (foto sotto) e
raccoglie alcune testimonianze di vecchi
che nel 1636 avevano assistito al trasferimento delle reliquie di S. Riccardo,
dal sarcofago posto sulle quattro colonne al di sopra dell’altare, in quello creato sotto lo stesso;
un testimone tra i più vecchi dichiara che divenne nuovo arcosolio del Santo la nicchia
che da sotto l’altare si inoltrava sotto l’armadio delle reliquie, chiudendolo con nuove lastre di pietra.
Di tali testimonianze, simili tra loro qui se ne riporta solo uno stralcio della testimonianza
resa da un novantenne prete dell’Annunziata, Don Francesco Antonio Saurino, il 14 aprile 1711,
in quanto porta altra luce sia sulla storia che sulla descrizione della tomba del Santo.
“Sig.re, io p[er] l’età d’anni novanta, che tengo, mi posso ricordare, come in effetti mi ricordo benissimo quando fu trasferito il Corpo del Glorioso Padre S. Riccardo da sopra le colonne, dove si ritrovava anticam[en]te, e passa così, quantunque io sia nato nella città di Tursi alle 18° Genn[ai]° 1622 nondimeno io venni in questa Città di Andria verso l’anno 1631; dove ho sempre dimorato p[er] esser stato aggremiato nella Colleg.[ia]ta Chiesa della SS.ma Annunciata di questa pred.[et]ta Città, come attualm[en]te mi ritrovo aggremiato;
E p[er]ché in quel tempo era Vescovo di questa med.[esi]ma Città Mons. Fra Felice Franceschino, questo verso l’anno 1636. ordinò, che il Corpo del Glorioso Padre S. Riccardo (che mi ricordo benissimo esser stato collocato sopra quattro colonne di pietra indorata e propriè dove attualm[en]te stà situata una statua di legno di d.to Glorioso Padre S. Riccardo) si fusse trasferito da quel luogo, come in effetto mi ricordo, che un giorno lo fece trasferire, e levare da la sopra, dove stava dentro un sepolcro di marmo con una cassa di cipresso, e lo fece riponare sotto l’Altare di d.to Glorioso nostro Padre S. Riccardo, e propriè sotto l’armario delle reliquie nella parte interiore, che di d.to Altare, ed in d.to tempo ancora si fece formare un epitafio di marmo, che stà posto in cornu epistolæ di d.ta cappella, dove si legge chiaram.[en]te la traslazione del corpo del d.to Glorioso Santo, e mi ricordo ancora benissimo, che si fecero lavorare quattro pietre lunghe, ed assai materiali, chi era di palmi sette, e chi di sei, chi più e chi meno, acciocchè l’ossa di d.to Santo Padre si fussero con ogni cautela, e devotione custodite, anzi in quell’istesso punto, che d.° Sagro Corpo si levò da là sopra le colonne, mi ricordo, che fù un gran temporale;
ed à questa funzione ci fù p[rese]nte D. Emilia Carafa della Spina all’hora Duchessa d’Andria con tutt’il Clero, ed’una moltitudine di genti; e tutto ciò me lo ricordo, p[er]che in quel tempo io poteva havere quattordeci, ò quindeci anni in circa.”
[l'altare in marmi policromi realizzato nel 1711 - foto Michele Monterisi]
Nel cartiglio scolpito sulla soglia dell'altare trasferito nella sacrestia capitolare si legge poi quest'altra :scrizione:
[DI]VI • RICCARDI • HONOREM
PUBLICE • SVMPTIBVS • SACELLUM
HOC • ERECTVM • EST • A•D • 1•7•1•1
iscrizione che potrebbe riferirsi ai lavori eseguiti nel
cappellone del Santo quando fu innalzato il nuovo altare in marmi policromi (sopra raffigurato) eretto dal vescovo Adinolfi nel 1711.
Intanto nel 1658, durante l’episcopato di mons. Egizio, l’altare di San Riccardo era stato dotato di un paliotto d’argento commissionato all’argentiere Vincenzo Pisa per 600 ducati. Questo dato storico è stato pubblicato il 1983 da Mimma Pasculli Ferrara nel testo sotto citato [2], in base al seguente documento, ricercato e reperito da Eduardo Nappi nell’Archivio Storico del Banco di Napoli, una fede di credito del 1658.
“Doc. n° 83. Banco di San Giacomo, giornale del 1658, matr. 247, partita di 374,60 ducati, estinta il 5 novembre. Al dottor Tomase d’Angelis D. 374,60. Et per esso a Vincenzo Pisa a compimento di D. 600, atteso D. 225 l’ha ricevuti per il banco del Salvatore et tarì 2 de contanti. Et detti ce li paga in conto del panno d’altare d’argento che sta facendo per l’altare del Glorioso San Riccardo della città d’Andria.”
Tale paliotto, comprato con le offerte raccolte durante la precedente peste, sotto l’episcopato di mons. Ariano fu poi venduto per pagare l’argentiere che l’aveva realizzato; lo scrive lo stesso Vescovo nella relazione sullo Stato della Chiesa di Andria, inviata a Roma per la triennale “ Visita ad limina” l’otto agosto 1705:
Cum ergo tempore pestis, considerabiles centenariorum ducatorum oblationes factæ fuerint, et ex ipsis pallium Altaris argenteum constructum, quod deinde Neapoli fuit venditum ob mercedem Artifici non solutam; superaverunt sexcenti ducati monetæ Regni, ex quibus stabilia empta fuere, quorum simul, et aliorum stabilium Capellæ ante dictæ annui redditus excedunt ducatos sexaginta Regni. |
Poiché durante la peste [del 1656] furono offerte molte centinaia di ducati e con essi realizzato un pallio d’argento per l’altare, che poi fu venduto a Napoli per pagare il suo artefice, avanzarono seicento ducati in moneta del Regno [di Napoli], dai quali furono comprati immobili, i cui redditi annui, sommati a quelli di altri stabili della stessa cappella, superano i sessanta ducati del Regno. |
Il canonico della Cattedrale Domenico Morgigni nelle sue "Pagine sparse nella storia civile e religiosa di Andria", commentando in modo piuttosto fantasioso quanto Francesco II del Balzo asserisce nella sua "Historia Inventionis ...", scrive:
L’ Altare della Confessione di S. Riccardo.
La forma di quest’Altare era di quelli dei primi tempi della Chiesa, in uso per il culto dei martiri, o di Santi celeberrimi.A fine d’intendere il suo valore archeologico, metto sotto gli occhi dei lettori la descrizione dell’Altare di S. Pietro nel sec. VI, fatta da Gregorio di Tours nell’Opera. In gloria Martyrum. — Cap. XXVII.
«hoc enim sepulcrum sub Altare valde rarum habetur (cioè piccolo e prezioso). Sed qui orare desiderat, reseratis cancellis, quibus locus ille ambitur, accedit super sepulcrum et ibi, fenestella parvula patefacta, immisso introrsum capite, quae necessitas promit efflagitat.»Simile a questo era l’Altare, che si vedeva giù nella Confessione di S. Riccardo.
Lo descrive Francesco Del Balzo nella sua Historia Inventionis, le cui parole do qui tradotte:
«Vicino alla parete si vedeva un Altare di forma piccola e bella. Per tre gradi si saliva ad esso, la cui base (o fronte) era coperta da una pietra di gran pregio. Un forame esisteva nel mezzo del fronte della base a guisa di finestrino, grande così da lasciar entrare appena il capo [le spalle] d’un uomo.
Dietro quel forame si vedeva di sotto una lastra di pietra, nel cui mezzo si apriva una croce, traverso la quale in modo mirabile esalava dal corpo beatissimo un odore molto soave». …Presso l’Altare della Confessione o cripta troneggiava su la parete l’immagine del Santo. græca manu tincta quasi per vetustatem consumpta Hist[oria]. Inv[entionis]. Fu scoperta nell’anno 1438. …Seguivano sulla medesima parete della Confessione o cripta, alla figura di S. Riccardo primo Pontefice della Chiesa di Andria, le figure di molti altri Pontefici andriesi sancti e beati, titoli bizantini. Hist[oria]. Invent[ionis].
[tratto da “ PAGINE SPARSE nella storia civile e religiosa di Andria”, del Can. Menico Morgigni, Andria, premiato stab. Tip. Bonaventura Terlizzi, 1919, pp. 142-144]
A proposito di tale ristrutturazione del Cappellone realizzata dal vescovo Franceschini, scrive P. Antonino Maria Di Jorio nel cap. XII del sotto citato testo:
“I Vescovi succedenti gareggiarono nella loro pietà verso del Santo, e s’impegnarono col loro zelo ed esempio onde accrescerne sempre più la fede ne’ Popoli. Tra questi si distinsero in prima Mons. Felice Franceschini, che, trovando una inconvenienza nel collocamento del S. Corpo di S. Riccardo su la tribuna dall’Altare, in guisa che la Messa dovesse celebrarsi sotto di esso contro l’uso della Chiesa, che vuole eretti gli Altari sopra le tombe de’ Santi, ne fece nuova traslazione ricollocandone il deposito nel luogo primiero.
Lasciò intanto come ornamento le colonne con la cupola di finimento, e facendo collocare nel sito dove era il Corpo una statua di legno dorato parimenti e fatto lavorare a bella posta, assiso in abiti pontificali ed in atto di mirare e benedire il popolo supplichevole. Fece inoltre ornare di nuovi stucchi le pareti della Cappella, e vi aggiunse nel centro de’ due lati due quadri di buon pennello rappresentanti S. Riccardo Protettore della Città, e S. Nicola di Bari Protettore della Provincia. Tutto questo avveniva nel 1636.”
[tratto da “ Vita di San Riccardo” del P. Antonino Maria Jorio, tip. Stanislao De Lella, Napoli, 1870, pp. 352-353]
Ne parla ancora lo stesso Jorio nelle pp. 353-354 del cap. XII della suddetta opera; scrive:
“Finalmente Mons. Nicola Adinolfi nel 1711, considerando che quel monumento di colonne ingombrava molto e sembrava pesante a rimirarsi, si determinò ad abbattere tutto ed a collocare più dignitosamente le auguste Reliquie.
All’uopo fece lavorare in Napoli un Altare di marmi non ordinarii e da buon Artefice, che gli pervenne nell’Aprile dell’anno indicato. Con l’abbattersi l’Altare primiero venne il sacro deposito novellamente disotterrato, e finché non si compose l’Altare nuovo giunse il 9 Giugno, celebrossi solennissimo festeggiamento con le Sante Reliquie scoperte ed esposte in ostensorio di cristalli. Fu innumorevole il concorso de’ Forestieri, tra i quali anche varii Vescovi accorsero. Il Vescovo di Minervino cantò Messa, e Monsig. Adinolfi assisté pontificalmente.
Avendo la Duchessa Imperiale forniti i drappi nuovi con ricami e fregi d’oro per avvolgervi le Ossa benedette, i primieri nei quali trovaronsi avvolte si divisero in minuzzoli, e distribuironsi al Clero ed al Popolo. In fine racchiuso di nuovo in nuova cassa di cedro con chiavi e suggelli, lamine di piombo e cerchi di ferro il Santo Corpo, fu ricollocato nella primiera cassa di pietra fabbricata al dorso interno dell’Altare protetto da muro esteriore, ed ivi riposò fino al 1836 come vedremo. Altri Prelati Andriesi fecero a gara nel mostrare, la loro pietà verso del Santo offrendo ciascuno dal canto suo ornamenti e vasellami sacri, onde la Cappella arricchissi con lusso religioso e con ogni splendore di argento.
Né solo i Vescovi, ma anche i fedeli mostrarono impegno di onorare S. Riccardo. Municipio e Cittadini particolari concorsero per arricchire la dotta Cappella di quando poteva occorrere, onde figurasse a pari de’ più cospicui Santuarii. Provvidero per quattro lampadi perpetue di notte e di giorno, per Messe piane giornaliere, e cantate settimanali, per molteplici benefizii onde vi abbondassero i servigi Sacerdotali, per la celebrazione solenne di tre feste all’anno pei giorni della morte, dell’invenzione e del Patrocinio, e di una numerosa e ben costituita Congrega laicale per tutto ciò che può riguardare lo stesso splendore del culto.”
NOTE
[1] Il Borsella, che probabilmente visionò di persona l'epigrafe nella sua Cattedrale, al posto di "ADDIDIT IS" scrive "CONDIDIT HIC".
[1] Domenica Pasculli Ferrara, “Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo: pittori, scultori, marmorari, architetti, ingegneri, argentieri, riggiolari, organari, ferrari, ricamatori, banderari, stuccatori”, Fasano, Schena editore, 1983, pp. 134-135; Doc n° 83 a p. 306.
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]