[La cappella di S. Riccardo tra il 1636 ed il 1711, ricostruzione virtuale di Sabino di Tommaso - a dx: foto con il solo reliquiario centrale, di Michele Monterisi, del 2009]
Per la grande Cappella di San Riccardo l'esposizione sia dei dati storici che delle analisi affettuate dagli studiosi,
considerata la vastità dell'argomento, è qui frammentata nelle seguenti pagine:
- Il Cappellone di San Riccardo, (in questa pagina)
- l'Altare di San Riccardo,
- I bassorilievi del Quattro-Cinquecento,
- L'armadio delle reliquie,
- Le quattrocentesche tavole dell'Intercessione.
Scendendo i tre gradini del Presbiterio la prima cappella che nella sua visita pastorale il Vescovo incontrava era quella di San Riccardo, più grande di tutte le altre ed eretta, a destra pervenendo nel transetto, di fronte al cinquecentesco arco della cappella del Crocifisso sotto l’organo.
Eretta da mons. Angelo Florio a fine Quattrocento e dedicata a San Riccardo, Patrono della Città, considerato primo vescovo di nomina papale e, per tradizione, evangelizzatore della stessa, questa cappella era ben curata in quanto custodiva il suo venerato corpo. La lapide sepolcrale di mons. Florio, trascritta dall'Ughelli nella sua "Italia sacra", ne dava testimonianza; vi si leggeva:
[trascrizione del testo della lapide] | [traduzione] |
---|---|
«Addidit [CONDIDIT] is Divi Richardi in honore sacellVm, |
"Elevò anche un'importante cappella in onore del divo
Riccardo |
Importanti lavori significativi potrebbero essere stati effettuati a metà Cinquecento, stando all’atto notarile con regio assenso del 1546, citato dall’Agresti, atto nel quale l’Università di Andria si impegnava a ricostruire la cappella di S. Riccardo.
Nel Seicento la Cappella, molto ampia, bella e voltata a botte, era illuminata da due finestre laterali e chiusa a chiave mediante una cancellata di ferro. Delle visite pastorali di questo secolo solo quella di mons. Triveri del 1694 annota che era dipinta e abbellita con immagini sacre, ma non le descrive.
All’altare marmoreo si accedeva salendo due gradini di pietra ed una predella lignea.
Sulla parete sinistra era affissa una epigrafe nella quale si leggeva che in questa Cappella
l’Altare era privilegiato per indulgenze ai defunti, concesse dal papa Gregorio XIII,
di felice memoria, il 4 aprile 1576, 4° anno del suo pontificato.
(L'immagine della lapide ed il relativo lungo testo inciso sono riportati nella
pagina dedicata all'altare.)
Sotto l’altare, in una cassa di cipresso inclusa in una di pietra c’erano i resti ossei del Santo Patrono,
ivi spostati da mons. Franceschini il 9 aprile 1636; prima il sarcofago era esposto al di sopra dell’altare,
retto da quattro colonne lapidee dorate alte circa 12 palmi (cm 26,37 x 12 = cm 316).
Su tale baldacchino da quell’aprile 1636 al posto del sarcofago di S. Riccardo era stata posta una statua lignea dorata del Santo.
Scarsi sono i resoconti sulla Cappella riportati dai documenti del Seicento; si soffermano maggiormente a descrivere
il sarcofago del Santo Patrono e le reliquie più importanti in essa conservate.
Nel 1636 mons. Franceschini, nella
relazione sullo stato della Chiesa per la visita ad limina, dichiara di aver restaurato la Cappella di San Riccardo e tolto dal sepolcro nel quale
era venerato il suo venerando corpo, lo aveva collocato sotto l’altare, con un solenne rito e grandissima devozione del Popolo accorso. Scrive:
[trascrizione del testo originale in latino] | [traduzione] |
---|---|
Restaurata … fuit Capella Divi Riccardi primi d[ictæ] Cathedralis E[pisco]pi et Civitatis patroni suumq[ue] venerandũ Corpus sollemni ritu summaq[ue] concurrentis Populi devotione à tumulo, in quo reconditũ venerabat[ur], translatum subtus altare d[ictæ] restauratæ Capellæ collocatũ maiorem in dies recipit concursum, et venerationem. |
Fu restaurata la Cappella del Divo Riccardo, primo vescovo di questa Cattedrale e patrono della Città e il suo venerando corpo, con un solenne rito e grandissima devozione del Popolo accorso, tolto dal sepolcro nel quale nascosto era venerato, collocato sotto l’altare di tale Cappella restaurata, riceve di giorno in giorno maggiore affluenza e venerazione. |
Mons. Franceschini nella visita pastorale dello stesso anno 1636 (citata da mons. Merra nel I° vol. delle sue "Monografie Andriesi") racconta il dettaglio della traslazione indicando anche la nuova disposizione dei reliquiari con le immagini del Cristo e della Vergine, fino allora collocati nel coro. Annota:
“Altari remoto, et in loco destinato fixo circumponantur Columnæ o[r]nantes, seu circulum mediæ lunæ formam significantes, duæ ex parte altaris dextera, duæ vero ex parte sinistra, in quibus duo conficiantur Reliquiaria apta, idoneaque ad omnes Reliquias asservandas, et eademet, quæ intus Ecclesiam hanc Cath.[edralem] elevata existunt prope Chorum vitanda, cum ejsdem foribus remittenda, in quibus Imagines Jesu Christi, Beatissimæq. V. Mariæ delineatæ sunt. Aliud fiat in medio dicti altaris, et dictarum Columnarum, coopertum, clausum, sed validum ad aperiendum pro Reliquiarum inspectione. Acta S. Visit. Ep. Franceschini, an. 1636 (Curia Vescovile).” |
Intorno all'altare, costruito in fondo e nel luogo prescelto, si erigano in cerchio come una mezza luna delle colonne decorative, due a destra e due a sinistra dell'altare; tra esse si realizzino due reliquiarii preparati ed idonei a contenere tutte le reliquie; nello stesso tempo, prelevate quelle attualmente innalzate nei pressi del Coro di questa Cattedrale, qui si ripongano insieme con le loro ante sulle quali sono dipinte le immagini di Gesù Cristo e della Beatissima Vergine Maria. Al centro tra detti altare e colonne si realizzi un altro reliquiario, coperto e chiuso, ma atto ad aprirsi per l'ispezione delle Reliquie. Atti di Santa Visita Pastorale di Franceschini, anno 1636 |
Dalle due visite di mons. Cassiano del 1644 e del 1656 stralciamo soltanto i seguenti brani inerenti alla cappella
che confermano le relazioni del suo predecessore mons. Franceschini.
Egli scrive che la Cappella è bella, ampia e voltata a botte; il
sarcofago di San Riccardo, un tempo sopra il baldacchino dell'altare, è ora conservato al di sotto dell’Altare
e all’interno dello stesso. Sulla parete [sinistra] del lato evangelo è affissa
l'epigrafe del 1576 e all’altare si sale per due gradini marmorei
ed una predella stabile.
Nella visita
pastorale del 2 luglio del 1644 mons. Cassiano scrive:
Die Secundo Iulij 1644 Ill.mus D.nus Visitator …
se contulit ad Cappellam S.i Richardi primi huius Civitatis Episcopi, et Patroni, ubi Sacrum ipsique Sancti corpus,
cæteræq.[ue] huius Eccl.[esi]æ Cathed.[ra]lis reliquiæ asservant.[ur]. |
Il due luglio 1644 l’Ill.mo Signor Visitatore … raggiunse la Cappella di S. Riccardo, primo Vescovo e Patrono di questa Città,
nella quale cappella si conservano il Sacro corpo di questo Santo e le altre reliquie di questa Chiesa Cattedrale. |
Nella relazione sulla visita pastorale del marzo 1656 lo stesso vescovo Cassiano ribadisce le suddette informazioni, precisandone alcune:
… Cappella [S. Richardi] est fornicata, habet duas fenestras, hinc inde in corni Evangelij et Ep[isto]læ cũ cancellis ferreis, et vitreatis;
[Prima, parlando delle reliquie, aveva anche scritto] |
… c’è la Cappella [di S. Riccardo] con volta a botte e due finestre con grate ferree e vetri sulle due pareti laterali.
[Prima, parlando delle reliquie, aveva anche scritto] |
Mons. Triveri nella
visita pastorale del 1694 afferma che
sul reliquiario ai suoi tempi c’era una statua di S. Riccardo
posta presso la volta absidale, e che la cappella era decorata e dipinta con immagini sacre
che non descrive; lo Jorio (ma non dice la fonte), a p. 352 nel
cap. XII del
suo libro "Vita di San Riccardo", addita due quadri sulle pareti
laterali: un San Riccardo ed un San Nicola.
Questo è il testo del Triveri:
Supra Reliquiariũ propè fornicem adest statua divi Riccardi, cuius sacrum caput in reliquiario,
corpus autẽ ex antiqua traditione in Altari reconditũ asservatur, et piè colitur:
a lateribus Capellæ duæ lampades diu noctuq[ue] ante sacras reliquias ardent; |
Sul reliquiario c’è la statua del divo Riccardo posta presso la volta absidale,
il cui sacro capo è nel reliquiario ed il corpo per antica tradizione è
riposto sotto l’altare e piamente venerato; sui lati della Cappella due lampade ardono giorno e notte davanti alle sacre reliquie. |
Mons. Ariano nella visita pastorale del 1697 informa che l’antico sarcofago entro il quale per molti secoli era stato conservato il corpo di San Riccardo era allora murato sulla parete destra (scrive a cornu epistolæ, mentre Cassiano aveva scritto è latere Evangelij, parete sinistra) sotto la lapide del breve di Gregorio XIII, mentre il corpo del Santo era riposto sotto l’altare; scrive:
… Dictũ altare est privilegiatum quotidianum, et perpetuum ex amplissimo brevi Gregorij XIII ut indicat descriptio marmorea a cornu epistolæ, subtus quam in pariete fabricata est capsa intus quam corpus Sancti Richardi pluribus seculis fuit conservatum. |
… Questo altare è quotidianamente privilegiato in perpetuo grazie all’importantissimo breve di Gregorio XIII, come recita la lapide sul lato dell’epistola, sotto la quale nella parete è murata la cassa entro la quale per molti secoli fu conservato il corpo di San Riccardo. |
“La costruzione delle cappelle [laterali] culminò, alla fine del secolo [XV], con quella più grande dedicata a San Riccardo. Si affacciò, anch'essa con un grande arco a punta, nella nuova crociera del tempio ... La Cappella accoglieva in quegli anni le ossa di San Riccardo che il Del Balzo, il 23 Aprile 1438, aveva ritrovato sotto l'altare maggiore della Cattedrale. ...La costruzione della Cappella di San Riccardo risale al tempo di Angelo Florio, di nobile famiglia andriese, eletto Vescovo di Andria nel 1477. Il suo episcopato durato diciotto anni (morì nel 1495) si svolse in quel periodo storico così ricco di fermenti innovativi e di fervore artistico-culturale quale fu l'Umanesimo italiano del Quattrocento. Di quell'epoca di civiltà e di cultura Andria custodisce alcune testimonianze d'arte di alto livello e tra le maggiori, in Puglia, del nuovo linguaggio della Rinascenza. La loro committenza è legata alla figura di questo nobile Vescovo andriese del XV secolo e, in modo particolare, a Francesco II Del Balzo (1410-1482) Duca di Andria, contemporaneo del Vescovo Florio, e che ad Andria aveva la sua corte a ridosso della Cattedrale.Vescovo di grande pietà religiosa, Angelo Florio fu anche uomo del suo tempo, che nella Cattedrale di Andria, rinnovata nelle forme architettoniche, volle accogliere le voci nuove della cultura e dell'arte che attraversavano la nostra regione. ...I bassorilievi della Cappella furono ricoperti, in origine, dall'arco ai pilastri, di oro zecchino. Tracce superstiti di oro abbiamo rinvenuto ancora su alcune sculture e, sotto strati di stucco, sulle cornici di pietra. Anche nei grandi dipinti destinati ad ornare l'altare del Santo, le due figure della Vergine e del Redentore benedicente emergevano dal fondo dorato delle Tavole, che risplendevano di luce anche nella penombra della Cappella.”
[tratto da "San Riccardo Protettore di Andria", di G. Lanave, A.Marrazzo, V.Schiavone, Grafiche Guglielmi, Andria, 1989, pagg. 108,110, 123, 126].
“Di questa antica Cappella troviamo fatta menzione nel testamento olografo di Francesco I del Balzo (Duca di Andria dal 1357 al 1420 [è falso?; leggi nota]). In quel testamento, fra l'altro, si legge: Item lasso ( lascio) alla Cappella dei miraculi (miracoli) del nostro Protettore S. Riccardo pallio (il palio) di broccato di oro riccio et seta cremosina, quale abbia da servire nelle feste ... per adornare la detta Cappella del Santo.Il Duca Francesco II del Balzo, che scrisse la storia della Invenzione delle ossa di S. Riccardo, fece poi scolpire, in detta Cappella, molti bassorilievi su dura pietra, rappresentanti i varii miracoli operati dal Santo. Quei bassorilievi sono siti lungo i due intercolunnii, che circondano l'altare maggiore di questa Cappella, a piè dei quali vedonsi scolpite le armi dei Del Balzo.Il Vescovo Florio (1477-1495) rifece poi a sue spese la detta Cappella, come rilevasi dall'epigrafe, che ricorda questo illustre Vescovo, nativo di Andria: Edidit is Divi Richardi in honore Sacellum, corpus, ubi atque ossa condita sancta jacent.Secondo rilevasi da un pubblico rogito del Notar Antonello Picentino del 1503, riassunto dal notar Giacomo D'Elia nel 1508 (perchè il Picentino era morto) il Comune di Andria, e gran numero di cittadini, fecero solenne voto a S. Riccardo, di ricostruire ed ingrandire la detta Cappella, se la città venisse liberata dalla peste, che, in quell'anno 1503, infieriva in tutta la Puglia. Non risulta da alcun documento, se quel voto fu mantenuto, e se il Comune avesse o no ricostruita la detta Cappella. É vero che, sull'arco maestro di questa Cappella, si vede scolpito lo stemma del Municipio di Andria (come si vede egualmente in fronte alle due navate laterali del Duomo); ma ciò non prova che il Comune avesse ricostruita la Cappella, e molto meno che avesse ottenuto il diritto di giuspatronato, che il Municipio di Andria pretende di godere su questa Cappella, e sulla nomina del Rettore 'pro tempore' di essa. ...Nel 1636 il Vescovo Franceschini (1632-1641) fece ornare di stucchi le pareti di questa Cappella, e ne ricostrui l'altare, sul quale erano collocate le ossa di S. Riccardo.Nel 1711 Mons. Adinolfi fece abbattere il vecchio altare [ora nella sacrestia capitolare], ed a sue spese, ne fece ricostruire uno nuovo, di ottimo marmo, da un valoroso artefice napolitano.Ma, nel 1731, il Duca Ettore Carafa, vedendo che la Cappella di S. Riccardo non aveva dote stabile, con pubblico rogito del 7 Luglio 1739, faceva donazione di una Masseria di quarantaquattro vacche, da portarsi in moltiplico, perché dai frutti della medesima potesse stabilirsi un fondo per lo maggiore sostentamento di essa Cappella … sino a che si giunga a fare l'annua rendita di Ducati seicento e non meno. Raggiunta tale somma, dalla rendita dei frutti di dette vacche, il Duca Carafa disponeva di vendersi le 44 vacche, e che, il prezzo ricavatone, s'impiegasse a fare ed amplificare con magnificenza, adornamenti la Cappella suddetta di esso glorioso S. Riccardo nella Cattedrale Chiesa di questa città. Nel medesimo rogito disponeva pure che, non bastando il denaro, ricavato dalla vendita delle vacche, s'impieghino le rendite annuali delli ducati seicento nella rifazione, ampliazione et ornamento di detta venerabile Cappella [il cosiddetto Cumulo di San Riccardo].Tutto ciò, che fu disposto dal Duca Ettore Carafa, fu fedelmente eseguito nell'anno 1849. La Cappella di S. Riccardo fu allora ricostruita ed ingrandita: le pareti ed il pavimento ricoperti di marmi finissimi: la volta decorata di lucidi stucchi, intersiati da rabeschi a rilievo di legno dorato.Ed ora questo Cappellone forma l'ornamento più splendido del Duomo di Andria, ammirevole ed ammirato da tutti. Esso si apre con un maestoso arcato, fregiato da rabeschi ad oro zecchino, in cima al quale si vide un simulacro di S. Riccardo, che regge sulle sue braccia la citta di Andria. Uno spazioso ed artistico cancello di ferro, guarnito con borchie di ottone, in parte poggiante su d'una elegante balaustra di finissimo marmo a colonnette, custodisce questo Cappellone.Tre pregevoli altari di marmo ne formano il principale ornamento. L'altare maggiore (sito in fondo, alla distanza di circa due metri dal muro) è rabescato a colori di ottimo effetto. Ad esso si accede per alquanti gradini di marmo, in fondo all'ultimo dei quali, sotto la mensa dell'altare, ammirasi la pregevolissima Urna di verde antico, a forma di bara, che racchiude le sacre ossa del Protettore S. Riccardo, la di cui effigie, messa nel centro, è scolpita in metallo dorato, ed è guardata da due Serafini (egualmente di metallo dorato), in atteggiamento di compianto.Gli altri due altari, ai quali si accede per uno scalino egualmente di marmo, sono messi vis-avi sui due laterali della Cappella. Due grandi tele (una rappresentante la famosa gita di S. Riccardo al Gargano, in compagnia dei Vescovi S. Sabino di Canosa e S. Ruggiero di Canne, l'altra rappresentante il miracolo della cieca nata) sono messe a ridosso di questi due altari. Questi due dipinti [del 1859] devonsi al pennello del valoroso pittore Michele De Napoli (1808-1892) di Terlizzi [2]). (Anticamente i due quadri rappresentavano l'uno S. Riccardo, l'altro S. Nicola di Mira.) [A proposito di questo quadro Giuseppe Ruotolo a pag. 122 di "Il volto antico di ‘Andria fidelis’" scrive:«Un dipinto che si trovava fino al secolo scorso nella cappella di S. Riccardo rappresentava S. Nicola e la campana più sonora della cattedrale, fusa o restaurata il 1310, è dedicata allo stesso santo.»]
Un grande arco di pietra si eleva dal pavimento sino alla volta sul muro del prospetto interno (dove è sito l'altare maggiore), portando incisi, in bassorilievo, ventisette miracoli, dei principali operati dal Santo.In fondo al muro, a ridosso dell'altare maggiore, si vede un grande armadio (dorato nella superficie), a tre valvole, dentro il quale custodivasi l’antica statua ed il mezzo busto di S. Riccardo, involati dai francesi nel 1799, non che moltissime reliquie di santi, gran parte delle quali (quelle specialmente che erano custodite in teche di argento) andarono pure nelle mani di quei sacrileghi ladroni. Questo armadio porta sulle valvole due pregevoli dipinti di gusto greco, l’uno rappresentante il Nazareno, l’altro la Vergine Maria. In esso, ora, sono custodite tutte le reliquie, che sfuggirono al saccheggio dei francesi e le altre venute dopo, sino ai giorni nostri, racchiuse in tante teche di diversa forma e dimensione.”
[tratto da "Il Duomo di Andria" in "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", di Michele Agresti, tip. F. Rossignoli, Andria, 1912, vol.II, Cap. II, pagg. 21-24].
“Mons. Giuseppe Ruotolo, nel suo libro 'Ricordi di Andria' sacra, a pag. 32 dice: «Nell'interno (del Cappellone) si scorgono tre altari di marmo e, sul principale di essi, si ammira dal 1928 un'artistica URNA, contenente il corpo di S. Riccardo, rivestito di paludamenti pontificali, con la testa di argento.»
Mons. Macchi, vescovo di Andria (1922-1930), nel 25° del suo sacerdozio, fece la ricognizione delle reliquie, ordinò ad un artigiano della provincia un'urna di legno intagliato e dorato, e vi ripose le ossa del Santo, ricomposto e rivestito di splendidi paramenti. Vi pose la testa d'argento del S.Riccardo del '500, riprodotto dal Catello di Napoli, la incoronò con una preziosa mitria e gli pose in mano, a fianco, un pastorale cesellato.”
[tratto da "Ho raccolto per voi", di Giuseppe Lanave, Grafiche Guglielmi, Andria, 1994, pagg.188-189].
[foto dell'urna del 1928 (dal citato "Ho raccolto per voi"); l'urna e la maschera di S. Riccardo esposti nel Museo Diocesano - foto Sabino Di Tommaso, 2019]
Attualmente
l'urna lignea dorata,
la maschera d'argento di San Riccardo, insieme a molti altri oggetti preziosi,
sono esposti nel museo diocesano "San Riccardo di Andria".
Sempre a proposito della suddetta urna contenente le ossa di San Riccardo
il Can. Giacomo Ciciriello nell'opuscolo sotto citato scrive:
"il 15 aprile 1928 [Mons. Macchi] fece dischiudere il sepolcro esistente sotto la mensa dell’altare maggiore, del sacello dedicato al Santo con grande solennità alla presenza del clero, autorità e popolo. Il 3 giugno dello stesso anno, festa della SS. Trinità, aprì colla medesima solennità coram populo la cassa di cipresso debitamente suggellata e munita di cinque chiavi, e ripose le Sacre Ossa nel nuovo sarcofago di quercia [in nota precisa: "Lavorato dal bravo ebanista Nicola Alba di Pietro."] chiuso dintorno da cristalli, custodito nell’urna processionale dorata, dono della benemerita, Arciconfraternita della Morte in S. Sebastiano, di un valore storico ed artistico per lo stile barocco del XVII secolo, nella quale urna si ammira anche adagiato sul sarcofago delle Sacre Ossa un nuovo simulacro del S. Patrono vestito pontificalmente coi doni offerti dalle famiglie dei più recenti Vescovi Andriesi e da altri oblatori, come la testa di argento ch’è dono del Cardinale D. Eugenio Tosi Arcivescovo di Milano, già vescovo di Andria."
[tratto da "La chiesa di S. Andrea apostolo in Andria ..."", di Giacomo Ciciriello, Tipografia G. Pasini & Figli, Andria, 1928, pag.36].
“Però se n'è forza passare dalle pitture alle sculture noi vanteremo una vetustissima e venerabilissima. Ella è un Crocifisso nerognolo sculto certamente da mano arciperita per le proporzioni e per la naturalezza della notomia che scopronsi prestantissime, oltre ad una veneranda tristezza del viso e del capo declinato, che profondamente ti occupa veggendolo e meditandolo. ... Sottoposto a questo Crocifisso si venera un quadro dell'Addolorata con lastra e larga cornice di argento, largito alla cappella dalla pietà di Vincenzo Morselli, onesto, e dovizioso nostro concittadino trapassato senza eredi. Questa tela di un disegno raffinato, a niun secondo per la precisione del lavoro anzi il primo fra gli altri di questa Chiesa, ben manifesta l'acerbissima doglia di quella spada che trafisse la Vergine desolata ...”
[tratto da "Andria sacra", di Giacinto Borsella, tip. F. Rossignoli, Andria, 1918, pagg. 72-73].
“Madonna Addolorata in cornice d'argento [datata 15 gennaio 1842]. Si trovava in Cattedrale, nel cappellone di S. Riccardo, sotto un bellissimo Crocifisso, scuro, fortemente espressivo, donata [insieme alla teca della Sacra Spina] da Vincenzo Morselli. ...
Crocifisso di legno. È l'ultimo oggetto d'arte che trovai o ricevetti negli ultimi giorni del mio esercizio pastorale. ... A riguardarlo oggi lo vedo bello, amabile ma sporco e mi nasce in cuore tanta voglia di tenerlo presso di me qualche giorno almeno per contemplarlo, scoprirlo nei particolari più belli e poi di ripulirlo e reintegrarlo nelle sue parti mutilate. Che sia il Crocifisso di cui parla Borsella nella sua ‘Andria Sacra’ a pag 73, che era nella cappella di S. Riccardo, vicino alla Addolorata, incorniciata d'argento?”
"La grande famiglia dei Del Balzo di origine provenzale, era scesa in Italia al seguito di Carlo D'Angiò, chiamato dai Papi per difendere la libertà della Chiesa minacciata da Manfredi, continuatore anacronistico dell'ordine amministrativo e fiscale della polutica federiciana, incapace a dominare tutta la pulsante vita dell'Italia centrale e settentrionale.I Del Balzo, o de Beaux, portavano nello scudo araldico una stella d'argento a sedici punte su campo vermiglio segno della cometa evangelica che aveva guidato i Magi alla grotta di Betlemme: e si voleva che discendessero da Baldassarre, uno dei tre Sapienti venuti dall'Oriente ad adorare il Bambino"
[tratto da "San Riccardo Protettore di Andria", di G. Lanave, A.Marrazzo, V.Schiavone, Grafiche Guglielmi, Andria, 1989, pag. 127].
NOTE
[?, nota]
Il Merra nelle sue "Monografie Andriesi" alle pagine 14-15 del Vol. II scrive
"... Testamento di Francesco I del Balzo, Duca di Andria, rogato nel di 23 aprile 1420,
il quale benchè sia evidentemente falso nella sostanza,
mentre il detto Duca nel 1398 era già morto ...".
E in nota giustifica l'impossibilità che tale testamento sia autentico
facendo riferimento ai dati presenti nella
bolla Pontificia che autorizzava la costruzione
della Chiesa di Santa Maria dell'Umiltà (San Domenico) con l'annesso convento
dei Frati dell'Ordine dei Predicatori (Domenicani). In tale documento del
25 Marzo 1398 si parla di Sveva Orsini vedova di Francesco I Del Balzo
"Nobilis mulieris Suevae de Orsinis relictae quondam Francisci de Bauzio Ducis Andrensis ...
Datum Romae apud S. Petrum VIII Kal. Aprilis, Pontificatus Nostri Anno Nono (25 Martii 1398)".
Il Merra dichiara Francesco I del Barzo già morto nel 1398, in quanto traduce
"relictae" come "vedova". Tenendo presente che il Del Balzo trascorreva gran
parte del suo tempo lontano da Andria, a Napoli, ad Avignone, in Provenza, e che
di lui non c'è altra documentazione dopo il 1381, quando sposa Sveva Orsini,
l'attributo "relictae" scritto nella Bolla
citata potrebbe avere una traduzione letterale
di "lasciata sola", considerando, sia
che in latino esiste un termine ben preciso per "vedova"
e cioè "vidua", sia infine che alcuni autori,
forse proprio per mancanza di documenti, danno Francesco I del Balzo morto dopo il 1420 (tranne Scipione Ammirato
nel 1404 in "Delle famiglie nobili napoletane", Vol.II, 1651, p.243, dove
cita per la notizia Angelo Filippo Crassullo [ma questi, da un mio controllo,
nella sua cronaca non dice nulla in merito!]), altri nel 1422, ed in luogo non precisato;
nessuno storico comunque (a parte il Merra) lo dà morto prima del 1420-1422.
Di contro, tuttavia, si rileva che nei documenti del tempo è usata la parola "relicta" per dire "vedova".
Ad esempio, in un documento del Regno di Napoli del 30 novembre 1496 (Una cedola di Tesoreria, Reg 151, fol.196)
si afferma che "La Dª Giovanna d’Aragona «relicta del Re don Ferrante primo de immortal memoria»,
dona al Re [Alfonso II d’Aragona] 2000 d[ucati] a causa della concessione, che S. M. le ha fatta
della terra di Torino nella provincia del Principato Ultra,
«secondo lo privilegio expedito in Regiis felicibus castris in obsidione Cayete, et fo a li 3 del presente»
[tratto da p.29 “Arch. Stor. per le Prov. Napol., Anno X-Fasc.I, 1885.”].
Si consideri intanto che nel testamento Francesco I del Balzo nomina anche la cappella di S. Maria dell'Umiltà esistente in S. Domenico;
scrive "Item lasso alla Cappella di S. Maria dell’Umiltà nella Chiesa de’ Padri Domenicani oncie sei pro una vice tantum.",
cosa che non avrebbe potuto dichiarare se egli fosse già morto nel 1398, in quanto
la Chiesa e relative cappelle furono edificate posteriormente a tale data di fondazione.
[insomma, o il testamento è falso, o il Duca non era già morto nel 1398, ma dové morire dopo gli anni necessari alla costruzione della chiesa con le relative cappelle]
Si tenga infine presente che anche il nostro storico locale Giovanni Pastore (1715-1806)
nel suo manoscritto "
Origine, erezione e stato della Colleggiata Parrocchial Chiesa di S. Nicola della Città di Andria", f.15v.,
nonostante conosca e citi la bolla papale del 1398, pone la morte del Duca nel 1420 e nomina tale testamento del 20 aprile; scrive:
"nell'anno appresso 1420 pur anche il Duca Francesco terminò la sua vita, avendo fatto l'ultimo suo testamento nel dì 20 Aprile del medes.o anno".
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]