altare maggiore

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altare maggiore
[altare maggiore - elaborazione elettronica su foto di "Michele Monterisi", 2010]

L'incantevole Altare Maggiore

Di questo meraviglioso altare in marmi policromi del Settecento è stata redatta una pagina di approfondimento nella cartella del percorso museale virtuale.

Al centro del presbiterio troneggia, bellissimo l'altare maggiore, opera dello scultore estense Antonio Corradini, scolpito nel 1750 su legato testamentario del canonico Ponzio di Bari. Sulla mensola centrale domina un pregevole crocifisso ligneo, studiato anch'esso nel suddetto museo virtuale; in fondo, a dossale del coro, il seicentesco dipinto "S. Nicola con Adeodato e i tre fanciulli", di Andrea Vaccaro.

Dagli scritti degli storici locali si attingono alcune notizie. Scrive mons. Merra:

"Nel 1750 a spese del legato Ponzio, e sotto la direzione del Primicerio D. Francesco Saverio de Risis, fu lavorato in Napoli l’altare maggiore di finissimi marmi, adorno dei simboli dei quattro Evangelisti, artisticamente scolpiti, e di due teste di Serafini. Ai fianchi dell’Altare, in due scudi, si vede lo stemma del Canonico Ponzio della Real Chiesa di Bari, cioè una sbarra dentata a traverso un campo."

[da  “Monografie Andriesi” di E. Merra, Mareggiani ed., Bologna, 1906, Vol. I. pagg. 296]

Dello stesso tenore sono le osservazioni del canonico Michele Agresti:

Un grandioso altare di marmo s’erge fra due altre colossali colonne, che chiudono il grande vano del Coro, Gli stalli di esso, di noce massiccia, sono opera pregevolissima dall’artefice andriese Giuseppe Gigli.
[in nota aggiunge: Quest’altare di gran valore, fu costruito dalle prime rendite venute al capitolo di S. Nicola dal pingue legato del Canonico Ponza di Bari, della Real Basilica di S. Nicola. Fra i molti terreni donati a questo Capitolo dal Ponza è compresa la masseria di Taverna vecchia, riveniente dalla eredità di sua madre, appartenente alla nobile famiglia Vitaliano di Andria, Il Capitolo di S. Nicola, per gratitudine fece scolpire un mezzo busto in marmo del Can. Ponza, che tuttora vedesi in quella sacrestia capitolare.]“

[dal libro “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi” di M. Agresti, edito per i tipi di Francesco Rosignoli, 1912,Vol.II, pagg. 77-79]

altare maggiore: sculture del paliotto
[particolari del paliotto: il tetramorfo raffigurante gli Evangelisti - elaborazione elettronica su foto di "Michele Monterisi", 2010]

capialtare reggimensola
[capialtere reggimensola - elab. elettr. su foto S. Di Tommaso, 11/2017]

È poi piacevole leggere il testo del Borsella di metà Ottocento:

"Fra le seconde [colonne del presbiterio] s’erge, avendo alle spalle il coro, stupendo altare maggiore nel cui frontone di Patrio marmo rilevansi i simboli degli evangelisti; l’Aquila, l’Angelo, il Leone il Torello, che eccitano tutta la meraviglia, non solo per le posture, vivacità, finezza di membri e regolari muscolature, che per lo insieme assai proprio e naturale. Tanto il Leone, che il Torello coll’Angelo sono forniti di ali, e di codici, avendo questo nella destra il calamaio.

Nei corni dell’altare due scudi contengono ingegnosi scorci secondo i riti dell’antico patto, gli olocausti di un Ariete; di un bue giacenti sull’altare. In mezzo della mensa in nicchia i pani di proposizione, e accanto le ampolle, grappoli d’uva pampinosa con attorti viticci, e spighe rilevate con somma maestria significanti i riti della nuova legge. Sono ragguardevoli pure i gradini nei quali poggiano i candelabri ed i fiori intarsiati bellamente di foglie, e di altri ornamenti di vari colori con delle varie cornici incastrate a marmo nero. Questo altare tanto insigne, opera di scalpello maestro della Capitale, costruissi sotto la vigilanza del Primicerio Francesco Saverio de Risis, soggetto bastantemente dotto ed erudito dello stesso Collegio, nostro concittadino. [...] In rimirar questo altare ben s’intravede, che la fantasia erasi accostumata a meditare ed ispirarsi sopra i massimi monumenti dell’eterna Roma, nonché sopra i miracoli di Michelangelo."

[tratto dal libro “Andria Sacra” di Giacinto Borsella, edito a cura di Raffaele Sgarra per i tipi di Francesco Rosignoli, 1918, pagg. 130-139]

La fascia inferiore dell'altare termina con due cherubini, qual punti decorativi di chiusura del messaggio riccamente inviato dagli elementi scultorei dell'insieme.
Invitano con lo sguardo e la piccola bocca dischiusa a tornare coi propri pensieri al fulcro dell'altare, il ciborio, al mistero eucaristico, al sacrificio perenne del Cristo dall'ultima cena al Calvario, alla fine del mondo terreno e del tempo.

altare maggiore
[gli angeli dell'altare maggiore - elab.e elettr. su foto di "Sabino Di Tommaso", 11/2017]

I cherubini sono preceduti dalla superba scultura dello scudo, emblema del Canonico Ponzio, munifico finanziatore dell'opera.

Originalissimo appare il ciborio di questo altare.
Tra una aureola di cinque angioli in bianchissimo marmo di Carrara la significativa scultura, su fondo scuro, dei sei pani e una ampolla di vino, di chiara simbologia eucaristica..
Ai lati (fuori dal campo di questa fotografia), grappoli d'uva e spighe di grano.

Una giustificazione storica dei simbolismi nelle sculture realizzate dal Corradini per questo altare ci giunge da Mimma Pasculli Ferrara nel volume citato:

“… da noi in Puglia il rito eucaristico segue ancora l’antica prassi che mira alla massima sacralizzazione e al recupero di procedimenti vetero testamentari.

Una testimonianza di questo orientamento conservativo è nella ripresa di prefigurazioni dell’antico testamento nella rappresentazione dell’Eucarestia, come rileviamo nell’interessantissimo altare maggiore della chiesa di S. Nicola ad Andria. Dove, al posto del ciborio, vi è la rappresentazione marmorea del pane giallo azzimo e del vino, centro focale di tutta la composizione che simbolicamente si dispiega sull’altare, dai medaglioni col Sacrificio dell’agnello e del vitello, ai grappoli di uva e fasci di spighe lungo il gradino ai simboli sul paliotto dei quattro Evangelisti.

… questo altare è anche testimonianza della nuova cura data alla valorizzazione dell'altare maggiore e del tabernacolo. E ciò deriva e rientra nei motivi centrali delle Instructiones circa la ‘cura’ della SS.ma Eucarestia decretata nel Concilio di Trento. E non a caso, quindi, si diffondono le cappelle del SS.mo Sacramento, che saranno sempre oggetto di particolare attenzione da parte delle relative confraternite e avranno luogo sempre nelle Parrocchiali.”

[Domenica Pasculli Ferrara, “Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo: pittori, scultori, marmorari, architetti, ingegneri, argentieri, riggiolari, organari, ferrari, ricamatori, banderari, stuccatori”, Fasano, Schena editore, 1983, pag. 10.]

Altare maggiore: postergale, particolare (foto M. Monterisi)
[altare maggiore: postergale, particolare - elab. elettronica su foto di "Michele Monterisi", 2010]

Si noti intorno alla mensola superiore gli eleganti intarsi fogliari, che corrono anche lungo tutta la mensola porta candelieri sino ai capialtare, aggiungendo pregio a pregi.
Nei due scudi (medaglione a rocaille) sono infatti visibili, centrali, a sinistra un ariete pronto al sacrificio su una antica ara in pietra, a destra il sacrificio di un toro.


Alcuni antichi arredi dell'altare maggiore

base porta-crocifisso del 1750c
[base porta-crocifisso della 2^ metà del '700 - foto Sabino Di Tommaso, 2020]

All’arredo dell’altare maggiore di metà Settecento è da ascriversi il piede di un ostensorio, quasi certamente di un relativamente grande crocifisso, qui a lato riprodotto.

Al centro di tale base porta-crocifisso in una nicchia è raffigurato fortemente sbalzato, quasi a tuttotondo, il più celebre racconto della vita di San Nicola, riportato nella “Praxis de stratelatis” [Il racconto degli strateghi, edito in greco da Anrich], redatto nei primi secoli del culto di San Nicola, già dal quarto nel quale egli compì i suoi giorni; è un racconto sostanzialmente vero e accaduto a Mira, comunità che egli spiritualmente guidava come vescovo: “Nicola salva tre cittadini dalla decapitazione”.

La scultura, alta circa 90 centimetri ed in parte deteriorata, mostra due personaggi emblemi del racconto: un uomo (uno dei tre condannati) sta inginocchiato con le mani legate dietro la spalla ed il capo chino ormai rassegnato a ricevere il colpo di spada della decapitazione; alla sua destra di contro s’erge il carnefice che, mentre con la mano sinistra intima al condannato di abbassare la testa e con la mano destra impugnante la spada sta per sferrare il colpo mortale, rivolge lo sguardo sorpreso alla sua arma trattenuta da San Nicola, fuori scena o nel tempo scomparso dalla scultura.

La scena del salvataggio nell'affresco nella cripta della Madonna dei Miracoli
[Il salvataggio nell'affresco della cripta della Madonna dei Miracoli di Andria]

Ecco la parte del racconto scolpita in questo bronzo:
Il santo accorse subito e trovò là molta folla e il carnefice che teneva la spada in mano per uccidere gli uomini e aspettava il suo arrivo. Dunque, quando questo sant’uomo giunse, vide i tre uomini che stavano per essere giustiziati con le teste avvolte nei sudari, in ginocchio e con il collo in attesa del fendente. Il santo accorse rapidamente e, dopo aver strappato la spada alla guardia, la gettò lontano. Poi sciolse gli uomini dalle catene e li condusse in città, dicendo: «Io sono pronto a morire al posto di questi innocenti». …

[tratto da “Praxis de stratelatis” o “La vicenda dei militari”, traduzione di Maria Teresa Bruno dell’Edizione greca dell’Anrich, pubblicato sul web in St. Nicholas News da P. Gerardo Cioffari del Centro Studi Nicolaiani, consultato il 08/02/2020]

Una immagine di questo salvataggio operato da San Nicola, in verità molto deteriorata, è presente nell'affresco dipinto nella cripta o chiesa inferiore della Basilica della Madonna dei Miracoli di Andria; a destra della figura intera del Santo, nella striscia della storia della sua vita, è la seconda scena, a partire dal basso.

Sopra la descritta nicchia sono scolpiti due dei simboli più importanti del Santo: tre palle d’oro ed il libro delle sacre scritture che le regge.
Le tre palle d’oro rappresentano il denaro anonimamente offerto dal Santo al padre di tre fanciulle perché potesse dotarle per il loro matrimonio, onde evitare che a tale scopo fossero necessitate a prostituirsi.

Sotto la nicchia contenente la predetta scultura del racconto, è scolpito l’emblema del canonico della Basilica di San Nicola in Bari, Don Nicolò Francesco Ponzio; col suo cospicuo lascito testamentario (come già ricordato) a metà Settecento fu rinnovata gran parte della zona presbiteriale con la balaustra, eretto il nuovo altare in commesso di marmi policromi e sculture di Antonio Corradini, nonché realizzato l’arredo sacro dello stesso, del quale certamente, per la sua prevedibile mole, faceva parte questa base porta-crocifisso d’altare rifinita solo sul davanti, attualmente purtroppo priva della croce. Scrive infatti mons. Merra nelle pp. 296-297 del I° volume del testo citato:
"Il 21 luglio 1784 il Capitolo dava facoltà al Prevosto Conoscitore, al Cantore Pastore ed ai Reverendi Brunetti, Frascolla e Marziani di far costruire in Napoli per uso del maggiore altare un parato di argento, cioè una magnifica Croce, sei candelieri, quattro giarre e due giarroni con le tre carte di gloria. [e in nota: Libro Delle Conclusioni Cap. della Collegiata Chiesa di S. Nicolò Trymodien, dal 16 agosto 1772 al 31 luglio 1790.]"

L'emblema del canonico Ponzio su questa base e il richiamo documentale del Merra inducono pertanto a datare questo bronzo sbalzato al periodo tra detta data della commissione del parato d'argento e la precedente realizzazione dell'altare, cioè tra il 1750 e il 1784.


Come si è scritto a inizio testo, di questo meraviglioso altare in marmi policromi del Settecento è stata redatta una pagina di approfondimento nella cartella del percorso museale virtuale.