Gli antichi Crocifissi lignei in Cattedrale

Contenuto

Alcuni pregevoli Crocifissi lignei di Andria

Indice

Si illustrano i seguenti pregevoli Crocifissi lignei
- Il Crocifisso “doloroso”, nel presbiterio della Cattedrale.
- Il Crocifisso “livido” della Chiesa di S. Bartolomeo, oggi nella 2a cappella destra della Cattedrale.
- Il Crocifisso “patiens” della Chiesa di San Nicola.

Il Crocifisso “doloroso”, nel presbiterio della Cattedrale

Il "Crocifisso doloroso" trecentesco di Andria
[Il Crocifisso “doloroso” trecentesco di Andria (foto Sabino Di Tommaso, 2014)]

L'affascinante crocifisso doloroso del Due-trecento (misure del Cristo H x L: cm 215 x 175) con l'ultimo restauro della Cattedrale è stato posto nel presbiterio sotto l'arco ogivale d'ingresso al coro, in posizione decentrata e a destra rispetto a quest'ultimo, ma risultante centrale in riferimento alla navata principale della chiesa. Alcuni studiosi ipotizzano che, quando il vescovo Angelo Florio (pastore dal 1477 al 1495) fece realizzare diverse nuove strutture nella Cattedrale, abbia stabilìto che il crocifisso fosse eretto proprio nel presbiterio. L'Ughelli, nella citata “Italia Sacra”, alla colonna 931 del tomo VII, riporta l'epigrafe tombale (non più reperibile) di questo vescovo, nella quale era scritto:

Andrius Antistes hanc Florius Angelus ædem
     Ornavit donis, muneribusque suis.
Optima Præsulibus tradens exempla futur[is]
     Divino cultu quos decet usque frui.
Sic Christum in medii suspendit culmine templi,
     Sanguine qui lavit crimina nostra suo.
… … …

Mons. Lanave, descrivendo questo crocifisso così si esprime:

“È il più antico CROCIFISSO che viene trasmesso alle nuove generazioni.
È del 1300. Il legno in cui è scolpito Cristo non è scalfito neppure da un tarlo. ... È di un intagliatore spagnolo. Lo portò in Andria mons. Martino De Soto Major, vescovo di Andria (dal 1471 al 1477), morto nel 1477.    Mons. Angelo Florio, detto anche Vaccarella, (vedi stemma sul lato destro di chi guarda la facciata della Cattedrale) lo innalzò nel punto più alto del Presbiterio, al centro dell'arco gotico del Guadagno. (Vedi anche R. D'Urso: Storia della città di Andria, Libro VI, Cap. III, pag. 114).”

[tratto da “Ho raccolto per voi”, di Giuseppe Lanave, Grafiche Guglielmi, Andria, 1994, pag. 2]

Per un approfondimento si riporta stralcio di uno studio sul Crocifisso della Calò Mariani, tratto da "La Scultura in Puglia durante l'età sveva e proto-angioina", studio che è trascritto in gran parte tra i documenti della sezione museale:

"L'estensione dell'indagine [sulla scultura lignea nell'età sveva e proto-angioina] alla Puglia ... consente di mettere in luce quanto vivace vi fosse la penetrazione dei più moderni apporti d'oltr'alpe, anche per vie diverse da quelle tracciate dalla politica culturale federiciana. Se approdano nel sud significativi esemplari del Crocifisso doloroso di accezione spagnola, quel che trionfa è, infatti, il gotico francese, attraverso opere capaci di interpretare con sorprendente vigore la potenza naturalistica della scultura monumentale di Chartres e di Reims. ...

Nell'area dei Pirenei, intorno alla metà del secolo [XIII], vede la luce il Crocifisso doloroso di Andria. La tensione delle membra, manifesta nei tendini tesi fino allo spasimo, la concentrazione aspra del volto, alcune cifre astratte, come le costole rese 'a striature concentriche' o le pieghe appiattite e simmetriche dei panni, apparentano l'esemplare di Andria al gruppo cui appartengono opere come il Crocifisso di Santa Maria a Piazza di Napoli - in cui si afferma un marcato accento patetico 'collaterale ai nuovi avvenimenti dell'Ile de France' (Bologna, 1950) - e l'esasperato Crocifisso di Perpignano, nel cui volto si esprime il 'lacerante pietismo germanico'  ... ."

[Maria Stella Calò Mariani in “La Scultura in Puglia durante l'età sveva e proto-angioina” da “La Puglia fra Bisanzio e l'Occidente” Electa Editrice, Milano, 1980, pagg.308-310 ]

Il "Crocifisso doloroso" trecentesco di Andria - particolare   Il "Cristo devoto - doloroso" della Cattedrale di S. Jean Baptiste di Perpignan
[Il Crocifisso “doloroso” di Andria - (foto Michele Monterisi, 2010) - Il "Dévôt Christ" della Cattedrale di Perpignan (FR) (da Saint Jean Baptiste Communauté de Paroisses)]


Il Crocifisso “livido” della Chiesa di S. Bartolomeo
oggi nella 2ª cappella destra della Cattedrale

Il "Crocifisso di S. Bartolomeo" oggi nella 2<sup>a</sup> cappella dx della Cattedrale
[Il "Crocifisso di S. Bartolomeo", oggi nella 2a cappella dx della Cattedrale (foto Sabino Di Tommaso, 2011)]

Di questo crocifisso cinquecentesco un tempo innalzato nella chiesetta di S. Bartolomeo ed oggi affisso sulla parete di fondo della 2ª Cappella destra della Cattedrale, scrive incantato mons. Giuseppe Lanave:

"È il più bel CROCIFISSO che abbia Andria. C'è di più. Non è di scalpello napoletano, né di artista del nord.  È opera nostra, realizzata sul posto, probabilmente da mano andriese, in un periodo di rinascita della città.

Il "Crocifisso di S. Bartolomeo" nel 1994 nel presbiterio della Cattedrale
[Il "Crocifisso di S. Bartolomeo", nel 1994 nel presbiterio della Cattedrale
(foto tratta dal testo citato)]

È di legno tenero, quindi attaccato da tarli e termiti. Fu trovato nella cappella abbandonata di S. Bartolomeo, sotto l'apertura da cui pendeva la corda della campana e di dove scendeva con lo stillicidio della pioggia gran quantità di polvere. Giaceva nella muffa. I piedi e il perizoma, in particolare, erano svuotati dal tarlo. Si temette di doverli perdere.
Si chiese anche al prof. Banella, della Sovrintendenza di Firenze, se ere il caso di asportarli e di rifarli, rispettando con fedeltà il disegno originale. Per fortuna arrivarono già in quel tempo le resine americane, con le quali fu possibile fermare l'erosione, riempire i vuoti aperti dal tarlo e ridare consistenza alle parti compromesse.
Ciò che fece la collaboratrice di Banella la sig.na Francesca Pellegrino.

Questo Crocifisso fu esposto al culto in Cattedrale, sull'altare maggiore.
Ad un certo momento, mentre si tentava di calarlo, per motivi di studi, cadde e si spaccò. Sembrò che fosse accaduto un grosso guaio, ed invece alla fine la cosa risultò una provvidenziale disgrazia. Perché fu possibile risanare il Cristo così aperto, nella sua parte interna, ove il tarlo aveva lasciato profonde tracce di erosione; fu possibile riscoprire e mettere in luce il colore originario del Crocifisso.
Il lavoro fu fatto dalla Sovrintendenza di Bari con comptetenza ed arte
.

Scultura lignea dipinta: croce m. 3,62 x 2,oo
        Crocifisso m. 1,80 x 1,60
"

     Crocifisso di S.Bartolomeo, il capo (foto Sabino Di Tommaso 2017)
["Crocifisso di S. Bartolomeo": particolari del capo nel restauro (foto tratte dal testo citato)- foto del 02/2017 di Sabino Di Tommaso]

"Particolari del crocifisso ... caduto, spaccatosi, ricomposto dalla Sovrintendenza di Bari e ricoperto nel suo colore originario.
Notare la finezza del profilo, l'espressione del dolore, il colore livido del corpo.
"

[tratto da libro "Ho raccolto per voi" di Giuseppe Lanave, edito da Grafiche Guglielmi, Andria, 1994, pag. 4-11]

Nella seguente citazione la Gelao ipotizza una possibile attribuzione a Stefano da Putignano o alla sua bottega; scrive:

"Se il gidizio del Lanave pecca certamente di un'eccessiva benevolenza, non si può però disconoscere il grande interesse storico-critico offerto da questo Crocifisso, i cui caratteri stilistici così caratterizzati mi fanno azzardare, pur se con molta cautela, l'ipotesi che esso, se non di mano di Stefano da Putignano, sia almeno uscito dalla sua bottega o da quella di un suo ignoto seguace e imitatore. Allo stile di Stefano infatti rimandano i lineamenti del volto che, sebbene assai più emaciato rispetto a quelli solitamente scolpiti dal putignanese, presenta gli zigomi pronunciati e, soprattutto, il naso dritto e ben disegnato, concluso in basso da un perfetto triangolo in cui si iscrivono le narici, che ritroviamo nei volti dei suoi Santi e delle sue Madonne. Uguale osservazione si può fare per la struttura del corpo e, soprattutto, per il particolare intaglio dell'ampio perizoma, caratterizzato dai tipici solchi fitti e paralleli che si colgono nella produzione di Stefano ... . Anche i capelli segnati da solchi paralleli e ondulati, che identificano le ciocche, si ritrovano molto simili in due images pietatis scolpite da Stefano, rispettivamente per la chiesa matrice di Cisternino e per la chiesa matrice di Ceglie Messapica: ...
Simili confronti mi porterebbero a datare il Crocifisso andriese entro il torno d'anni compreso tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del Cinquecento."

[testo tratto da “ANDRIA RINASCIMENTALE - episodi di arte figurativa”, di Clara Gelao, Grafiche Guglielmi, Andria, novembre 2018, p. 174.]

Francesco De Nicolo nel suo sotto citato studio ipotizza autore di questo Crocifisso l'Andriese Gaetano Frisardi; scrive:

Sulla base di quanto osservato, avanziamo qui la proposta di restituire a Gaetano Frisardi anche il Crocifisso detto di "San Bartolomeo" che attualmente si venera nella cattedrale di Andria, proveniente, per l'appunto, dall'antica chiesetta di S. Bartolomeo. Il forte arcaismo dell'immagine motiva la precedente datazione al XV sec. e l'accostamento espresso da Clara Gelao (2020. pp. 191-197) a Stefano da Putignano con una datazione entro il primo quarto del XVI sec.
Il confronto del Crocifisso colle altre opere note del Frisardi, tuttavia, permette dì rilevare sensibili assonanze stilistiche. come nel trattamento dell'anatomia. nella durezza delle pieghe del perizoma che risulta del tutto uguale a quello annodato al cinto del Cristo morto di Cerignola e del Cristo flagellato di Bitonto, nell'incarnato olivastro-verdognolo, nei tratti del volto segnato da zigomi pronunciati e dal mento affilato, nella capigliatura segnata da solchi paralleli ed ondulati. ...
A nostro modo di vedere. ciò che accomuna il Cristo morto di Cerignola, i Misteri di Bitonto e il Crocifisso di Andria è il medesimo alone di antica sacralità che enfatizza la. venerabilità e l'inclinazione alla devota contemplazione del simulacro: ne consegue che l'immagine del Cristo, in orazione nell'orto, flagellato. coronato di spine, carico della croce, crocifisso e giacente, trasmette la sensazione di essere il prodotto di un Cristianesimo che rimonta alle prime comunità di cristiani, custodi della veridicità evangelica. Per tali considerazioni riteniamo plausibile che queste sacre immagini fossero preferite dalla committenza per essere adoperate nel corso delle ritualità liturgiche e paraliturgiche della Settimana Santa. ...
A conclusione di queste considerazioni sulla scultura lignea pugliese e sul simulacro del Cristo morto di Cerignola andrà constatato che l'attività di Gaetano Frisardi dové inserirsi in una fase, a cavallo tra XVII e XVIII sec., che precedette la più intensa "napoletanizzazione" della cultura artistica della Regione del pieno Settecento, fenomeno che comportò il definitivo adattamento dell'arte pugliese al modello figurativo partenopeo.

[testo stralciato dallo studio di Francesco De Nicolo " Alcune considerazioni sulla scultura pugliese in legno: il Cristo morto di Cerignola e lo scultore Gaetano Frisardi di Andria", in "Atti del 42° Convegno Nazionale sulla Preistoria-Protostoria-Storia della Daunia" (San Severo, 9-10 nov. 2021), t. II, San Severo 2022, pp. 45-58.]


Il Crocifisso “patiens” della Chiesa di San Nicola

Il "Crocifisso doloroso" trecentesco di Andria
[Il Crocifisso “patiens” quattro-cinquecentesco della Chiesa di S. Nicola (foto Sabino Di Tommaso, 2015)]

Nel presbierio della Chiesa di San Nicola, immediatamente dietro il meraviglioso altare settecentesco di Antonio Corradini, si eleva ad di sopra di esso un Christus patiens, probabilmente cinquecentesco o di fine Quattrocento, su un legno - croce di più recente fattura.

Tale Crocifisso è, quasi certamente, quello che fino a metà Settecento sorgeva nell'omonima cappella del Crocifisso della chiesa precedente l'attuale: quella che fu ristrutturata una prima volta nel 1748 e nuovamente tra il 1796 ed  il 1805.

Tali prime notizie sulla Cappella del Crocifisso e, di conseguenza, sull'antico Crocifisso ligneo che era affisso sul suo dossale, si rilevano da detta visita pastorale condotta in essa da mons. Alessandro Egizio il 5 settembre 1659.
Ecco quanto esattamente scrive in merito (tradotto in italiano):

"L’Ill.mo Signor Visitatore coi suoi coadiutori intorno alle ore 21 [tre ore prima del tramonto, circa le 16], si recò alla Chiesa di S. Nicola Trimodiense, e, proseguendo la Santa Visita, visitò la Cappella del SS. Crocifisso, che sorge anch’essa sul lato destro della Chiesa [guardando dal presbiterio verso l’ingresso], presso la cappella di S. Maria del monte Carmelo, ed è con volta a botte.

L’altare è in pietra con la lapide sacra ben inserita; come Icona [sul dossale] ha un Crocifisso di legno straordinariamente devoto e antichissimo, ai cui piedi dai due lati sono dipinte sul muro le immagini della B. Maria Vergine [Addolorata], S. Giovanni Evangelista e S. Maria Maddalena.

L’altare sorge su una predella di legno ed è dotato di tutta la suppellettile per la celebrazione [della messa], che pur non essendo elegante è convenientemente funzionale, e l’Ill.mo Signor Visitatore ordinò che sia la volta che le pareti della cappella fossero abbellite a spese dei beneficiati, … ."


[Il Crocifisso “patiens”affisso presso la porta sx della navata nella foto del 1937 della Sovrintendenza]

Certamente durante la completa ristrutturazione della Chiesa, avvenuta, come s'è detto, a più riprese nella seconda metà del Settecento, si dovette togliere questo Crocifisso da quella cappella è, a ristrutturazione ultimata, risistemarlo nella nuova descritta dal Borsella a metà Ottocento; scrive:

"La scultura del Crocifisso cui è sacra la quarta Cappella è riguardevole al disopra dell’Addolorata, e di S. Giovanni, dipinto da Calò di Molfetta che non si estolsero dalla mediocrità."

[tratto da "San Nicola", in "Andria Sacra" di G. Borsella, tip. F. Rossignoli, Andria, 1918, pag 137]

In tale descrizione egli vede nella cappella il Crocifisso scolpito al di sopra di un dipinto, che lui attribuisce ai Calò di Molfetta e che, ovviamente, è successivo a quello visto da mons. Egizio a metà Seicento; ha inoltre una collocazione diversa e non presenta anche la Maddalena.
La tela poi presente nell'attuale cappella del Crocifisso appare non essere neppure quella vista e descritta dal Borsella a metà Ottocento, perché il crocifisso non è scolpito ma dipinto ed ai suoi piedi è raffigurata anche la Maddalena.

Del tempo in cui il Crocifisso fu sistemato emergente dietro l'altare maggiore non mi è stato possibile reperire documenti; anche dagli scritti del Merra del 1906 e dell'Agresti del 1912 non perviene alcun cenno.
Tuttavia nel 1937 questo stupendo crocifisso si trovava (da qualche tempo) affisso in un ambiente di servizio a destra della Chiesa, in un ampio locale utilizzato per adunanze ed allora adiacente all'ufficio del prevosto. Tanto si evince dalla foto (qui riprodotta) scattata nel luglio del 1937 da A. Ceccato per conto della Sovrintendenza per i Beni Storici Artistici della Puglia e sul sito dei Beni Culturali attualmente (02/2023) pubblicata. Detta localizzazione è testimoniata da alcuni fedeli attualmente anziani (la famiglia Losito ed altri); quell'ambiente nei successivi restauri (della seconda metà del Novecento) fu eliminato per allestire più adeguati servizi igienici.

Christus patiens, crocifisso della Chiesa di S.Nicola, part.  Visita di mons. Egizio del 1659, part.  tela della Crocifissione di Calò
[part. del Christus patiens in S.Nicola, Andria(foto Michele Monterisi) - Visita di mons. Egizio del 1659, part. - tela della Crocifissione di Calò in S.Nicola, Andria (foto Sabino Di Tommaso)]

particolare del Crocifisso della Chiesa di S. Nicola
[part. del Christus patiens in S.Nicola, Andria
- foto Sabino Di Tommaso, 02/2020]

Le foto dell'emozionante crocifisso di San Nicola inserite in questa pagina evidenziano un "Christus patiens" di una serenità disarmante pur nella sua profonda sofferenza; è ancora vivo, lo si intuisce almeno da tre elementi: il capo non ricadente, il corpo non abbandonato sulle gambe appena ripiegate, le braccia quasi in linea che continuano a reggere il busto; la bocca appena socchiusa e gli occhi dolcemente velati dalle palpebre esprimono "passio humilissima", rassegnazione e consapevolezza che il proprio sacrificio volge a compimento.
L'alta espressività della scultura spinge a pensare ad un artista di una elevatura fuori dal comune; peccato che non ci sia stato tramandato il suo nome.

Una prima concisa descrizione del crocifisso è qui rilevata dalle note che accompagnarono la sua esposizione in Cattedrale nel settembre del 1986; esse riportavano un sintetico commento di mons. Giuseppe Lanave.

Guardo ora quel Crocifisso di S. Nicola, che ha tutta l’aria di un cinquecento. Strati di vernice lucida, ma per fortuna trasparente, hanno tentato di gettarlo nel dozzinale. Ma le sue linee allungate, il corpo affinato aristocratico, quasi spiritualizzato, lo riscattano dalla mediocrità. E il viso, anch’esso emergendo da tutta l’armonia del corpo, esprime un dolore che è soprattutto amore dignitoso, sereno, fermo.”

Ultimamente, nel novembre del 2018, la storica dell'arte, Dott. Clara Gelao, dirigente del Servizio Beni e Attività Culturali della Pinacoteca Provinciale di Bari, ha pubblicato nel sua opera “ANDRIA RINASCIMENTALE - episodi di arte figurativa” un interessante capitolo dedicato a questo crocifisso “Il Crocifisso della Collegiata di San Nicola ad Andria”. Dall'insieme della sua ricerca e analisi della scultura qui se ne stralcia solo una parte della dettagliata descrizione, invitando a leggere l'intero capitolo per una piena comprensione.

Devo confessare che, sin dal primo impatto che ho avuto con questa scultura, pur delusa dalla spiacevole alterazione della sua cromia, sono rimasta fortemente colpita dall'estrema eleganza formale di questo splendido Cristo, ritratto sulla croce a braccia spalancate, pressoché orizzontali, quasi avesse ritegno ad abbandonarsi alla morte.
Le membra sottili, quasi da adolescente, sono scolpite con un modellato sensibilissimo, morbido e sfumato, che pur mettendo in risalto la magrezza del torace dai capezzoli rilevati, dove emerge chiaramente la gabbia toracica, declina in basso nella lieve rotondità del ventre, scoperto sin quasi al pube, e nelle gambe sottili ma tornite, lievemente distanziate tra loro, che s'incrociano in corrispondenza dei piedi.
Rispetto al corpo giovanile, il volto scarno, incorniciato da capelli ondulati, con scrimatura centrale, sui quali poggia una corona di sterpi intrecciati, appare di età più matura, con zigomi sporgenti, occhi dalle orbite infossate, barba e baffi che scoprono completamente la bocca carnosa, appena socchiusa ad emettere l'ultimo respiro. Anche gli occhi sono socchiusi, si direbbe perché nessuno li ha ancora pietosamente composti, dato che sono chiaramente ciechi, privi di vita.
Il corpo è parzialmente coperto, dal basso ventre fino a metà coscia, da un perizoma biancastro a righe blu e rosse fissato sul fianco sinistro con un grosso nodo, da cui pende un ricco lembo. Anche nel perizoma si nota l'eleganza delle pieghe sottili appena rilevate, fortemente pittoriche, che si dipartono dal nodo e simulano il classico panneggio bagnato
.”

[testo tratto da “ANDRIA RINASCIMENTALE - episodi di arte figurativa”, di Clara Gelao, Grafiche Guglielmi, Andria, novembre 2018, pp. 164-165.]


[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]