L’Aula dell’Assemblea: le navate

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L’Aula dell’Assemblea: le navate

Per l’Aula dell’Assemblea dei Fedeli accolti in tre navate l’esposizione sia dei dati storici che delle analisi affettuate dagli studiosi, considerata la vastità dell'argomento, è qui frammentata nelle seguenti pagine:
- Uno sguardo d'insieme all'Aula attuale,
- L'Aula delle origini,
- L’Aula nel Cinquecento - Seicento, (in questa pagina)
- L’aula nel Settecento - Ottocento


L’Aula da metà Quattrocento a fine Cinquecento

Nell'aprile del 1438 Francesco II del Balzo ed vescovo mons. Dondei con i loro accoliti ritrovano il corpo di San Riccardo, ch'era stato nascosto nella Chiesa inferiore nel 1350, poco meno di un secolo prima. Alla fine della sua Historia inventionis nella quale narra detto ritrovamento afferma che nel 1451 (quando egli scrive) il sarcofago con le ossa di San Riccardo (esclusi cuore e capo separatamente conservati) era collocato sotto l’altare maggiore della Cattedrale, altare da lui allora spostato in fondo all’abside presbiteriale. Il Duca non parla di altre modifiche; il ritrovamento del corpo del patrono, per la rilevante importanza dell'evento e per l'aumentato afflusso di fedeli, provocò certamente ammodernamenti anche nella navata, ma Francesco II del Balzo non ne fa cenno, né troviamo documenti che ce ne informano, all'infuori di sommarie indicazioni su alcune lapidi sepolcrali dei vescovi che si succedettero e vi furono tumulati..

Ecco in ordine cronologico i versi degli epitaffi che ne fanno cenno, rilevati dall’ “Italia Sacra” dell’Ughelli che per primo li riporta.

- 1463 – lapide di Antonio di Gioannotto [per etimo forse spagnolo: Joannes nieto (= nipote di Giovanni)]:

[trascrizione del testo della lapide] [traduzione]

HIC JACET
FR. ANTONIUS DE JOANNOCTO
NOBILIS CIVIS ANDRIENSIS
EJUSDEMQUE EPISCOPUS, AC MONTIS PILOSII,
CUJUS INDUSTRIA
HÆC ECCLESIA REFECTA EST.
MCCCCLXIII.

QUI GIACE
FR. ANTONIO GIANNOTTO
NOBILE CITTADINO DI ANDRIA
DI ESSA VESCOVO E DI MONTE PELOSO [oggi IRSINA],
GRAZIE ALLA SUA OPEROSITÀ
QUESTA CHIESA FU RICOSTRUITA
MCCCCLXIII.

In questo epitaffio si afferma in modo vago che tra il 1460 ed il 1463, durante l’episcopato di Antonio Giannotti, la Chiesa Cattedrale fu ricostruita. Probabilmente, come scrive Filomena Lorizzo nelle pp. 56-57 della citata “La Cattedrale di Andria”:

I lavori compiuti in questo primo momento sono stati indirizzati alle navate laterali della Cattedrale, con il sollevamento delle volte a crociera e con la costruzione degli archi diaframma tra le navate ed il transetto (…)
Contemporaneamente ai lavori eseguiti sulle navate laterali, veniva costruita la volta del vano ipogeo, disponendo sostegni al centro, che bipartivano lo spazio coperto da volte a crociera.

Personalmente tuttavia ritengo del tutto insufficienti i tre anni dell’episcopato del Giannotti per apportare le ingenti modifiche ipotizzate dalla Lorizzo; se effettivamente furono attuate allora, dovettero iniziare prima o terminare diversi anni dopo.
C'è inoltre da considerare un particolare di non poco conto: il devastante terremoto del dicembre 1456 che rase al suolo molte città del Regno di Napoli, la vicina Canosa e provocò ingenti danni agli edifici di Andria; questa sciagura potrebbe essere stata la causa che costrinse mons. Giannotti a ricostruire e mettere a nuovo la sua Cattedrale, probabilmente nelle strutture indicate dalla Lorizzo.

- 1477 – lapide del vescovo Martino de Sotomayor (con un'iscrizione dichiarata poco leggibile da chi la trascrisse):

[trascrizione del testo della lapide] [traduzione]

MARTINUS TUMULO, QUEM REDDUNT STEMMATA,
(…)
ANDRIÆ & EFFECTUS PRÆSUL, MONTISQUE PELOSI
CONDIDIT IN TEMPLO PLURA SACELLA, LATUS
CAMPANILIS & ARCEM HINC EXIT PROVIDUS ÆRE,
ATQUE HUMUM SUPERANS EXTRUIT SACRARIUM.
MAJORIS PIUS ARÆ PRÆTEXTUM OPUS & (…)
MCCCCLXXVII.

AL SEPOLCRO DI MARTINO, COME TESTIMONIANO GLI STEMMI,
(…)
FU ELETTO VESCOVO DI ANDRIA E DI MONTE PELOSO
EDIFICÒ NEL TEMPIO MOLTE CAPPELLE, LA STRUTTURA
ELEVÒ E L'APICE DEL CAMPANILE DOTANDOLO DI CAMPANE,
E NELL'ADIACENTE GIARDINO COSTRUÌ LA SACRESTIA.
DEVOTO REALIZZÒ L'ELEGANTE ALTARE MAGGIORE (…)
MCCCCLXXVII.

fonte battesimale
[il fonte battesimale - foto Sabino Di Tommaso,2019]

In riferimento a quanto scritto in questa lapide, va evidenziato che le cappelle laterali vedono la luce con mons. Martino de Sotomayor, duca Francesco II del Balzo, e ciò implica che le navate laterali, ampie come le vediamo attualmente, fossero state già realizzate completamente dai vescovi precedenti (dal suddetto Antonio Giannotti e, se da questi non terminate, dai successori Ruggiero di Atella [1463-1465] e Francesco Bertini [1465-1471]). Inoltre è portato a termine il campanile, con tutti i registri e la cuspide, come giunti fino ai nostri giorni; altra nota di rilievo è l'erezione di un nuovo e ricercato altare maggiore

Infine a metà del Quattrocento Clara Gelao fa risalire la scultura del battistero marmoreo a forma di conca emisferica esternamente intagliato da profonde baccellature con una fascia superiore scolpita a stelle e fiori: tali sculture tuttavia interessano soltanto la fronte e i lati che erano visibili nella postazione originaria; la studiosa annota:

Esso è costituito da una conca emisferica monolitica in marmo bianco screziato di grigio, poggiante su un rocchio di pilastro di pietra, di fattura moderna.
La vasca è intagliata all’esterno con profonde baccellature che non interessano però tutto il corpo del Battistero, ma solo le parti visibili, anteriore e laterali (si economizzava anche in questo!). Stessa premura per il bordo, profilato da una fascia scolpita con stelle e fiori tenuti insieme da un sottile nastro.
Il tipo di decorazione e le plastiche baccellature inducono ad una datazione attestata intorno alla metà del XV secolo.

[testo tratto da “ANDRIA RINASCIMENTALE - episodi di arte figurativa”, di Clara Gelao, Grafiche Guglielmi, Andria, novembre 2018, pp. 85-86.]

Il fonte battesimale è stato sempre eretto immediatamente a lato della porta laterale sinistra della facciata, e sull’ingresso dell’adiacente cappella (quando questa fu eretta); dall’ultimo restauro della Chiesa (2009) è collocato nella 4ª cappella di destra. Di detto fonte se ne parla diffusamente nella pagina dedicata alla 1ª cappella di sinistra, sua iniziale collocazione.


affresco della pietà
[Affresco della Pietà - foto Sabino Di Tommaso]

Scarsissimi sono i documenti del Cinquecento inerenti ai lavori sull’edificio della Cattedrale; i più importanti sono i testi, soprattutto normativi, pubblicati da mons. Luca Antonio Resta negli ultimi decenni del secolo e la sua “Visita ad limina” del 10 maggio 1590.

Comunque a metà Cinquecento, sotto l’episcopato di mons. Gian Francesco Fieschi, la Cattedrale versava in grande abbandono; non solo non si facevano nuove opere ma neppure si riparava quanto deperiva; ciò si evince da un documento-denunzia del Governatore della Città del 1561, parzialmente riportato dall’Agresti nell’opera citata, dove si dice che la Chiesa minacciava rovina; lo storico purtroppo non cita le fonti di tale documento.

“ … per essere stata aperta, lassata et ruinata per sua antiquità, così ancora lo copertizzo (la copertura) della Chiesa et tetto, atteso piove tutto. E per la informatione di fabricatori et altri maestri esperti, quali sono stati super loco, costa si non si provede presto a tale riparatione la Chiesa predetta andarà in colasso (in rovina) … Costa ancora in la Sacristia non essernoci paramenti atti al servitio del culto divino …
Si mostra ancora per il dedutto il Rev.mo Giov. Franc. Fiesco Vescovo di detta città essere stato da anni et anni et più et de continuo haver fatta sua habitatione et domicilio in la città di Genova, né mai haverci fatta reparatione alcuna in detta Chiesa di fabrica né dispeso in ornamenti et paramenti per il culto, et ogni anno haversi perceputo dall’intrade di essa Chiesa docati ottocento et mille di continuo da suoi procuratori li sono stati remessi in la città di Genova … ”

[tratto da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", di Michele Agresti, tip. F. Rossignoli, Andria, 1912, vol.I, p. 200].

Nella navata non ci sono elementi di rilievo risalenti al Cinquecento.
Come si è ampiamente esposto nella pagina della veduta d'insieme della navata, l'Affresco della Pietà (qui a fianco riprodotto) esistente sulla controfacciata è stato probabilmente realizzato tra tra la metà del XV e l'inizio del XVI secolo.

Pianta della Cattedrale a fine Cinquecento - ipotesi
[Ipotesi di pianta della Cattedrale a fine Cinquecento - elab. elettronica di Sabino Di Tommaso, 2022]

A quel tempo, e fino al 1605, il Merra, (ed anche l’Agresti, ambedue rilevando forse i dati dal volume allora presente nell’Archivio della Cattedrale “Persecuzioni di mons. Franco …”), annota che presbiterio e coro erano molto differenti dagli attuali e da quelli che diverranno a Seicento inoltrato; gli scranni del coro erano infatti nella navata. Annota:

… il Franco nel 1605, volendo abbellire la Cattedrale, fece traslatare dietro l’altare maggiore il Coro da mezzo alla navata, ove, secondo il primitivo costume delle antiche cattedrali, era posto. Per la qual cosa situò il pergamo nella parte dell’Epistola, e la sua sedia pontificale nella parte dell’Evangelo.

[Emanuele Merra, “Monografie Andriesi”, Vol. I, p. 213; Michele Agresti, “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi”, Vol. I, pp. 227-228.]

Quindi nel Cinquecento il coro era nell’aula, o sopra la porta maggiore o, più probabilmente, nel transetto davanti alla cappella di S. Riccardo; sul vicino pilastro di sinistra, lato evangelo, era poi fissato il pulpito.

Mons. Resta a fine secolo, riparò ed ampliò sia la Chiesa Cattedrale che il palazzo vescovile; nella lapide si leggeva:

(…) CATHEDRALIS
TUM ECCLESIÆ TUM IPSIUS PALATII REBUS
INSTAURANDIS AMPLIANDIS ET OBNIXE TUENDIS (…)

Egli stesso inoltre, nella relazione che accompagna la Visita ad limina del 1590, conferma i lavori effettuati sul pilastro della Cattedrale tra le cappelle di S. Giacomo e S. Colomba e nell’episcopio, con considerevoli spese.

[trascrizione del testo originale in latino] [traduzione]

Cathedralis Ecc.[lesi]a Assumptioni B.[eatæ] V.[irginis] est dedicata in parietibus et tectis bene se habens cum sacrestia, Choro, capellis et campanili cum six campanis et organo satis honusto indigens tantum reparatione cuiusdam pilastri capellæ S.ti Iacobi et S. Columbæ quod quando citius reparari cura … … palatium pro Ep.[iscop]o coniunctum adest pluribus habitationibus et fabricis ab ipso Ep.[iscop]o avitum et magnis sumptibus per totum refertum et restauratum.

La Chiesa Cattedrale è dedicata all’Assunzione della Beata Vergine, avente ben messi le pareti ed il tetto con la sacrestia, il coro, le cappelle, il campanile con sei campane e l’organo molto ricco, bisognosa soltanto di riparazione di un certo pilastro tra le cappelle di S. Giacomo e S. Colomba, che quanto prima sia riparato; esiste il palazzo per il vescovo unito a molte abitazioni e botteghe, antichissimo e dallo stesso vescovo con elevate spese totalmente riparato e restaurato.


L’Aula da fine Cinquecento a inizio Settecento

Dei mutamenti avvenuti tra la fine del Cinquecento e nei primi anni del Seicento emerge soltanto una descrizione piuttosto generica del complesso.
Mons. Antonio Franco nella relazione sullo stato della Chiesa di Andria per la visita ad limina del 19 settembre 1608 comunica alla Santa Sede che nella zona più elevata della Città sorgeva la Chiesa Cattedrale intitolata a S. Maria Vergine Assunta, molto ampia, antica, mirabilmente organizzata in tre navate ed eretta su parecchie colonne e non necessitava di riparazioni. Comunica anche che era dotata di un grande organo, ben intonato e accordato (certamente quello che già nel 1590 mons. Resta aveva definito molto ricco → “cum ... organo satis honusto)

Est igitur in eminentiori parte Civitatis sita Ecc.[lesi]a Cathedralis sub titulo S.[anct]æ Mariæ Virginis assumptae, grandis admodu’, et antiquua, tribus navibusq[ue] miro ordine, aptè, ac pluribus colunnis disposita, nulla prorsus in praesentia[rum] indigens reparatione, cum ea, quæ vetustate, vel alio casu consumuntur, in dies reparentur.
Habet organũ grande, sonorum, musicæ accommodatũ;

Nella zona più elevata della Città sorge la Chiesa Cattedrale intitolata a S. Maria Vergine Assunta, molto ampia, antica, mirabilmente organizzata in tre navate ed eretta su parecchie colonne, attualmente non necessita di riparazioni, poiché immediatamente si ripara ciò che per vetustà o per altri eventi si deteriora.
Ha un grande organo, intonato e ben accordato.

Pianta della Cattedrale a fine Seicento- ipotesi
[Ipotesi di pianta della Cattedrale a fine Seicento - elab. elettronica di Sabino Di Tommaso, 2022]

I documenti dei vescovi successivi evidenziano un maggiore e proficuo impegno nel voler migliorare la struttura e le suppellettili della Cattedrale.
Nella relazione che accompagnava la visita ad limina del 1636 mons. Franceschini dichiara di aver ultimamente decorato con un nuovo soffitto a cassettoni la Cattedrale (i soli bracci del transetto, come precisa poi Egizio nel 1659) e ripuliti con sommo zelo i muri laterali dell'aula in ogni punto, che prima per l’antichità erano coperti di squallido nerofumo; scrive:

eiusdemq[ue] Cathed[ra]lis Ecc[lesi]æ novo laqueari pulchræ structuræ condecoratæ, muri laterales inpri[mi]s antiquitate suffumiceo oscuroq[ue] colore squallantis undiq[ue] dealbati summa cum alacritate devotionem excitant, Populiq[ue] frequentiam undiq[ue] convocant, et alliciunt.

le belle strutture della chiesa Cattedrale decorate con un nuovo soffitto a cassettoni, i muri laterali dell'aula, prima per l’antichità coperti di squallido colore nerofumo, in ogni punto ripuliti con sommo zelo eccitano la devozione, richiamano e attirano da ogni dove la frequenza del Popolo.

Mons. Ascanio Cassiano nella relazione sullo stato della Chiesa del 1654 fa presente che nelle tre navate si stava posando un nuovo pavimento di pietra bianca e, tolti i tre gradini che erano in mezzo (probabilmente tra navate e transetto), si pareggiava ordinatamente a livello. Dalla relazione sulle cappelle dei vari vescovi successivi, dove chiedono ai responsabili di lastricarle come l’aula portandole allo stesso livello, si potrebbe evincere che mons. Cassiano si limitò a pavimentare le sole navate, lasciando l’onere della pavimentazione delle cappelle ai beneficiari delle stesse. Dichiara che sette finestre strette e rotonde erano state allargate in una forma migliore e più elegante per accogliere coi loro vetri molta più luce; certamente non si tratta solo di quelle della facciata che danno luce alle navate ma anche delle altre del transetto e presbiterio, dove fino ad allora erano tonde e tali risultano dipinte sulla quattrocentesca anta del reliquiario raffigurante il Redentore su Andria. Afferma poi che stava realizzando tre nuovi portali in pietra bianca sull'accesso principale all'aula, artisticamente incisi. Fu una ristrutturazione talmente importante da essere riportata sulla lapide della sua tomba, sulla quale infatti poi si leggerà “Hostia ampliora, fenestras lucidiores vitreasque”.

In tribus eius navibus novum ad p[rese]ns ex albo lapide pavimentum sternitur, et subductis tribus gradibus, qui erant in medio, ad æqualitate concinnè complanat[ur]. …
Septem fenestræ, quæ angustæ et rotundæ erant ad lumen uberius recipiendum cum suis vetris in meliorem, et venustiorem formã adapertæ sunt, et in principali eiusdem Ecc[lesi]æ exteriori facie, quæ etiam pictura, quæ’ d[icitur]r’ à chiaro scuro, adornat[ur], tres novæ portæ fiunt ex albo lapide affabrè incisæ.

Attualmente nelle sue tre navate si posa un nuovo pavimento di pietra bianca e, tolti i tre gradini che erano in mezzo, si pareggia ordinatamente a livello. …
Sette finestre, che erano strette e rotonde, sono state allargate in una forma migliore e più elegante per accogliere coi loro vetri molta più luce; inoltre nel prospetto esterno principale della stessa Chiesa, che si adorna con una pittura detta chiaro scuro, si realizzano tre nuove porte in pietra bianca, artisticamente incise.

Mons. Egizio documentando la sua visita pastorale del 1659 relaziona in modo completo e ampio sull’organo, sul pulpito, sul pavimento con il relativo sepolcreto e sui tetti a lacunari realizzati dai suoi predecessori, nel presbiterio da mons. Strozzi, e nei bracci delle navate, cioè nel transetto, da mons. Franceschini, tetti che tuttavia necessitavano di riparazioni. In merito all'organo sembra che non lo cambi completamente, ma installi una nuova consolle (di Hircher, afferma il Borsella) e restauri la struttura esterna esistente, trovandola elegante.

Visitavit Organũ sex registris ornatũ, ut apparet. attament non adsunt nisi quinq;[ue] ab annis in quo est innixũ d.m organũ, est per vetustissimũ, et nimis indecens … organũ prædictũ ex aspectu est elegans, et pro cannibus comodas habet grates …
Deinde visitavit suggestũ, quod est ex ligno colore niveo illinito, et est a latere sinistro d.æ Eccl.æ in prima columna versus altare maius. …
Visitavit etiam Eccl.ã, scilicet pavimentum, in quo invenit deficere et desiderari aliquot lapides pro quibus accomodandis curam fuerit rogatum instrumentum intra Rev.mũ Cap’[itu]lũ, et mag; Franc. Paulũ Topputo, et mag; Sebastianũ Narducciũ prò qui.[bus] accomodan.[dis] dicti Magis; fuerunt integrè satis facti; …
Deinde suspexit tectũ Ecc.[lesi]æ, quod indiget per nimis reparat.[io]ne cũ undequaq.[ue] pluat; unum adest ex parte superiori supra Præsbiteriũ est cum laqueari ex abete virgulis nigri coloris intertextu cũ insigniis q.m Episcopi Strozzi, aliud verò quod est sup.[er] bracchijs Ecc.[lesi]æ ex eodem opere à q.m Ep.[iscop]o Francischino confecto cuius insignia etiam in medio …
Visitò l’Organo composto di sei registri, ma ne scorgono solo cinque. Dagli anni in cui detto organo fu costruito risulta più che antichissimo e ridotto molto male: … L’organo predetto ha un aspetto elegante e presenta adeguate grate per le canne; …
Successivamente visitò il pulpito, realizzato in legno colorato di bianco, posto sul lato sinistro della Chiesa [guardando dal presbiterio] fissato alla 1ª colonna verso l’altare maggiore.
Visitò anche [l’aula della] Chiesa, cioè il pavimento; in esso trovò mancare ed essere necessarie alcune lastre di pietra e che per provvedere alla sistemazione delle stesse era stato stipulato un atto tra il Rev.do Capitolo e i maestri Francesco Paolo Topputo e Sebastiano Narducci; per tale riparazione i due maestri erano stati totalmente pagati. L’Ill.mo Sig. Visitatore ordinò che i due Maestri fossero citati in giudizio in base al predetto atto, affinché entro un mese il pavimento della Chiesa appaia del tutto riparato.
Indi visitò attentamente il tetto della Chiesa, in quanto necessita di moltissime riparazioni, piovendo in molti punti; una [falla] è nella parte superiore del Presbiterio la cui volta è realizzata a cassettoni riquadrati da regoli di color nero con l’insegna del Vescovo Strozzi, l’altra poi è nelle volte dei bracci del transetto (o basso presbiterio), realizzate allo stesso modo dal Vescovo Franceschino, la cui insegna è in mezzo …,

Mons. Triveri nella visita pastorale del 1694 dichiara che prima della festa di S. Riccardo desidera rendere a cassettoni la volta della navata centrale che non era neppure a volta come le laterali; non ho trovato documenti successivi che ne dichiarino la realizzazione.

Constat autem Eccl[esi]a ex tribus navibus quarũ duæ latareles sunt fornice opertæ; media autẽ nec est fornicata, nec laqueata, sed Deo dante, Ill.mus Dom. ep[iscop]us, et Visitator ante festũ S. Ricardi illã laqueatam reddere sperat

La Chiesa è formata da tre navate: le due laterali hanno la volta a botte, quella centrale non ha né la volta a botte né quella a lacunari, ma, se Dio vorrà, l’Ill.mo Signor vescovo e visitatore spera di renderla a lacunari prima della festa di S. Riccardo

Passeranno poco più di due decenni e mons. Gian Paolo Torti nel 1720 ristrutturerà completamente la Cattedrale.
Di tale sostanziale ristrutturazione se ne parla nella pagina che la documenta, evidenziando come si presentava l'aula nel Settecento e nel successivo Ottocento.

NOTE


[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]