Il D'urso la vide a suo tempo eretta in tre navate, e riccamente affrescata. Egli, nel cap. VI del libro II della sua "Storia della Città di Andria", infatti scrive:
"Di fatto quella chiesa detta di S. Michele al Lago, prima suburbana, mentre ora attacca con la catena delle urbiche abitazioni, fu allora edificata [secondo il D'Urso il V sec.]. Essa trovasi circondata da un numero immenso di sepolcri, i quali, come dissi dinanzi nel lib. I. cap. 3. ebbero luogo a canto alle Chiese dal sesto sino al nono secolo, in cui si permise ai cadaveri cristiani la tumulazione dentro le chiese. Qui anticamente eravi una confraternita sotto il titolo di esso Santo, vestendo il sacco bianco, e la cocolla. Venne poi interdetta, e quindi dismessa da Monsignor Resta, per le continue risse, che si eccitavano tra i confratelli. Questa chiesa rimane tutt’ora esposta alla pubblica adorazione; benchè rifatta in molti punti, e segnatamente nel prospetto, e nelle volte delle tre navi. Sono degne di considerazione le sue antiche pitture di greco pennello."
"Due chiese sacre al culto di S. Michele sono erette in Andria. S.Angelo chiamato al lago, e la seconda che é una cappella di città [Sant'Angelo de' Meli]. La prima è assai più capace, messa fuori l'abitato suburbano. Ha una tal quale prospettiva con piccolo campanile. Ha tre navi con otto archi quattro a destra ed altrettanti a sinistra a sostegno della volta. Tre finestre due rotonde ed una ovale site nella facciata che le danno sufficiente lume oltre quattro nei fianchi del presbitero.
L'altare maggiore è formato di viva pietra. Dietro allo stesso in faccia al muro scorgesi a fresco l'immagine a San Michele, con lunga lancia alla destra confitta nel seno del comune nemico avendo lo scudo a sinistra col motto Quis ut Deus? Porta in testa un elmo piumato. Tiene inoltre ai suoi piedi quattro spiriti di Averno, ... . In cima è dipinta la Concezione.
Nel muro a fianco dell'altare osservasi S. Lionardo in abito di monaco basiliano con ferri e ceppi alla destra e libro chiuso nella sinistra. Nel mezzo S. Michele con bilance in mano, in una delle cui coppe un'anima a forma di fanciullo è messa. ... Accanto S. Michele mirasi una Vergine con aureola in testa ... e con la palma del martirio in mano. ... Accanto al dipinto in carattere semigotico è scritto il nome di Nicola Tesse sacerdote di questa chiesa cattedrale, forse perchè a di lui spese fu eseguito quel quadro nel pariete.
In una nicchia poi scorgesi una statuetta di S. Michele con la iscrizione dell'Artefice, che la ritrasse: Richardus Brudaglio sculpsit Andria a.d. 1711." ...
Così poi scriveva il Borsella per la "Chiesa suburbana di San Michele", in "Andria Sacra", ai primi del 1800 (pp.292-293)
Dai testi di alcuni storici (come sopra il Borsella) si rileva che
nel presbiterio dell'antica chiesa di Sant'Angelo al lago c'erano due affreschi di San Michele.
Uno era sull'altare maggiore: un Arcangelo affrescato come un condottiero
nel caratteristico atteggiamento di difensore dell'integrità del cristiano contro Satana
(donde l'invocazione di Leone XIII del 1866 recitata a fine messa:
Sancte Michaël Archangele,
defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.).
L'altro era in un insieme di affreschi come in un trittico, sulla parete destra del presbiterio
guardando dalla navata (in cornu epistolae). Al centro di questa
composizione era
dipinto il protettore della Chiesa, San Michele Arcangelo psicagogo e psicopompo, che in
lotta con il Maligno nel pesare e condurre le anime, sottrae dalle sue grinfie quella
del giusto, impedendo che il suo piatto della bilancia fosse da Satana
trascinato verso il basso dannandolo; è opportuno qui ricordare che nelle nostre terre la diffusione di San Michele fu
realizzata dai Longobardi dopo la vittoria sui Bizantini dell'8 maggio del 663 (trasformando
anche a seguito di ciò il suo
angelico abito bianco in armatura). A sinistra
dell'Arcangelo, verso l'abside, era dipinto San Leonardo, il
cui culto fu portato e diffuso in Andria dai Normanni del conte
Pietro, figlio d'Amico della stirpe degli Altavilla, intorno al 1042. Alla destra,
verso la navata,
era poi raffigurata una santa martire, forse S.Lucia per la vicinanza
all'omonima chiesetta della contrada, o anche S. Agata; la
devozione a queste due sante fu introdotta nel nostro territorio sempre dai Normanni, risalendo
dalla Sicilia. (Il dipinto poteva comunque rappresentare qualsiasi altra
antica martire, come S. Agnese, S. Dorotea, ...).
Dei due affreschi su descritti è molto probabile che quello sulla parete destra dell'Arcangelo psicagogo con la scritta in caratteri semigotici fosse molto più antico rispetto a quello nell'abside; forse quest'ultimo sull'altare fu realizzato nei lavori di restauro ordinati nel Settecento da Mons. Nobilione, lasciando sulla parete destra anche la su descritta composizione per l'importanza storica e religiosa dei soggetti rappresentati. È da supporre che tale composizione (dell'Arcangelo con San Leonardo e una Martire) affrescata in Sant'Angelo al Lago sia coeva, se non addirittura precedente (penso del Trecento, per il S. Leonardo e l'adiacente ospizio pellegrini), al trittico (di San Michele con Sant'Antonio, San Francesco e San Bernardino con San Pietro) dipinto nell'ottavo decennio del Quattrocento da Bartolomeo Vivarini (un particolare nella foto a lato) e presente in Santa Maria Vetere fino al 1891, quando fu traslato alla Pinacoteca Provinciale di Bari.
"La Chiesa di S. Angelo al lago, anticamente, era a tre navi, ed era anche decorata di mediocri affreschi.
Al tempo della peste, che afflisse la nostra città, quella Chiesa, come tante altre, venne adibita a sepoltura. Però fu poscia ritornata al culto, ed esisteva in quella Chiesa una Congregazione, intitolata a S. Michele, i di cui Confratelli indossavano un sacco bianco con cocolla.
Il Vescovo Resta, nel 1582, interdisse quella Chiesa e sciolse la Congregazione, che componevasi di persone dissolute e rotte ai vizii. Il Capitolo Cattedrale ne tenne quindi la custodia, nominando dal suo grembo il Cappellano, che ne curasse il culto. ..."
Così scriveva l'Agresti in "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", nel 1911 (Vol II, pag.69)
"... Molto probabilmente esisteva in quel luogo (verso Corato) una chiesetta suburbana risalente almeno al sec XII col titolo di 'Sant'Angelo al Lago' (abbiamo un riferimento in una formella della cappella di S. Riccardo: 'Dominus Tomas de Sancto Angelo a sanguine fluxu'). Le cronache riferiscono che era adibita a sepolcreto, data la sua collocazione fuori città.La chiesetta è segnalata ufficialmente per la prima volta nella visita pastorale di mons. Triveri nel 1694. ..."
Tratto da "Diocesi di Andria - Annuario 1992", Grafiche Guglielmi, Andria, 1992, pag180
Infine nel gennaio del 1882, nel discorso tenuto all'inaugurazione della nuova Chiesa, il Canonico Nicola Cristiani così descrive l'antica chiesa, rilevando gran parte delle notizie dal testo del Borsella:
"... nella demolizione dell'antica Chiesa per ricostruirsi la presente, veramente e dentro e fuori di essa si sono trovati gli anzidetti sepolcri, dentro cui si sono pure ritrovate monete proprie di quell'epoca [alto medioevo]; come consta, e si possono tuttavia osservare.... l'Artefice-Muratore [Giovanni Caricato] di questo tempio novello, giudice competente in si fatta materia, sulla sua fede mi assicurava esservi qui state tre diverse costruzioni; una a tavolato e due a volte. E ciò rilevato avea dalla diversità delle costruzioni e dei muri laterali nel demolire l'antica. ...Chi bramasse avere un'idea della Chiesa esistente pria di questa [del 1881], eccone una breve descrizione: Fuori delle mura della città di Andria, alla parte orientale di essa sulla via vecchia, che mena alla città di Corato sorgeva l'antica Cappella a S. Michele Arcangelo dedicata. Aveva un prospetto in epoca più vicina a noi rinnovato con un piccolo campanile e con una porta d'ingresso, che guardava il mezzogiorno. Nell'interno vi aveva tre navi con otto archi quattro a destra ed altrettanti a sinistra a sostegno della volta. Tre finestre due rotonde ed una ovale erano site nella facciata di prospetto, quattro ai lati del presbitero per darle sufficiente luce, sporgenti sul parco un dì del signor Margiotta, ed ora proprietà dei signori Durso. Ove terminavano le navate incominciava un piccolo presbitero con un solo gradino di pietra, in fondo un piccolo coro, nel mezzo l'altare maggiore di viva pietra. Dietro questo sulle pareti del coro era dipinta a fresco l'imagine di S. Michele Arcangelo con lunga lancia nella mano destra confitta nel seno di orribile ceffo, mentre la sinistra imbrandiva lo scudo, si leggeva il motto « Quis ut Deus ». Un elmo piumato graziosamente coprivagli il fronte di luce angelica raggiante. Ai suoi piedi teneva avvinti quattro spiriti infernali con occhi di brace, con volti di fuoco, con bocche spalancate, con denti digrignanti, con teste cornute, con omeri alati, con code attortigliate giacenti nelle fiamme divoratrici spietatamente orrendi e smaniosi.
Questo affresco offriva nell'insieme un altare con colonne laterali, basi e capitelli.
Nel muro a fianco l'altare osservavasi S. Leonardo in abito di monaco basiliano, con ferri e ceppi alla destra e il libro chiuso nella sinistra. Nel mezzo S. Michele con una bilancia in mano, della quale in una delle coppe un'anima in forma di fanciullo era pesata. Accanto a San Michele vedevasi una Vergine con aureola in testa e con la palma del martirio in mano. Accanto al dipinto in cifre semi-gotiche era scrittto il nome di Nicola Tesse sacerdote di questa cattedrale, forse perchè a sue spese fu rinnovato quel dipinto sulla parete.
In una nicchia poi scorgevasi una statuetta di S. Michele che da guerriero imbrandiva la spada contro lo spirito ribelle, con la iscrizione dello scultore «Richardus Brudaglio sculpsit Andrien A. D. 1711» la suddetta nicchia poggiava sopra un vecchio altare.
Questa nicchia doveva essere una porta antica, che sporgeva sul parco del signor Margiotta; perchè si leggeva al sommo dell'arco la seguente iscrizione «Hospitium peregrinorum».
Nel corno dell'Evangelo e a manca di chi entrava nella Chiesa vicino all'altare maggiore, eravi una sagrestia, ove scorgeasi una finestra sporgente sul parco anzidetto, ivi vedevasi un altro affresco di Gesù sulla croce con l'Eterno Padre, dietro al Crocefisso una cortina di cancelli quadrati di colore scarlatino. Ad un lato della porta eravi la fonte dell'acqua benedetta di pietra scanalata con una rosa nel centro, che poggiava sopra una colonnetta, nella cui base leggevasi 1634. [il Borsella scrive: 1633]"
[tratto da “La nuova chiesa di S. Michele al lago e di S. Giuseppe di Andria” di N. Cristiani, tip. Pont. Mareggiani, Bologna, 1887, pagg.36-37]
I primi documenti attualmente disponibili sono: quello quattrocentesco di una delle formelle scolpite nel cappellone di San Riccardo in Cattedrale, e il racconto dei miracoli elargiti dal Santo sulla base dei quali esse sono scolpite. La "LEGENDA GLORIOSI SANCTI RICHARDI QUANDO MIGRAVIT AD DOMINUM" è un testo scritto dal Duca di Andria Francesco II del Balzo intorno alla metà del Quattrocento attingendo le notizie dalla tradizione popolare. Egli dichiara dapprima perché racconta e poi riporta alcuni miracoli, tra cui quello a favore di Don Tommaso, sacerdote di Sant'Angelo (testo in latino, qui nella traduzione di P. Antonino Jorio):
"Quando considero fra me stesso la grazia di cui in questi tempi siamo privilegiati, cioè di essere governati mediante l'intercessione di un padre si grande, la carità mi sforza in maniera ch'io non posso più serbare il silenzio, ma voglio palesare quello che ritengo degno che sia detto. ... Secondo che risulta da questi [scritti importanti], sono certamente andate perdute le azioni (del santo) a causa della incuria dei trapassati, onde non siamo stati ritenuti degni di ricuperarle troppo segnalatamente per mezzo d'un prodigio; nondimeno, perché anche la fede mantenga il suo posto, ci è permesso fare indagini in penombra e piuttosto celebrare il santo per mezzo dei suoi miracoli. ...
Il Sacerdote D. Tommaso di S. Angelo, de’ più accaniti tra gli avversari del Santo, afflitto da largo ed ostinato flusso di sangue, non avendolo potuto arrestare con tutti gli aiuti umani, ne venne ridotto agli estremi di vita, e domandò i Sacramenti della Chiesa per disporsi al passaggio dal tempo all’eternità. Nel confessarsi, tra l’altre colpe accusò la sua incredulità riguardante S. RICCARDO, su di chè il Confessore ammonendolo con caldo zelo, lo assicurò avere egli veduto in visione il Santo, che custodiva e proteggeva la Città con grande diligenza, e che per lui la loro Patria andava immune da molti flagelli. In udir tali cose l’infermo esclamò: Oh S. RICCARDO! se veramente sei Santo, intercedi presso Dio per la mia salute. Terminata la sua invocazione, la malattia scomparve, le forze rinacquero, e la salute fu compiuta in un medesimo tempo."
Questo documento attesta che la chiesa di Sant'Angelo esiste almeno dal Quattrocento; il fatto poi che a quell'epoca fosse già nella tradizione fa pensare a un evento accaduto nei secoli precedenti, tra il XII e il XIV.
Un documento del 1138 archiviato tra le pergamene di Barletta fa pensare che forse durante il dominio normanno e nel successivo svevo, in seguito al possesso di diverse proprietà nel territorio Andriese da parte dei benedettini di Montesacro (presso Monte Sant’Angelo), sia avvenuto in Andria il maggior sviluppo del culto a San Michele Arcangelo, sia in Gurgo ad instar che in questa Chiesa e ospizio di Sant’Angelo al Lago, pur se probabilmente la venerazione dell'Arcangelo era stata già introdotta in Città nel periodo longobardo.
Presso la Chiesa di Sant'Angelo al Lago esisteva una Confraternita; l'Agresti, nel testo su citato, scrive che "Il Vescovo Resta, nel 1582, interdisse quella Chiesa e sciolse la Congregazione". Di un documento su tale disposizione di Mons. Resta non ho trovato traccia. La Confraternita è certamente documentata almeno dal 1644. infatti il 7 novembre 1644 il vescovo Ascanio Cassiano, nella sua relazione inviata alla Sacra Congregazione del Concilio per la triennale "Visita ad Limina", enumerando le dodici confraternite laicali esistenti nella Diocesi, cita
"Adsunt quoad duodecim Confraternitates Laicorum ... S.ti Angeli de Lacu in propria Ecc.a extra Civitatem, ... quæ circà pia opera, precipue verò subveniendo pauperibus, carceratis, et egenis puellis subsidia dotalia praebendo versant. ..."
Della Confraternita di S. Angelo al Lago un altro documento dell'anno 1693 è citato da mons. Merra nelle pagg. 516-517 del vol. II delle sue "Monografie Andriesi":
"Vignali 3 nel medesimo territorio, e propriamente al Trapizzo della via di Corato, appartenenti a D. Giovanni Gavetta, il quale trovandosi debitore verso della Ven. Confraternita di S. Angelo al Lago, fuori le mura di Andria, di ducati 48; le assegnò, col patto di ricompra, vignali 3, apprezzati ducati 90, che lasciò a beneficio del Convento del Carmine, il quale allora si stava ergendo, giusta il testamento di Notar Menduto del dì 7 febbraio 1693. Il Convento in forza di tale diritto pagò alla Confraternita li ducati 48, e questa gli rilasciò li 3 vignali, come dall’Istrumento di ricompra, stipulato dal medesimo Notaio, a dì 8 maggio 1701. [in nota: Platea omnium bonorum tam stabilium quam Censuum Conv. Carmelitarum Andriae, confecta a R. Padre Alberto Morselli Andriensi Vicario Prioreque huius novae fundationis Conv. primo alunno. A. D. 1716, fol. 59. (Curia. Vescovile)]"
Annesso alla Chiesa di Sant'Angelo al Lago c'era un "Hospitium peregrinorum",
probabilmente simile e complementare a
quello che sorgeva accanto all'Annunziata.
Esiste una documentazione iconica della
Città di Andria e dintorni disegnata da
Francesco Cassiano de Silva e pubblicata il 1703 in
"Il Regno di Napoli in prospettiva, diviso in 12 Provincie" dell'abate Pacichelli;
in essa, fuori dell'abitato, la Chiesa di Sant'Angelo tra i campi è
disegnata affiancata su ambo i lati da una costruzione che, quasi
certamente, simboleggia quel rifugio per i pellegrini, sul cui accesso dalla chiesa era
appunto scritto "Hospitium peregrinorum".
Scrive infatti Nicola Cristiani in una nota del Discorso (su citato) di apertura della nuova chiesa
costruita a fine Ottocento: "Questa nicchia doveva essere una porta antica,
che sporgeva sul parco del signor Margiotta; perchè si leggeva al sommo dell'arco
la seguente iscrizione «Hospitium peregrinorum»."
La Dott.ssa Antonia Musaico, esperta in storia e dialetto locale, per l'approfondimento dei quali ha prodotto numerosi e apprezzatissimi libri e ricerche, ha fornito qualche anno fa (2009) questa breve testimonianza autografa, raccolta dagli anziani negli anni Settanta del Novecento:
"... le notizie che riporto non sono desunte da libri storici o religiosi, bensì apprese dalla viva voce di popolani anziani che oggi, se fossero in vita, avrebbero più di centoventi anni.
La nostra chiesa era chiamata «San Michele al lago» perché d'inverno, l'acqua che scendeva da monte Faraone, formava vicino alla chiesa un lago che rendeva impossibile il passaggio. Per andare da via Angiulli a via Salvator Rosa [due strade nei pressi della chiesa] gli abitanti costruirono un ponte di legno e ancora oggi, per indicare quella zona, si dice «saupə au pondəciddə». Inoltre vicino alla chiesa c'era e c'è ancora oggi, un istituto di suore che avevano il compito di dare ospitalità a coloro che la sera, dopo che si erano chiuse le porte della città, rimanevano fuori. Era pericoloso perché molti animali si aggiravano, per fame, vicino alle mura del paese ed era pericoloso anche per la salute di quegli sventurati. Le suore così accoglievano quegli ospiti infreddoliti e affamati e come richiamo sulla porta dell'istituto era scritto «Refugium peregrinorum». Ho letto personalmente queste parole che sono state cancellate quando, pochi anni addietro, le suore hanno abbattuto la vecchia sede e hanno fatto costruire quella che oggi ammiriamo. Vicino all'istituto si estendeva un grande «parco» e in esso erano sepolte, dopo il decesso, sia le suore che persone di altra provenienza. La conferma di ciò si ebbe quando fu costruito il palazzo che si trova ad angolo tra via Poli e via Angiulli. In quella circostanza, durante gli scavi per le fondamenta del palazzo, furono rinvenute delle ossa umane."
Riporto qui sotto un particolare del citato disegno del De Silva, nel quale ho tracciato il percorso approssimato del torrente Aveldio presso la Città, la sua golena naturale a Sud-Est della Chiesa di Sant'Angelo che nel periodo delle piogge si allagava formando un acquitrino e altre scritte espicative di quanto si argomenta in questa pagina.
Questo antico disegno è qui utilizzato per visualizzare una situazione fuori città
esistente nel Duecento, pur se esso rappresenterebbe Andria a fine Seicento.
Quanto costruito fuori mura qui raffigurato esisteva già
nel secolo dodicesimo, tranne il monastero degli Zoccolanti,
o Frati Minori Osservanti di Santa Maria Vetere, sorto ai primi del quindicesimo.
C'erano già infatti, oltre alle chiese dell'Annunziata e di Sant'Angelo,
l'antica chiesetta di Santa Lucia, l'eremo di Sant'Onofrio (San Sebastiano),
il monastero di San Tommaso (Madonna delle Grazie) e la cripta di Santa Croce
ai lagnoni.
La dislocazione dei vari ospizi-ospedali non è certamente casuale.
Due di essi (di S. Maria della Misericordia e di S. Riccardo)
erano dentro le mura adiacenti a Porta Santa, a servizio precipuamente
dei cittadini; due (di Sant'Angelo e dell'Annunziata)
erano nei pressi e appena fuori, sui diverticoli
[1]
che dalla Traiana collegavano il borgo ai centri viciniori (a Canosa, per i pellegrini
in transito per il Nord, a Corato per quelli in viaggio verso Brindisi).
I due ospedali fuori mura si trovavano inoltre presso l'Aveldio,
le cui carrarecce di riva
dall'antica Via Minucia e, poi, dalla stessa Traiana rasentavano l'abitato
e conducevano a Barletta o Trani, dove si allacciavano alla via Francigena litoranea.
Questo insieme di circostanze dà credibilità all'ipotesi che tali
ospizi annessi alle chiese siano sorti tra il IX e il XIV secolo per sostegno - soccorso dei pellegrini (per
rifocillarli, ricoverarli e curarli se necessario); la loro esistenza
divenne infatti indispensabile nel periodo a cavallo tra il Medioevo e il
Rinascimento quando il fenomeno
religioso diventò consistente, al tempo cioè dei grandi pellegrinaggi,
sia in Terra santa che a San Nicola di Bari e sul Gargano.
Tra il 1732 e il 1738 la Chiesa di Sant'Angelo al lago subisce dei fondamentali restauri.
Viene quasi rifatta l'intera facciata che minaccia rovina e alcune finestre,
è riadattata poi la copertura e dipinta tutta la Chiesa.
Probabilmente queste radicali ristrutturazioni sono non solo
causate da una necessità di restauro, ma anche frutto
dei fermenti rinnovativi esplosi nel Settecento barocco andriese, che
interessò sia le chiese maggiori (Cattedrale, S. Agostino, S. Francesco, Annunziata, ... )
che le minori (Mater Gratiae, ...). Una conferma inoltre dei lavori effettivamente realizzati
ci giunge da quanto scrive il D'Urso (nel testo su citato) intorno al 1840:
"Questa chiesa rimane tutt’ora esposta alla pubblica adorazione; benchè
rifatta in molti punti, e segnatamente nel prospetto, e nelle volte delle tre navi."
Tali lavori risultano disposti (e poi realizzati) da due
visite pastorali effettuate da Mons. Nobilione nel 1732
e nel 1738. Nel 1732 il vescovo prescrive di restaurare la facciata e le
finestre:
"... [Eccl.ae S. Angeli ad Lacum] cuius prospectivã[e] fabricã[m] cũ[m] ruinas minitã[n]tē[m] aspexisset, eã[m] reparari mandavit, ... necnõ[n] duas fenestras vitreas, et ligneũ[m] reparat.[io]ne ã[n]te Ianuã[m] maiorē[m] positũ[m] refici mandavit, sub poenis &."
Nella visita del 1738 trova eseguito perfettamente quanto ingiunto nella precedente, tanto che di ciò, com'è d'uso, ringrazia il Signore, comanda soltanto di ridipingere la chiesa e ristrutturare l'esterno, nonché sistemare alcuni paramenti sacri, pianeta e tovaglia dell'altare. Scrive infatti:
"... ad Ecclesiam S. Angeli sitã[m] extrà menia secus viã[m] ducē[n]tem ad Coratũ[m] se contulit, eamque cũ[m] benè aptatam repererit iuxtà disposita in antecedentibus visitationibus, Deo de more gratias egit, solũ[m]modò mandavit, Eccl.[esi]am pictam de novo ruis sali provideri, ac casulam re aptari, novãque mappam superiorē Altari fieri, et apponi, ..."
Nel sottostante particolare della planimetria della Città di Andria del 1875,
(pubblicata a cura della Banca di Andria Credito Cooperativo e proveniente dalla collezione di mappe dell'ing. Riccardo Ruotolo,
che insieme all'arch. Nunzia Petruzzelli ne ha curato l'elaborazione grafica per la stampa),
è possibile osservare la zona presso la Chiesa di Sant'Angelo. Nel particolare qui riportato
sono state colorate in giallo o verde le particelle che probabilmente
erano di competenza della Chiesa: in giallo le strutture che si ipotizzano un tempo dedicate
all'Ospizio per i Pellegrini e alla Confraternita, in verde l'annesso parco, che tuttavia ai primi dell'Ottocento
apparteneva alla famiglia D'Urso e, precedentemente, ai Margiotta.
Attualmente e da oltre settant'anni gran parte di queste strutture sono state
donate ad un istituto religioso (Piccole Operaie del Sacro Cuore), che le ha in gran parte
gradualmemte acquistate, demolite e riedificate
utilizzandole come Scuola dell'Infanzia.
[Chiesa di S.Angelo e particelle di probabile competenza (in giallo e verde) nella planimetria del 1875
elabor. elettr. del colore e inserimento testi su originale pubblicato dall'ing. Riccardo Ruotolo e dell'arch. Nunzia Petruzzelli]
NOTE