Per il grande Presbiterio l’esposizione sia dei dati storici che delle analisi affettuate dagli studiosi,
considerata la vastità dell'argomento, è qui frammentata nelle seguenti pagine:
- L’ampio presbiterio, visione d'insieme,
- Il profondo abside con il Coro del Quattrocento,
- Le tre recenti strutture liturgiche,
- Il trecentesco "Crocifisso doloroso",
- Il Portale del 1544 e l'antico Altare-Cappella della Natività, (in questa pagina)
- I demoliti Trono e Coretto Baronale,
- L’altare di Jacopo Colombo nel Presbiterio d’inizio Novecento.
[Schema grafico del lato sx del presbiterio a metà Seicento - Il portale
ospita per un ventennio l'altare del Crocifisso (foto A.Malgherini 1938) -
attuale collocazione del portale sull'accesso alla Sacrestia,
foto Michele Monterisi,2011]
Alcuni storici locali, dall'Ottocento in poi, hanno affermato che la Cappella della Natività di Gesù, “o del Messia”,
inizialmente fosse sulla parete destra del presbiterio.
Dai più antichi documenti disponibili, di seguito citati, emerge invece che la
“Cappella della Natività di Nostro Signore” è stata sempre quella ancor oggi detta di “Santa Maria del Capitolo”
(1644: Cappella seu Altare Nativitatis D.omini N.ostri vulgo dicta Beatæ Mariæ de Capitulo) localizzata tra la Cappella di S. Riccardo e quella di S. Giuseppe.
Sul presbiterio, invece, presso la cappella del SS. Sacramento (oggi della Sacra Spina) c'era un “Altare della Natività di Maria Vergine”,
ornato di questo splendido Portale datato 1544.
Dalle relazioni delle Visite Pastorali di mons Ascanio Cassiano del luglio 1644, di mons. Pietro Vecchia del giugno 1690, di mons. Francesco Antonio Triveri dell'aprile 1694 e di mons. Andrea Ariano del giugno 1697 e del giugno 1704 si estraggono i testi che espongono i dati inerenti l'Altare (Cappella) della Natività della Beata Maria Vergine, nel Seicento presente nella parete destra del presbiterio.
[trascrizione del testo originale in latino] | [traduzione] |
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Cappella Nativitatis Beatæ M. Virginis
Lamina sepulturæ, ad quos spectat, eius pars occupatur à Bradella muro firma cũ calce obducto debeat[ur],
et in alia parte os illiq. aperiatur infra mensem sub pœnis &, et o[mn]ia ad usum sacrificij Missæ comparentur infra sex menses.
Missæ iuxta obligantur statim celebrantur in Altari Sant.mi Crucifixi …
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Cappella della Natività della Beata Maria Vergine
Da chi di dovere sia ben fissata al muro con la calce la pietra della sepoltura sotto la predella [dell’altare]
e si realizzi l’apertura della tomba in un altro posto; tanto si faccia entro un mese, su solita pena;
si acquisti tutto il necessario per il sacrificio della messa entro sei mesi.
Le messe dovute intanto si celebrino all’altare del Santissimo Crocifisso …
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Altare Nativitatis Beatæ Mariæ Virginis
De iure patronatus de familia De Mionibus, sitũ in Presbiterio ex cornu ep[isto]læ Maioris Altaris,
prope et iuxa cancellũ Cappellæ SS.mi Sacramenti, invenitq.[ue] illud suspensũ à multo tempore,
taliterq. nec est petra sacra, et deserunt omnia alia ornamenta necessaria,
Confirmavitq[ue] D.s Ill.mus et Rev.mus D.nus Visitator suspensionem præfatam,
salva … facienda
de remotione d.[ict]i Altaris, … in locum nõ degendum, et a sacris canonibus prohibitũ, …
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Altare della Natività della Beata Maria Vergine
[L’Altare della Natività della Beata Maria Vergine] di giuspatronato della famiglia dei Mione, eretto in presbiterio
sul lato dell’Epistola dell’altare maggiore, presso la cancellata della Cappella del SS.mo Sacramento,
lo trovò sospeso da molto tempo, tanto che non c’è la pietra sacra e manca di tutto l’ornamento necessario;
quindi detto Ill.mo e Rev.mo Signor Visitatore confermò la predetta sospensione,
ordinò che si rimuovesse l’altare e lo si ponesse in un luogo idoneo e non proibito dai sacri canoni …
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Tandem visitatũ fuit Altare Nativitatis Beat.mæ Virginis Mariæ
Quia Altare hoc a pluribus annis, et forsan ab immemorabili reperitur suspensũ, eò quod (creditur) sitũ est
in Presbyterio prope Altare predictũ SS.mi Sacram[en]ti, et ideò si in ipso celebraret[ur],
fideles sacrum audientes terga verterent Sant.mo,
ideò decretũ fuit Quod trasferat[ur] Icon ad Altare S. Iacobi, ibiq[ue] celebrent[ur] missæ, et cum d. Altari erectũ esset beneficiũ sub titulo sive Nativitatis, sive S. Rochi, quod clarius patebit ex bullis quas Beneficiatus producere debet, oneribus missarum eiusdẽ beneficij iuxtà mentẽ fundatoris satisfaciat Beneficiarius, quod suo loco clarius decernet[ur], quæ omnia fieri debent monito prius fundatore, vel Patrono dictæ Cappellæ, si adest.
Datũ Andriæ in Eccl[esi]a Cath[edra]li die 20 Aprilis 1694.
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Infine fu visitato l’Altare della Natività della Beatissima Vergine Maria
Poiché questo altare da molti anni, e forse da tempo immemorabile si rinviene sospeso, si crede,
perché posto nel presbiterio presso il predetto Altare del SS.mo Sacramento,
onde se in esso si celebra la messa, i fedeli in ascolto danno le spalle al Santissimo,
per questo motivo fu deciso che l’Icona fosse trasferita all’Altare di S. Giacomo, ed ivi si celebrassero le messe; poiché in detto altare esiste un beneficio intitolato o alla Natività [della Vergine] o a S. Rocco, come più chiaramente potrà vedersi dalle bolle che il beneficiato dovrà mostrare, il beneficiato soddisfi gli oneri di messe di tale beneficio secondo il volere del fondatore, che a suo luogo più chiaramente si stabilirà, tutto dovendosi fare primieramente secondo il volere del fondatore o, se c’è, del Patrono di detta Cappella.
Dato ad Andria nella Chiesa Cattedrale il 20 aprile 1694.
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Deinde visitavit Altare Nativitatis B. M.[ariæ] V.[irginis] quod dicitur etiam Sancti Rochi de iure patronatus, ut asseritur familiæ Mione
quod existens intra presbyteriũ alijsque de causis legitimis ab immemorabili tempore manet suspensum,
et pro extensione decretorum præteritarum Visitationũ ad honestiorem locum trasferendum est,
et interim onera missarum non nisi decreto in Sancta Visitatione, in alio altari celebranda,
est decernendum; Iinterimque de numero non constat, et prætenditur factam fuisse Ap[ostoli]ca Aucthoritate reductionem missarum.
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Di seguito visitò l’Altare della Natività della B. Maria Vergine, detto anche di S. Rocco, di giuspatronato, si dice, della famiglia Mione;
poiché questo altare è eretto nel presbiterio e per varie cause legittime da tempo immemorabile è sospeso e,
in base ai decreti delle precedenti visite, è da trasferire ad un posto più adeguato,
ora con decreto emesso nella Santa Visita bisogna decidere in quale altro altare celebrare gli oneri delle messe,
ma intanto non si sa il numero di esse mentre si afferma che dall’Autorità apostolica sia stata ottenuta una riduzione delle messe.
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In Altari Nativitatis B. M.[ari]æ V.[irgini]s seu S.ti Rochi,
in quo cessatum est à divinis vigore decreti in præcedentibus visitationibus, eo quia d.[ictu]m altare
nequit permanere in Præsbiterio, est fundatũ Beneficium, quod erat antuquitus extructum ab illis de Mione,
ut indicant arma in lapide excussa,
quod possidetur p[er] R.mũ Dnũ D. Dom[ini]cũ Ant[oni]ũ Menafra Gen[era]le Vic:[ar]io ex provisione Ap[osto]lica, cum onere duarũ missarũ in qualibet hæbdomada, quas ill.mus D.nus Visitator decrevit, quod celebrare possit ubilibet sibi placuerit, et sic deinceps continuaret. |
Nell’Altare della Natività della B. Maria Vergine, o di S. Rocco, che è interdetto alle celebrazioni
con i decreti delle precedenti visite, perché detto altare non può restare sul presbiterio, è fondato un beneficio,
anticamente eretto dai Mione, come indicano gli emblemi scolpiti nella lapide;
tale beneficio è posseduto dal Rev.mo Signor D. Domenico Antonio Menafra vicario generale per approvigionamento apostolico, con l’onere di due messe in qualunque settimana; l’Ill.mo Signor Visitatore decretò che le potesse celebrare ovunque gli piacesse, e così poi continuare. |
[particolari scultorei dell'arco datato 1544, su foto di Michele Monterisi - stralcio Visita Pastorale mons.Triveri 20 Apr1le
1694 - pietra tombale dei Mione in S. Maria Vetere, foto di Sabino Di Tommaso, 2015]
Gli storici locali dell'Ottocento e del primo Novecento affermavano che nel Seicento e (parte del) Settecento c'era sul lato sud (a destra) del presbiterio un ambiente destinato (in modo indecoroso, a detta dei Vescovi in visita) ad ospitare l'Altare della Natività (della Vergine Maria e non del Messia!), facente parte della zona più antica del Palazzo dei Del Balzo; (forse ipotizzarono che) i duchi avessero concesso detto ambiente alla Cattedrale in cambio della realizzazione ed accesso al coretto baronale nel presbiterio, dove la famiglia ducale perveniva attraverso la corrispondente stanza superiore del Palazzo, chiamata appunto ‘del coretto’.
Sull’arco che era situato su detto lato sud del presbiterio è incisa la data della sua costruzione: il 1544 (anno ricadente durante l’episcopato di Mons. Giovanni Francesco Fieschi); tale data è anteriore all’acquisto del Palazzo Ducale da parte dei Carafa, 8 settembre 1552, e quindi precedente al restauro ed ampliamento da essi operati su tale Palazzo. Per quale scopo era stato edificato quell'arco? Dai documenti risulta realizzato per ospitare l'altare della Natività della Vergine Maria. L'arco infatti fu eretto nel Cinquecento a spese della nobile famoglia Mione che possedeva il giuspatronato su tale altare, come è testimoniato dallo stemma inciso per ben tre volte su di esso, sui due piedistalli e nella chiave, ed è documentato nelle visite pastorali dei Vescovi.
Diversi elementi inducono a pensare che questo altare - cappella della Natività di Maria Vergine
non avesse un ambiente che si inoltrava alquanto nel Palazzo Ducale,
ma consistesse solo nel fornice prodotto dal poderoso arco e da un lieve
incavo nel muro dossale; detto arco, ampiamente sporgendo nel presbiterio,
ospitava al suo interno l’altare, così come poi dal Settecento riterrà una pregevole credenza
e negli anni Venti e Trenta del Novecento
l’altare del Crocifisso.
Rasente la parete destra del presbiterio, sull'esterno e almeno fin dai tempi dei Carafa, correva
un supportico
che univa largo La Corte con Piazza Catuma, elemento strutturale questo
inconciliabile con la contemporanea esistenza di una cappella che vi si addentrasse da detta parete della Cattedrale.
Come si è scritto parlando del Coretto baronale in Presbiterio, va sottolineato
che la cosiddetta "stanza del tronetto" era eretta sul ponte
esistente su detto supportico-camminamento sottostante. Ne dà conferma
anche un documento del Sacro Collegio dei Cardinali del 1691,
inviato in Andria a mons. Vecchia; in detto Rescritto romano l'Agresti, che lo riporta
nel
testo citato a pag 274 del Vol.I , vi legge la seguente ingiunzione:
"che mai più si fosse rizzato, in detta Chiesa, il Baldacchino Baronale, e che si fosse serrata a muro la porticina,
che dal Palazzo Ducale, e propriamente dal ponte, metteva sul balconcino del Trono."
Gli storici, Borsella e Agresti, non adducono alcuna testimonianza comprovante che anticamente tale cappella si inoltrasse nel Palazzo Ducale,
mentre il suo arredo consisteva del solo altare con l’icona della Vergine a dossale, ma spoglio di tutto.
Ecco quanto scrive il Borsella a metà Ottocento, erroneamente considerando il fornice formato dall'arco cinquecentesco un residuo dell'antica cappella del Messia e non della Beata Vergine, ignorando le su citate chiare affermazioni dei vescovi nelle loro visite pastorali; inoltre sbaglia l'attribuzione dello stemma ai Pellegrini, non confrontandolo con quello dei Mione in Santa Maria Vetere:
Questo magnifico abaco [credenza] si addentra in una antica cappella, oramai chiusa, benedetta alla nascita del Messia. Il cornicione a triangolo che sporge fuori dall'Architrave della porta, i pilastri, le basi, i capitelli, non che una fascia arcuata che cingela, il tutto di pietra viva, mostrano a prima vista lo stile gotico. Nel mezzo corre una seconda fascia tra cornici, avendo in cima Aquile con vanni spiegati, emblema svevo. Ai fianchi rilevansi intagli di fiori, scudi, festoni, vasi rabescati, ed altri capricci. Nei piedistalli dei pilastri osservansi altri scudi con nastri pendenti, e nel fondo tre chiocciole, due contigue orizzontali, e la terza sottoposta emblema della famiglia Pellegrini, gentilizia di Andria. Sotto i pilastri sono scolpiti due leoncini e due teste di angioletti alati.
Questo magnifico monumento d'arte, è formato sul modello del frontespizio della Chiesa di Porta Santa della nostra città.
[tratto da “Duomo” in “Andria sacra”, di Giacinto Borsella, tip. F. Rossignoli, Andria, 1918, p. 57].
Anche l'Agresti a inizio Novecento sembra ignorare quanto è documentato nelle suddette visite pastorali e considera quel fornice sotto l'arco un residuo dell'antica cappella del Messia e non della Beata Vergine Maria; scrive:
Sul medesimo Presbiterio, a lato del distrutto coretto ducale, in cornu Epistolae dell’altare maggiore esiste un ampio abaco di marmo, detto volgarmente la Credenza, … .
Questo pregevole abaco è sito a ridosso di un’antica Cappella, dedicata, una volta, alla nascita del Messia, ed ora murata, per avervi collocato il detto abaco, o Credenza.
Di questa Cappella si vede ancora il suo primitivo ingresso [dal lato del presbiterio], formato da un cornicione a triangolo sporgente dall’architrave, mettendo capo ad una fascia arcuata di pietra, che lo cinge intorno.
I pilastri, le basi, i capitelli, tutti di pietra viva, dimostrano lo stile gotico di detta Cappella, che certamente rimonta ad un'epoca assai remota (Questa Cappella, ora adibita a laboratorio di falegname, mostra ancora le tracce dei suo stile gotico, e la sua ampiezza fa conoscere d'essere stata una delle migliori e principali Cappelle della Cattedrale!).
Una seconda fascia corre nel mezzo, portando scolpite, in cima, piccole aquile coi vanni spiegati (emblema di casa sveva), ai lati, fiori, scudi, festoni, vasi rabescati, ed altri capricciosi gingilli, facendo da base un teschio di morte, dalle cui tempia diramansi due ali (simbolo del tempo che fugge), cui son sottoposti due corni. Nel centro di detta fascia si vedono due quadretti simmetrici l'uno portante scolpite nei mezzo le lettere A. D., l'altro l'anno 1544.
Sulla medesima fascia di pietra si vedono pure scolpiti a rilievo altri ornati di piante, di vasi, di colombe, di uccelli, che beccano l'erba nata nei vasi, non che due chiavi a forma di croce, armi, scudi, ecc.
Nei piedistalli dei pilastri osservansi degli scudi con nastri pendenti, e, nel fondo, tre chiocciole, emblema di casa Pellegrini, altra famiglia patrizia di Andria, ora scomparsa. … .
[tratto da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", di Michele Agresti, tip. F. Rossignoli, Andria, 1912, vol.II, pp. 45-46].
I documenti su riportati, lo stemma cinquecentesco sulla lapide e le visite pastorali del 1690, 1697 e del 1704, dimostrano senza ombra di dubbio che i tre stemmi scolpiti sul portale raffigurano l’arma della famiglia Mione e non dei Pellegrini, come affermavano gli storici ottocenteschi, né dei Calderisi come scrive la dott.ssa Carmela Centrone a pag. 88 del suo volume “Palazzi storici di Andria tra il XVI ed il XVIII secolo”.
Come si è già accennato, nei lavori che seguirono l'incendio del 1916 sotto questo portale del 1544
(allora ancora presente sul muro Sud del presbiterio) fu posto, a mo' di
cappella, un altare sormontato dal Crocifisso nero (foto
centrale a inizio pagina),
quel meraviglioso crocifisso del 1300,
(che ai tempi del Borsella e, poi, dell'Agresti, si trovava nella (oggi)
non più esistente cappella che si apriva a destra del transetto);
detto Crocifisso
attualmente è innalzato sulla destra dell'ingresso absidale.
Infine nel 1938, quando era in demolizione la Chiesa della SS. Trinità annessa
al monastero delle Benedettine, questo portale fu posto nell'attuale
collocazione, a sinistra dell'abside, sull'ingresso alla sacrestia,
avendo intenzione di installare al suo posto nel presbiterio
uno dei pregevoli altari marmorei laterali di quella chiesa.
Le recenti vicende dell'accesso alla sacrestia capitolare sotto detto arco ce le racconta Silvana Campanile nel testo sotto citato:
A sinistra dell'altare l'ingresso alla sacrestia chiuso da un cancello ricavato nel 1983 dai tre cancelletti della balaustra con la quale Mons. Bolognese [nel 1826] separò il presbiterio dalle tre navate. Esso è formato da sei pannelli, opera del maestro Nicola Fucci, artigiano del ferro battuto. In alto il cancello si chiude con quattro medaglioni decorati dorati (con l'effigie dei quattro evangelisti) fatti fondere da Mons. Brustia (1957-1969) per decorare l'altare (Si tratta dell'altare realizzato nel 1965, per attuare la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, rimosso da Mons. Lanave per sostituirlo con l'altare in pietra sorretto da 18 colonnine.)
[tratto da “Visita alla Cattedrale” di Silvana Campanile, in “La Cattedrale di Andria”, AA.VV., Grafiche Guglielmi, Andria, 2009, pagg. 45-46]
[L'annunciazione proveniente dalla Chiesa di Porta Santa -
La cancellata sull'ingresso alla sacrestia capitolare;
foto di Michele Monterisi, 2010]
Nel sott'arco è stato posto ultimamente (nel 2010) un dittico rappresentatnte
l'Annunciazione. Queste due tele d'inizio Seicento, di cm 172 x 57,8 (A x L), provengono dai lati dell'altare maggiore
della Chiesa di S. Maria in Porta Santa.
Nella tela di sinistra la Vergine parzialmente genuflessa ascolta
le parole che l'Angelo le indirizza, portando la destra al petto e con la sinistra
protesa ad accogliere il messaggio.
L'Angelo su una novoletta, nella tela sulla destra, ha ormai terminato di parlarle e,
porgendole un giglio le indica con la sinistra che il Concepimento del Verbo
avverrà esclusivamente per opera Divina.
[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]