abside e coro

Contenuto

Il Presbiterio

Per il grande Presbiterio l’esposizione sia dei dati storici che delle analisi affettuate dagli studiosi, considerata la vastità dell'argomento, è qui frammentata nelle seguenti pagine:
- L’ampio presbiterio, visione d'insieme,
- Il profondo abside con il Coro del Quattrocento, (in questa pagina)
- Le tre recenti strutture liturgiche,
- Il trecentesco "Crocifisso doloroso",
- L'antico Altare-Cappella della Natività di Maria Vergine,
- I demoliti Trono e Coretto Baronale,
- L’altare di Jacopo Colombo nel Presbiterio d’inizio Novecento.


L'abside con il coro

L'abside prima del 1916      L'abside con il coro
[L'abside prima dell'incendio del 1916 con i suoi stalli del 1650  e a dx. panoramica recente dell'abside - elaborazione elettr. su foto di Sabino Di Tommaso - 10/2014]

Introduciamo l'argomento con una descrizione sommaria relativamente recente, poi scopriamo quanto ancora rimane delle strutture e dei decori che si sono suddeduti nei secoli.

Dietro l'altare maggiore, sopraelevato di tre gradini, si apre il coro rettangolare, voltato a botte, con l'accesso segnato da un arco trionfale, retto da due lesene e da due semicolonne di gusto classico.
Agli angoli nord e sud di accesso al coro  sono state reimpiegate le due teste di putti alate capialatare, realizzate dallo scultore napoletano Jacopo Colombo, attivo tra il 1679 e il 1718, e recuperate dall'incendio del 1916.
Sulla parete est si apre una vetrata con l'immagine dell'Assunta, cui è dedicata la Cattedrale. Altre due vetrate figurate sono poste sopra le porte d'accesso alla Cappella della Sacra Spina e alla Sacrestia.
[tratto da "La Cattedrale di Andria", Filomena Lorizzo, tip. S.Paolo, Andria, 2000, pag. 25]

I dati storici più significativi
dai documenti e dalle cronache

A fine Quattrocento, sotto l'episcopato di Mons. Angelo Florio, fu costruito, tra le altre opere realizzate in Cattedrale, un coro con molti scanni; tanto recitano i versi che erano incisi sulla sua lapide sepolcrale: « Condidit, atque Chori numerosa Sedilia » [Ferdinando Ughelli in "Italia Sacra", tip. S. Coleti, Venezia, 1721, tomo VII, col. 931].
A quel tempo, e fino al 1605, il Merra, ed anche l’Agresti (ambedue rilevando forse i dati dal volume allora presente nell’Archivio della Cattedrale “Persecuzioni di mons Franco ...”) annotano che presbiterio e coro erano molto differenti dagli attuali e da quelli che diverranno a Seicento inoltrato; scrive infatti il Merra:

“… il Franco nel 1605, volendo abbellire la Cattedrale, fece traslatare dietro l’altare maggiore il Coro da mezzo alla navata, ove, secondo il primitivo costume delle antiche cattedrali, era posto. Per la qual cosa situò il pergamo nella parte dell’Epistola, e la sua sedia pontificale nella parte dell’Evangelo. A lato del suo trono collocò una predella con la sedia per il serenissimo Duca; e mentre prima questa sedia si sollevava un terzo di palmo dal pavimento, la fece innalzare circa due palmi, da differire poco dall’altezza del Trono Vescovile.”

[Emanuele Merra, “Monografie Andriesi”, Vol. I, p. 213; Michele Agresti, “Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi”, Vol. I, pp. 227-228.]

Nel 1633 esisteva in Cattedrale un coro capace di solo venti scanni, probabilmente il suddetto realizzato da Mons. Florio, allora totalmente insufficiente per il clero che abitualmente ivi cantava l'ufficio.
Il vescovo del tempo Mons. Felice Francescini decise di farne realizzare uno nuovo più ampio. La notizia proviene dalla relazione del 19 novembre 1633 inviata a Roma per la dovuta "Visita ad Limina" del triennio. Ecco uno stralcio di tale testo,

[trascrizione del testo originale in latino] [traduzione]

Inprimis Ecc.[lesi]æ Cathed.[ra]lis huius Civitatis erat Chorus capax non amplius viginti Præsbiterorũ, qui numero sunt circiter centũ, quibus cũ non essent omnibus et singulis sedes ordinatim assignatæ, cũ illic nullus ordo servari possit et confusio oriri soleret ita ut horæ Canonicæ, et missarũ sollemnia non eo decore prout decet recitari, et decantari poterant, nec circumstantibus exacte satisfiebat idcirco ut Chorus prædictus esset capacior, curavi novam fabricã erigi, quam citius perficiendã, spero Deo dante.

Innanzitutto il Coro della Chiesa Cattedrale di questa Città poteva contenere non oltre venti presbiteri, il cui numero è [invece] circa cento, ai quali, poiché non è assegnato ordinatamente alcuno scanno, poiché non può essere osservato alcun ordine e si crea confusione, così che non possono recitare e cantare in modo decoroso come è norma, né intorno c’è altro posto per tutti, affinché il Coro sia più capace, ho provveduto a farne costruire uno nuovo, da realizzare quanto prima, spero con l’aiuto del Signore.

E mons. Franceschini ci riesce. Infatti nella relazione inviata per la "Visita ad limina" successiva, del 15 novembre 1636, mons. Franceschini scrive: “Corus d[ictæ] Cathed[ra]lis per antea valde angustus in maiorem, et venustiorem formam redactus fuit”, cioè: “Il Coro di detta Cattedrale che era molto angusto, è stato reso più grande e di forma più raffinata“.

Quanto dichiarato dal Franceschini nelle su citata relazione induce ad affermare che l'elegante attuale struttura muraria del coro è una costruzione realizzata tra il 1633 ed il 1636, dietro il già esistente arco d'ingresso cinquecentesco che immetteva nell'abside.


Mons. Strozzi durante il suo episcopato (1626-1632) rifece la volta del presbiterio in lacunari e poi mons. Franceschini (1632-1639) ingrandì il vano del coro, ma detti prelati tuttavia non riuscirono a decorarlo e a completarlo di nuovi scranni.
Fu il suo successore, mons. Ascanio Cassiano, ad abbellire completamente con dipinti il coro, nel 1650, e dotarlo di nuovi scanni. Egli lo racconta diffusamente nella relazione della Visita Pastorale condotta martedì 28 marzo 1656; ecco quanto fa annotare dal cancelliere-notaio [in latino, qui nella traduzione in italiano].


[schema degli affreschi realizzati nell'abside da mons. A. Cassiano a mertà Seicento, ma con gli stalli della Chiesa di S.Domenico - elaborazione elettr. su foto di Sabino Di Tommaso 2020]

Nella testata della Chiesa Cattedrale c’è il Coro di forma rettangolare che s’allunga verso lo slargo chiamato “Il Vaglio”; ha una finestra sufficiente per ricevere luce, protetta da una inferriata e una vetrata.
La volta e tutte le pareti da noi furono fatte decorare con dipinti da un esperto Pittore [Mi piace immaginare che sia stato uno dei fratelli Fracanzano o Andrea Vaccaro].
Sotto la volta è dipinta la Beata Vergine Assunta in Cielo: intorno al sepolcro gli Apostoli con altri Santi mentre la Beatissima Vergine s’èleva accompagnata d’ogni lato da Angeli, introdotta da Patriarchi e Profeti, amorevolmente accolta ed incoronata dal Padre e dal Figlio.
Sulla parete [lato evangelo] … [parte di foglio mancante, nella  quale poi il Triveri nel 1694 vedrà “Il portento miracoloso della Sacra Spina che il 25 marzo del 1644, giorno dell’Annunciazione e contemporaneamente Venerdì santo di Passione, evidenziò in minuscole gocce il sangue su di essa raggrumito.”]. In un’altra zona della stessa parete presso l’altare maggiore, sono dipinti il primo ingresso in questa Città del Santissimo Nostro Patrono San Riccardo e i numerosi miracoli presso la porta della Città, dove restituì la vista ad un cieco e guarì una donna da una deformazione.
Nella zona lato epistola è dipinto Sant’Andrea Apostolo crocifisso e mentre predica alle genti la Parola di Dio. Presso di lui è dipinto il trionfale giorno nel quale venne portato in Chiesa, come si racconta, il capo di Santa Colomba di Sens, Vergine e Martire.
Sulle pareti collaterali alla finestra sul dossale del Coro sono dipinte le immagini della Fede e della Carità.
Ai due lati e sopra l’altare maggiore sono totalmente dipinti sia l’arco del coro che il prospetto; da un lato l’immagine del profeta Geremia con una tabella nella quale è scritto questo versetto: “Ritorna, vergine di Israele, ritorna alle tue città.”; dall’altra parte è dipinta l’immagine del profeta Ezechiele recante una tabella con questo versetto “dal centro della Città la Gloria del Signore si alzò e andò a fermarsi sul monte”.
Sono dipinte anche le finestre che si affacciano sul presbiterio al di sopra dell’altare maggiore.

Gli stalli del coro, poi, sono di legno noce, ma bellissimi, sceltissimi, in alcune parti artisticamente, graziosamente, elegantemente e diligentemente incisi e scolpiti.
… … … [nel manoscritto manca la parte terminale del foglio]
Per decorare il pavimento sono a disposizione i mattoni dipinti.
Tutto ciò abbiamo realizzato [nel 1650] con molto denaro [10000 ducati] e solerzia nel bellissimo Coro a lode e gloria di Dio Onnipotente, in onore della Vergine Assunta e del S.mo Patrono Riccardo.

È l'Agresti poi che, nel 1911 nel testo sotto citato descrive questo coro in robusta noce che, ai suoi tempi, era ancora presente in Cattedrale.

"Due iscrizioni, messe ai piedi di detto Coro, ricordano l’una il nome del Vescovo [Ascanio Cassiano] e l’anno in cui fu costruito (cioè nel 1650), l’altra il nome dell’artefice: Magister Scipio a Balineo in principato ultra faciebat.
Gli stalli di questo Coro, commodi e ben intagliati, hanno un parallellogramma liscio alle spalle, sormontato da cornice e due colonnette ai fianchi con piedistalli e capitelli corinti, su cui poggiano i bracciuoli con cornice curva, portante sull’estremità la testa di un putto.
Nella gran fascia, che cinge il primo ordine dei sedili, sono scolpiti dei Genii con istrumenti musicali, dei leoni, dei capricciosi draghi, delle teste di serpenti, degli struzzi, dei vasi di fiori, degli uccelli, aquile, pesci, lupi, centauri, ed altri ornamenti, fra i quali dei puttini, che strappano la lingua agli orsi, e, di quanto in quanto, degli stemmi del Vescovo Cassiano, e dei cappelli prelatizii.
La fascia, che cinge la spalliera del secondo ordine degli stalli, porta intarsiate molte figure di grifoni, di puttini cavalcanti dei leoni, rinoceronti trattenuti per le corna, delle stelle, dei fiori, degli uccelli, dei puttini che suonano le tibie, le cetre ecc.
La cresta del Coro, eretta su spaziosa cornice, presenta figure di scimmie, che sostengono lo stemma del Vescovo Cassiano, composto di tre colline con rosa e stella in cima."

[tratto da "Il Duomo di Andria" in "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", di Michele Agresti, tip. F. Rossignoli, Andria, 1912, vol.II, pag. 51].

Purtroppo nella notte tra il 17 e il 18 aprile del 1916 questo coro, insieme a tutto l'arredo, andò distrutto per un furioso incendio.

Panoramica del coro absidale
[panoramica del coro absidale attuale - elaborazione elettr. su foto di Sabino Di Tommaso - 10/2014]


Non fu però l'incendio del 1916 ad eleminare i dipinti fatti realizzare da mons Ascanio Cassiano nel 1650; essi infatti erano già stati rimpiazzati da tre quadri realizzati dal pittore molfettese Nicola Porta (1710-1784), probabilmente all'inizio dell'episcopato di mons. Palica (1773-1790), tra le ricche cornici di stucchi fatte applicare sulle pareti da mons. Ferrante (1757-1773).
Tali dipinti, presenti nel coro nell'incendio del 1916, sono descritti da diversi autori; qui di seguito riportiamo quanto scrive l'Agresti nella sua citata opera.

"Tre grandiosi quadri, con dipinti su tela, formano l’ornamento principale di detto Coro.
Quello in cornu Evangelii rappresenta Davide, che, a suon di arpa, precede l’arca del Signore, circondata dal popolo ebreo festante con timpani e sistri, mentre i figli di Abinadab (Oza ed Ozia) miseramente giacciono per terra fra le ruote del Carro, traente il benedetto vaso.
Il quadro in cornu Epistolae rappresenta Aronne, rivestito delle infule e del efod, che sacrifica un ariete sopra un grande altare suffuso d’incenso, mentre gl’Israeliti gli si affollano d’intorno.
Il terzo quadro, sito in cima alla volta del Coro, rappresenta il vitello d’oro, adorato dal popolo israelitico, ed il sommo sacerdote Aronne, obbligato ad offrirgli olocausto, fra una turba di vecchi, fanciulli, donne lattanti, che accorrono dai lontani padiglioni ad adorare. quell’idolo d’oro. A poca distanza vedesi pure il serpente di bronzo nel deserto; indi, in fondo, il Sinai, coinvolto di fumo e di fiamme, in cima al quale vedesi Mosè, che riceve da Ieova le tavole della legge.
Questi tre grandiosi dipinti sono opera del valente pittore Nicola Porta, il di cui nome si legge a più dei detti quadri, chiusi da cornici a rilievo, di stucco ben ornato."

Questi pertanto sono i  quadri che andarono distrutti nell'incendio del 1916, insieme agli scranni del coro realizzato da mons. Cassiano, ai pregiati antichi testi corali e alle altre suppellettili.


particolari degli stalli del coro proveniente da San Domenico
[particolari del coro proveniente da S. Domenico - elaborazione elettr. su foto di Michele Monterisi - 2010]

L'attuale coro della Cattedrale proviene invece dal presbiterio della Chiesa di San Domenico, qui spostato da mons. Macchi nel 1926,  in quanto in quella chiesa, soppresso già da tempo il Convento dei Domenicani, rimaneva inutilizzato.
Oggi il trono del coro è esposto nel Museo Diocesano "San Riccardo" di Andria sul cui sito è illustrato e ampiamernte descritto.
Rileviamo comunque dalle "Monografie Andriesi" del Merra una descrizione di questo attuale coro, così com'egli l'aveva visto quand'era ancora in San Domenico.

“Dietro il maggiore altare si apre il Coro, sufficientemente spazioso, composto di ventisei stalli superiori, oltre quello del Priore, che sta nel mezzo, e di diciotto inferiori. è un pregevolissimo lavoro in noce del 1400, non tutto però. A quest’epoca appartiene senza dubbio lo stallo del Priore delicatamente intagliato ed ornato di cornici, di modanature, di rabeschi, di modiglioni, e di immaginette fantastiche, le quali lo rendono graziosamente bello. Nel mezzo vi stava scolpito lo stemma Domenicano; ma mani vandaliche lo strapparono! Ai laterali esterni di questo stallo si veggono due mezzo busti a bassorilievo, che pare debbano rappresentare il Duca e la Duchessa di Andria, Francesco II Del Balzo, e Sancia di Chiaramonte. Indubitatamente appartengono pure alla medesima epoca tutte le spalliere degli stalli, artisticamente intagliati con varie e bellissime figure, nonché i sostegni dei poggiuoli degli stalli superiori, che rappresentano grifi, scimie, leoni, draghi alati, centuari, ed altri mostri di simil genere. Il resto del Coro pare che appartenga all’epoca, in cui fu rimodernata la Chiesa.”

[tratto da "La Chiesa e il Convento di San Domenico" in "Monografie Andriesi", di Emanuele Merra, Tipografia e Libreria Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906-Vol. II, pp. 33-34].

        
[A sx.: il trono del coro in foto storica - Particolari del trono: Nobildonna e Cavaliere, in foto di Sabino Di Tommaso, 2019 - Tra essi veduta d'insieme e alcuni particolari, in foto di Giuseppe D'Ambrosio, 2015]

Una descrizione più accurata e precisa ci proviene da una scheda della Soprintendenza, compilata negli anni Trenta del Novecento, esistente nell'archivio storico delle schede di catalogo dell'ICCD.

CATTEDRALE - CORO DI LEGNO NOCE AD INTAGLIO

Undici stalli maggiori su ciascun lato dell’abside e dieci minori (in due settori): i primi separati da bracciali sorretti da fiere o da volatili di fine intaglio, i secondi da bracciali sorretti da mensole; negli specchi, divisi da pilastrino, è intagliato rosone circolare, quadrato o a rombo con bella decorazione ad intrecci.
Cornice terminale sagomata su mensoline.
Al centro dell’abside è il trono rettangolare con ricca decorazione ad intaglio; i pannelli laterali, nella parte inferiore, sono divisi in due specchi: a destra, scimmia che lotta con aquila, e sopra busto di bellissimo cavaliere con elmo a punta crestato da fiera che azzanna altra fiera posta sulla nuca; a sinistra fanciullo cavalcante su volute di fogliame, reggendo sulla mano destra una maschera, in alto busto di gentildonna di profilo, vestita di tunica a pieghe con scollatura rotonda, sui capelli lisci e corti, spartiti nel mezzo, porta cuffia a fasce trasversali.
Sui bracciali posano a destra chimera alata cavalcante il delfino che porta sulle ali aquila con becco rivolto in alto verso la base su cui posa statuina di Santo in ricco panneggiamento e con libro; a sinistra putto cavalcante cigno che posa su delfino.
Dietro è posto volatile con collare e retrospiciente; regge sul collo la base su cui posa putto nudo che porta sulle spalle cartiglio scendente per due capi fino a terra sul davanti. Nel postergale rosone intagliato in basso; cuspide ad intaglio in alto riquadrata fra pilastrini. In alto conchiglia riquadrata; nei pennacchi rosetta.
Baldacchino rettangolare sorretto da mensole ad intaglio; putti ed animali nel fregio, cornice sagomata; nel succielo due ordini di rosette riquadrate.
A destra e a sinistra del trono è addossato alla parete pannello con rosone circolare ad intaglio (frammento dello stesso coro).
È finissima opera d’intaglio che rivela influssi toscani. – Sec. XV.
I busti sui pannelli laterali del trono si crede rappresentino il Duca del Balzo e la consorte (Francesco II e Sancia di Chiaromonte).
Proviene dalla Chiesa di S. Domenico dalla quale fu tolto per volontà del vescovo Macchi nel 1926.

I quadri che attualmente vediamo sulle due pareti laterali del coro, "Melchisedech offerente pane e vino" ed "Abramo nell'atto di sacrificare Isacco", sono stati ivi affissi nel settembre del 2014. Nell'Ottocento e nella prima metà del Novecento ornavano la 4ª cappella di destra, finché fu dedicata al SS.mo Sacramento.

Melchisedech nell'atto di benedire e offrire pane e vino Abramo nell'atto di sacrificare Isacco
[I quadri di Melchisedech e Abramo attualmente affissi nell'abside. - Elaborazione elettronica su foto di Sabino Di Tommaso - 10/2014]

Questi quadri illustrano due episodi storici raccontati nel libro biblico della Genesi; quello rappresentante Melchisedech si riferisce a quanto scritto nel capitolo 14 (vv. 17-20):

"Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaomer e dei re che erano con lui ... Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». Abram gli diede la decima di tutto."

Il quadro che raffigura Abramo ricorda l'episodio raccontato nel capitolo 22 (vv. 9-14):

"Abramo ... legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore provvede», perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede»."


La consolle dell'organo
[La consolle dell'organo - foto di Sabino Di Tommaso, 05/2018]

L'organo presente sulla parete di fondo dell'abside tra gli scranni del coro fu commissionato nel 1935 alla ditta "MASCIONI" di Cuvio (VA) da mons. Ferdinando Bernardi, già vescovo della Città e diventato Arcivescovo di Taranto, provvisoriamente Amministratore Apostolico della sede di Andria, non essendo quest'ultima ancora retta dal suo nuovo pastore Mons. Paolo Rostagno, eletto il 5 maggio 1935.

Era in quel tempo (e fin dal 1926) Don. Antonio De Fidio Delegato Diocesano per la Musica Sacra "Maestro di musica e di canto nel Seminario e negli Istituti Religiosi, compositore apprezzato ...", scriveva mons. Bernardi alla Sacra Congregazione Concistoriale Vaticana il 10 novembre del 1933.

L'organo, composto da due tastiere di 61 note, con 12 Registri reali alla prima tastiera, 13 alla seconda, 7 al pedale, 11 registri meccanici, con un totale di 43 registri che raggiungono il N. di 2597 canne, fu inaugurato il 6 ottobre 1935 con l'esecuzione di un applauditissimo concerto, tenuto dal grande organista Mº Cav. Federico Caudana.

Interessanti note di cronaca e di critica si possono leggere nel testo "La Divina Arte dei Suoni, Vita e opere di Mons. Antonio De Fidio" di Michele Carretta e Benedetta Lomuscio; parte di tali note sono qui riportate tra i documenti nella pagina "L'organo installato nel coro della Cattedrale nel 1935".


La vetrata con l'Assunta fu realizzata nel 1936 dalla ditta Polloni Guido di Firenze. La stessa ditta realizzò nel 1998 anche le altre due vetrate sul presbiterio che raffigurano San Riccardo [a sinistra] e San Sabino di Canosa [a destra].

Le vetrate del presbiterio: S.Riccardo, l'Assunta, S.Sabino
[elaborazione elettronica su foto di Sabino Di Tommaso - 2011]

      particolare dell'arcone absidale
[elaborazione elettronica su foto di Michele Monterisi - 2010]

Tanto scrive delle vetrate, nel testo citato in calce, la dott.ssa Rosa Lorusso Romito (rinomato storico dell'arte); poi, parlando dell'arco di accesso all'abside, soggiunge:

Una vera scoperta è stato il colore ritrovato su gran parte delle membrature architettoniche, una nuova importante testimonianza all'interno del capitolo ancora per la gran parte inedito della policromia nella scultura monumentale pugliese del Rinascimento ... Straordinari sono il rosso a finto marmo - che imita un rivestimento di breccia corallina - e le delicate decorazioni a serpentina, a finte bugne, a grottesche, venuti alla luce rispettivamente sulle colonne, sull'archivolto e sull'intradosso del grande arcone absidale, databili nella prima metà del XVI secolo; e colore e dorature impreziosivano i delicati intagli dei portali rinascimentali che oggi ornano gli accessi alla cappella della Sacra Spina e alla sacrestia..

[tratto da "La Cattedrale di Andria", AA.VV., Grafiche Guglielmi, Andria, 2009, pagg. 47, 59-60]


[il testo e le immagini della pagina sono di Sabino Di Tommaso (se non diversamente indicato)]