chiesetta di Santa Maria La Nuova (scomparsa)

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Chiesetta di Santa Maria (la) Nuova

Schizzo della chiesetta di Santa Maria Nuova, rilevato dalla pianta della città, di Francesco Cassiano de Silva del 1703
[Schizzo della chiesetta di Santa Maria Nuova, rilevato dalla pianta della città, di F. Cassiano de Silva del 1703 - elab. elettr. colore S. Di Tommaso]

La chiesetta si trovava quasi di fronte all'antico ingresso laterale della chiesa dell'Altomare, in posizione leggermente più alta;
sorgeva ad Ovest della Città, circa trecento metri fuori Porta della Barra ed era chiamata "Santa Maria Nuova", forse per distinguerla dall'altra, "Santa Maria Vetere", eretta fuori borgo, a pari distanza e a Sud della stessa porta.
La chiesa era sufficientemente ampia; infatti, quando a fine Seicento venne adibita ad abitazione dai frati Carmelitani, fu da essi abusivamente divisa in tre ambienti, probabilmente corrispondenti alle tre cupole della volta.

Vito Ricci, studioso ricercatore specializzato nel campo degli Ordini religioso-militari e precipuamente dei Templari nel Mezzogiorno Italiano, nonché del paesaggio agrario e territorio nella Terra di Bari tra Medioevo e prima Età moderna, nel sotto citato studio sugli insediamenti templari e giovanniti lungo la via Traiana da Canosa a Bitonto, per la chiesa di S. Maria La Nuova richiama un documento del 1564. A pag. 169 egli scrive:

“Iniziando il percorso viario [della Traiana] da Canosa nel territorio di questa località sono documentate nel 1215 [62] le obbedienze di «S. Petrus in Ancellis [63] et S. Johannes de Fratribus» [64] ubicate in tenimento Canusii, concesse all’Ordine ospitaliero da Federico II, mentre nel 1305 [65] sono attestati dei beni giovanniti ad Andria.
Nel 1564, in un cabreo della commenda di Santa Caterina di Bari, è menzionata, assieme ad altri beni fondiari, una chiesa giovannita ad Andria denominata Santa Maria Nova [66] dipendenza della domus di Bari ubicata fuori città, con tre cupole e un giardinello.
Secondo alcuni autori [67] ad Andria i templari avrebbero avuto per un breve periodo la chiesa di San Leonardo (attuale Sant’Agostino) sottratta loro da Federico II intorno al 1228-1229 e da questi assegnata ai teutonici. Altri ritengono che la stessa fu edificata dagli stessi teutonici per volontà del maestro generale Hermann von Salza. Sulla presenza templare ad Andria occorre precisare, tuttavia, che da ricerche effettuate non sono stati trovati ulteriori riscontri in documenti e le affermazioni precedenti vanno prese con una certa cautela.”

NOTE     (numerazione del testo originario)

[62] M. Salerno, Gli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme nel Mezzogiorno d’Italia (secc. XII-XV), Taranto 2001, p. 68.
[63] In Navicella, nella diocesi di Venosa.
[64] Era nella diocesi di Acerenza in Basilicata.
[65] A. Pellettieri, I Giovanniti nell’Italia Meridionale, in A. Pellettieri (a cura di), Alle origini dell’Europa Mediterranea: l’Ordine dei Cavalieri giovanniti, Atti del Convegno Internazionale (Castello di Lagopesole, 25-26 giugno 2005), Firenze 2007, p. 77.
[66] Archivio del Sovrano Militare Ordine di Malta di Roma (in seguito ASMOM), Fondo Cabrei, 010/4, Cabreo della commenda di Santa Caterina di Bari, anno 1564, f. 3v.
[67] F. Bramato, I templari in Terra di Bari. Note e appunti per una storia dell’Ordine cavalleresco in Italia, in «Nicolaus», 7 (1979), p. 173; B. Capone, L. Imperio, E. Valentini, Guida all’Italia dei templari. Gli insediamenti templari in Italia, Roma 1989, pp. 239-240.

[testo tratto da “ Insediamenti templari e giovanniti lungo la via Traiana da Canosa a Bitonto (XII-XVI secolo)" di Vito Ricci, in Atti del XXXII Convegno di Ricerche Templari, Perugia 27 settembre 2014, a cura della Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani (LARTI), Edizioni Penne & Papiri, Tuscania 2015, p. 169.]

Oltre il cinquecentesco prezioso dato storico, la descrizione della chiesetta che il Ricci riporta dal documento citato ci informa che la volta doveva presentarsi all'incirca come quella delle antichissime chiesette di S. Bartolomeo (documentata esistente già nel 1196) e di S. Chiara: a cupolette interne probabilmente in cilindrici conci di cotto (pignatelli) o in troncopiramidali blocchi di tufo.


Come si è detto ad inizio pagina, la chiesetta di Santa Maria Nuova era eretta sull'acclivio dell'attuale Via Altomare, quasi di fronte all'antico ingresso laterale di tale chiesa, in posizione leggermente più alta, probabilmente dove attualmente sorge la casa col numero civico 16 (nella foto sottostante di sinistra: la prima abitazione visibile a destra).
Tale abitazione ha come architrave della porta d'ingresso (foto di destra) un possibile residuo della chiesetta di S. Maria Nuova, come evidenzia la croce ivi scolpita a bassorilievo in un tondo, croce che sostanzialmente richiama la forma di quella antica dell'ordine dei Cavalieri di Gerusalemme. Il fatto che tale scultura non sia centrata nell'architrave fa inoltre ipotizzare che essa era posta su un ingresso (della chiesetta? ... o sull'accesso al suo giardinello?) più ampio di circa 20 cm, oppure che non era un'architrave ma uno stipite di  accesso; a quest'ultima ipotesi fa pensare il fatto che l'Agresti, parlando delle "Chiesette antiche che ora più non esistono". su S. Maria la nuova scrive:

Questa Chiesa godeva anticamente la commenda dei Cavalieri di Malta. Oggi è adibita ad abitazione, e si vedono delle tracce dell'antica Chiesa, avente la porta maggiore ad arco acuto e due finestroni ai lati, del medesimo stile.

[tratto da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi", di Michele Agresti, tip. F. Rossignoli, Andria, 1912, vol.II, pag. 76].

Se quindi, come afferma l'Agresti, gli accessi e le finestre erano impostati con archi a sesto acuto è quindi probabile che il suddetto residuo recante scolpita la cosiddetta croce di Malta fosse parte di uno stipite o di qualche altra struttura sacra.
Si fa inoltre notare che tale croce scolpita è riprodotta anche su un altro antichissimo edificio sacro eretto nel centro storico di Andria, ad angolo tra le attuali Via De Excelsis e Via Ponte Giulio, cioè sull'estremo sinistro del piccolo arco sbalzato su una  parete della chiesetta di San Simeone.

Via Altomare (verso Via Carmine)  architrave con la croce di Malta, al n. civico 16 di Via Altomare
[Via Altomare (verso Via Carmine); architrave con la croce di Malta, al n. civico 16 - elab. elettr. su foto Sabino Di Tommaso, 01/2018]


Presso questa Chiesa nel 1661 e  1671 è documentata una confraternita di pari intitolazione; lo attesta mons Egizio nelle relazioni della Visita ad limina del 18 febbraio 1661 e nella visita ad limina del 28 novembre 1671, dove scrive:

[1661] - Extra mœnia sex aliæ Ecclesiæ in quibus sunt quatuor Confr[aternita]tes, s[cilicet] S[anc] Mariæ Novæ, S[anc] Crucis, S[anc]ti Angeli, et S[anc]ti Sebastiani.
[cioé: "Fuori delle mura esistono altre sei Chiese nelle quali risiedono quattro Confraternite, cioè: di Santa Maria Nuova, di Santa Croce, di Sant’Angelo e di San Sebastiano."]

[1671] - Extra mœnia sex aliæ Eccl[esi]æ, in quibus simil[ite]r sunt tres aliæ Confrater[nitat]es: Sanctæ Mariæ Novæ, S[anct]æ Crucis, S[anc]ti Sebastiani.
[cioé: "Fuori delle mura esistono altre sei Chiese nelle quali ugualmente risiedono tre Confraternite: di Santa Maria Nuova, di Santa Croce, di San Sebastiano."]


Scrive (in latino) mons. Francesco A. Triveri nella sua visita pastorale del 28 novembre 1694:

... L'Illustrissimo [visitatore] si recò alla Chiesa di Santa Maria detta della Nuova, posta appena sopra l'Altomare; essa è utilizzata come abitazione da due Religiosi dell'Ordine Carmelitano, che assistono alla costruzione della nuova chiesa e convento del loro ordine.
C'è in piccolo altare, sul quale, ci fu detto, si celebra in qualche festa.
In una parte della chiesa ci sono le stanze usate come abitazione dei due religiosi; dov'è l'altare si è realizzata la cucina, la stanza di mezzo serve da refettorio; perciò fu deciso quanto segue.
Che si richiami il Procuratore dell'Ordine dei Cavalieri di Gerusalemme, a cui spetta la cura di questa chiesa, perché allontani quei religiosi da essa, altrimenti si demolisca l'altare e, nel frattempo, sia interdetto.


Gli stessi concetti e lamentele ripete tre anni dopo mons. Andrea Ariano nella relazione della sua visita pastorale del 12 settembre 1697:

"… questa chiesa (ahimè, che dolore!) è stata trasformata in cucina dai frati Carmelitani che vi abitano; …"


Nel tardo pomeriggio del 18 ottobre 1711 Santa Maria Nuova è visitata da mons. Nicola Adinolfi che lamenta l'abbandono e il degrado in cui versava la chiesetta, e pone sotto sequestro tutti i suoi bene finché non venisse restaurata.
Poiché poi non fa alcun riferimento ai Padri Carmelitani, fa capire che questi ormai non vi abitassero più.
Scrive infatti il prelato:

"Avendola trovata priva di ogni cosa e di qualsiasi Immagine, col tetto ridotto in pessimo stato intimò che fosse interdetta alle sacre funzioni finché non si provvedesse a tutto il necessario.
A tale scopo decretò che fosse sequestrata e si ponessero sotto sequestro, come deciso in questa Visita, i proventi, i redditi, le entrate della predetta Cappella
"


Si riporta infine uno stralcio della descrizione redatta dal Borsella (1770-1856) a pag. 282 del suo testo "Andria Sacra":

Nel frontespizio di essa da un arco leggevasi il seguente distico:
Devoto passaggier non ti sia grave
Piegare il piede e recitare un ave
nel mezzo l’immagine a fresco della Vergine cui sottostanno dei confratelli mentre eravi eretta una congrega.
Questa chiesetta sta situata rimpetto l’altra della Madonna dell’Altomare, nell’altare osservasi la Vergine che tiene il Bambino in seno, sta bensì in atto di orare la statuetta di legno che oggi esiste nella chiesa dell’Annunziata.
Sul campanile esisteva una lapide iscrizionata di cui non possiamo dare una notizia di positivo.
Tornando a far parola della chiesa facciamo osservare che in faccia al muro eravi una spalliera di fabbriche, sulla quale poggiavano delle statuette di carta pesta e di stoppa intonacate con gesso e calce, rappresentando i misteri della passione.
In faccia alle pareti delle figure e specialmente S. Leonardo vestito da monaco fra’ carcerati che gli chiedevano aiuto, come pure S. Pietro con la navicella.
Per lo che è a sapersi che apparteneva questa cappella alla commenda di Malta con la dote del piccolo suo giardino.
Vuolsi che sotto l’altare siansi rinvenuti dei vasi Italo – Greci dei bassi tempi con varii sepolcri.

Disegno della Navicella di Giotto di Parri Spinelli, Metropolitan Museum of Art (New York)
[Disegno della Navicella di Giotto di Parri Spinelli, Metropolitan Museum of Art (New York)]

 

Ecco un altro elemento che potrebbe far risalire l'esistenza di questa chiesetta già nel Duecento: gli affreschi sulle pareti, visti e descritti dal Borsella nel 1850, di San Pietro in Navicella con San Leonardo. Tali dipinti farebbero intendere che questa chiesetta dipendeva dalla "Obbedienza Giovannita di S. Pietro in navicella" documentata, come rileva il Ricci nel testo su citato, fin da 1215 in tenimento Canusii.